Editoriale - Le ragioni di questo blog
giovedì, 14 set 2006 ore: 15.23
Nella fase mediatica in cui viviamo l’informazione riveste un ruolo fondamentale nella vita di ciascuno di noi. Tuttavia, in questo scenario il nostro approccio all’informazione, all’insegna dei parametri culturali di cui siamo pervasi, è più di consumatori di informazione, avendo meno percepito il ruolo di produttori d’informazione, senza il cui esercizio, peraltro, l’informazione in sé non esisterebbe. Con questo ruolo di consumatori approcciamo l’informazione molto spesso in modo acritico, trascurando come gli eventi quotidiani, nelle loro molteplici implicazioni, finiscano con l’interferire con la nostra vita reale presente e futura. Così l’11 settembre 2005, con i suoi fatti dolorosi per l’intera umanità, forse per qualcuno era solo una sequenza horror dal vivo mentre in tv la tragiche immagini scorrevano. Solamente dopo qualche tempo ci si è resi conto di quanto quelle informazioni avevano, di fatto, stravolto le nostre radicate abitudini di viaggiare e l’approccio generale al problema della sicurezza dell’esistenza o alla questione islamica, apparentemente così lontana sino ad allora da noi. Analogamente è avvenuto per altre informazioni, come la riforma delle pensioni o le vicende Unipol, per citarne alcune tra le più recenti, che, se da un lato ci vengono propinate da giornali e televisioni con ostentato sdegno, al di là di qualche rimbrotto di quanti ne percepiscono immediatamente la ricaduta e la valenza, finiscono per i più per essere confinate nel grande archivio degli accadimenti “inevitabili” e per quali i commenti servono a niente, tanto qualcuno – un molok contro cui non si può combattere – ha già deciso o comunque se ne sta occupando e nulla si può fare se non prendere atto della protervia umana.
In questo scenario di increscioso imbarbarimento delle coscienze, humus assai prolifico per chi gestisce il potere avulso dai veri bisogni del cosiddetto paese reale, ci fanno anche parlare attraverso fantomatici dati attinti da improbabili “sondaggi d’opinione” attraverso i quali si sciorinano numeri su presunte condivisioni di questo o quel provvedimento, senza che, in realtà, alcun intervistatore ci abbia mai posto un quesito.
Allora, ecco l’idea per un blog che, lungi dal volersi sostituire ai tradizioni organi di stampa, intende invece creare uno speaker’s corner dove aprire non solo un dibattito ma, ancor più una vigile, attenzione sui temi della vita quotidiana che avranno certamente le ricadute cui si accennava: la cassa integrazione alla Fiat non è un argomento che riguardi solo Torino o i lavoratori di quell’azienda, ma ricade sull’intera collettività nazionale che è chiamata a pagare di tasca propria l’erogazione di quel sussidio. Si badi, qui non si intende discutere del concetto di solidarietà umana dovuto nei confronti di chi versa in stato di bisogno, anche se anche questo potrebbe esser del tutto legittimo. Per quanto di nostro intendimento sull’esempio appena fatto riterremmo piuttosto doveroso aprire un dibattito sulla legittimità di un sistema industriale che scarica sistematicamente sulla collettività errori ed inefficienze imprenditoriali con altrettanta sistematica assoluzione dei suoi apparati dirigenziali e decisionali.
Allora le colpe sono del mercato che decide di andare in crisi o, peggio come asserito da qualche bislacco politico del passato, in vena di grottesche quanto idiote dichiarazioni, che la crisi dell’auto italiota fosse da attribuire all’esterofilia degli italiani, più propensi a comprare straniero che prodotti nazionali (si ricorderà lo stressante comprate italiano!) . Di certo, nessuno ha avuto il pudore di ammettere che forse qualche testa d’uovo di viale Marconi aveva cannato i modelli e la qualità di quelle auto non giustificava il prezzo che qualche altra testa d’uovo aveva fissato per il loro acquisto, almeno in raffronto a modelli similari concorrenti.
Certo, saltuariamente come a riprova che l’eccezione conferma la regola, qualche mandarino viene mandato a casa, ma nel frattempo di danni deve averne fatti tanti e comunque nel varcare la soglia della matrigna azienda è sempre in buona compagnia di miliardarie liquidazioni di ben servito, che gli leniscono l’immenso dolore.
Gli esempi potrebbero continuare all’infinito anche attingendo ai fatti di attualità, da tal sindaco di un’importante metropoli del nord, che non vedremo probabilmente mai alla fermata del tram per recarsi a lavoro, nella nebbia dei mattini padani, magari a zero gradi di temperatura, che lancia la salvifica idea di tassare i non residenti che accedono alla città a bordo della propria auto per così risolvere i problemi dell’inquinamento atmosferico; all’assedio della pubblicità di pannolini con le ali e di smacchiatori miracolosi in grado di rimuovere anche le macchie dell’anima, i cui costi finali ricadono in ogni caso sul cittadino consumatore.
Poi leggiamo che un aereo di linea inquina quanto 500 auto messe insieme o che un buon 10-15% del prezzo dei prodotti che abitualmente consumiamo sconta il costo della pubblicità. Ma questo poco importa, dato che è più semplice vessare il bancario di Mediglia che al mattino si reca a lavoro a Milano preferendo la propria auto ai due o 3 mezzi pubblici che sarebbe costretto a prendere, tra mille difficoltà e ritardi, per effettuare l’identico tragitto, piuttosto che i potentati aerei imponendo loro l’ammodernamento delle flotte.
C’è da chiedersi se quel tal sindaco abbia mai letto i giornali ed abbia mai sentito delle vere e proprie rivolte di quei pendolari – non si sa se preventivamente recalcitranti al balzello preannunciato o encomiabili ecologisti antesignani, alla luce del promesso provvedimento – che hanno più volte inscenato clamorose azioni di protesta contro le vergognose e croniche disfunzioni del sistema di trasporto pubblico.
Naturalmente il discorso diverrebbe del tutto ozioso qualora il nostro oculato primo cittadino dichiarasse assolutamente consono con i minimi principi di attenzione alla qualità della vita che per 1.200 euro al mese è doveroso uscire di casa alle 6 del mattino e farvi ritorno alle 19, - ché sarai un po’ stanco ma non inquini.
Analogo ignavo silenzio deve registrarsi sul fronte della rendicontazione di spesa per parcheggi, da realizzarsi con gli introiti delle multe per infrazioni stradali. Anche questo caso, al di là della modesta spesa realizzata per costruirne di nuovi rispetto agli introiti realizzati, il costo orario è ormai tale che, per decenza e buon gusto, gli addetti dovrebbero sentirsi in dovere al momento di pagare di offrirti una tazza di tè o qualche altro genere di conforto.
In questo scenario è nostro intendimento dare la parola a tutti, attraverso l’apertura di un dibattito sugli argomenti che ciascuno riterrà opportuno segnalare all’altrui attenzione.
Con l’intento di offrire la massima libertà d’espressione il blog non sarà soggetto ad alcuna censura, salvo quando i commenti espressi non dovessero travalicare la decenza di linguaggio ed il buon gusto in generale, oltre a configurare ipotesi perseguibili di reato, di cui comunque gli inserzionisti resterebbero pienamente responsabili, escludendosi da parte degli autori del sito ogni corresponsabilità o condivisione implicita di quanto da terzi espresso.
Parimenti saranno oggetto di opportuni provvedimenti tutti gli atti, le azioni e le dichiarazioni tese a compromettere la credibilità del sito e dei suoi autori.
Il nostro augurio è che il dibattito possa fornire non solo un’occasione di approfondimento e di presa di coscienza collettiva sulle problematiche del nostro tempo, ma altresì un valido contributo di confronto per chi, delegato a gestire in rappresentanza della collettività, troppo spesso, dimentico delle istanze del paese reale, si avviluppa in un’idea di paese ad uso e consumo delle proprie ambizioni e demagogia.
Nella fase mediatica in cui viviamo l’informazione riveste un ruolo fondamentale nella vita di ciascuno di noi. Tuttavia, in questo scenario il nostro approccio all’informazione, all’insegna dei parametri culturali di cui siamo pervasi, è più di consumatori di informazione, avendo meno percepito il ruolo di produttori d’informazione, senza il cui esercizio, peraltro, l’informazione in sé non esisterebbe. Con questo ruolo di consumatori approcciamo l’informazione molto spesso in modo acritico, trascurando come gli eventi quotidiani, nelle loro molteplici implicazioni, finiscano con l’interferire con la nostra vita reale presente e futura. Così l’11 settembre 2005, con i suoi fatti dolorosi per l’intera umanità, forse per qualcuno era solo una sequenza horror dal vivo mentre in tv la tragiche immagini scorrevano. Solamente dopo qualche tempo ci si è resi conto di quanto quelle informazioni avevano, di fatto, stravolto le nostre radicate abitudini di viaggiare e l’approccio generale al problema della sicurezza dell’esistenza o alla questione islamica, apparentemente così lontana sino ad allora da noi. Analogamente è avvenuto per altre informazioni, come la riforma delle pensioni o le vicende Unipol, per citarne alcune tra le più recenti, che, se da un lato ci vengono propinate da giornali e televisioni con ostentato sdegno, al di là di qualche rimbrotto di quanti ne percepiscono immediatamente la ricaduta e la valenza, finiscono per i più per essere confinate nel grande archivio degli accadimenti “inevitabili” e per quali i commenti servono a niente, tanto qualcuno – un molok contro cui non si può combattere – ha già deciso o comunque se ne sta occupando e nulla si può fare se non prendere atto della protervia umana.
In questo scenario di increscioso imbarbarimento delle coscienze, humus assai prolifico per chi gestisce il potere avulso dai veri bisogni del cosiddetto paese reale, ci fanno anche parlare attraverso fantomatici dati attinti da improbabili “sondaggi d’opinione” attraverso i quali si sciorinano numeri su presunte condivisioni di questo o quel provvedimento, senza che, in realtà, alcun intervistatore ci abbia mai posto un quesito.
Allora, ecco l’idea per un blog che, lungi dal volersi sostituire ai tradizioni organi di stampa, intende invece creare uno speaker’s corner dove aprire non solo un dibattito ma, ancor più una vigile, attenzione sui temi della vita quotidiana che avranno certamente le ricadute cui si accennava: la cassa integrazione alla Fiat non è un argomento che riguardi solo Torino o i lavoratori di quell’azienda, ma ricade sull’intera collettività nazionale che è chiamata a pagare di tasca propria l’erogazione di quel sussidio. Si badi, qui non si intende discutere del concetto di solidarietà umana dovuto nei confronti di chi versa in stato di bisogno, anche se anche questo potrebbe esser del tutto legittimo. Per quanto di nostro intendimento sull’esempio appena fatto riterremmo piuttosto doveroso aprire un dibattito sulla legittimità di un sistema industriale che scarica sistematicamente sulla collettività errori ed inefficienze imprenditoriali con altrettanta sistematica assoluzione dei suoi apparati dirigenziali e decisionali.
Allora le colpe sono del mercato che decide di andare in crisi o, peggio come asserito da qualche bislacco politico del passato, in vena di grottesche quanto idiote dichiarazioni, che la crisi dell’auto italiota fosse da attribuire all’esterofilia degli italiani, più propensi a comprare straniero che prodotti nazionali (si ricorderà lo stressante comprate italiano!) . Di certo, nessuno ha avuto il pudore di ammettere che forse qualche testa d’uovo di viale Marconi aveva cannato i modelli e la qualità di quelle auto non giustificava il prezzo che qualche altra testa d’uovo aveva fissato per il loro acquisto, almeno in raffronto a modelli similari concorrenti.
Certo, saltuariamente come a riprova che l’eccezione conferma la regola, qualche mandarino viene mandato a casa, ma nel frattempo di danni deve averne fatti tanti e comunque nel varcare la soglia della matrigna azienda è sempre in buona compagnia di miliardarie liquidazioni di ben servito, che gli leniscono l’immenso dolore.
Gli esempi potrebbero continuare all’infinito anche attingendo ai fatti di attualità, da tal sindaco di un’importante metropoli del nord, che non vedremo probabilmente mai alla fermata del tram per recarsi a lavoro, nella nebbia dei mattini padani, magari a zero gradi di temperatura, che lancia la salvifica idea di tassare i non residenti che accedono alla città a bordo della propria auto per così risolvere i problemi dell’inquinamento atmosferico; all’assedio della pubblicità di pannolini con le ali e di smacchiatori miracolosi in grado di rimuovere anche le macchie dell’anima, i cui costi finali ricadono in ogni caso sul cittadino consumatore.
Poi leggiamo che un aereo di linea inquina quanto 500 auto messe insieme o che un buon 10-15% del prezzo dei prodotti che abitualmente consumiamo sconta il costo della pubblicità. Ma questo poco importa, dato che è più semplice vessare il bancario di Mediglia che al mattino si reca a lavoro a Milano preferendo la propria auto ai due o 3 mezzi pubblici che sarebbe costretto a prendere, tra mille difficoltà e ritardi, per effettuare l’identico tragitto, piuttosto che i potentati aerei imponendo loro l’ammodernamento delle flotte.
C’è da chiedersi se quel tal sindaco abbia mai letto i giornali ed abbia mai sentito delle vere e proprie rivolte di quei pendolari – non si sa se preventivamente recalcitranti al balzello preannunciato o encomiabili ecologisti antesignani, alla luce del promesso provvedimento – che hanno più volte inscenato clamorose azioni di protesta contro le vergognose e croniche disfunzioni del sistema di trasporto pubblico.
Naturalmente il discorso diverrebbe del tutto ozioso qualora il nostro oculato primo cittadino dichiarasse assolutamente consono con i minimi principi di attenzione alla qualità della vita che per 1.200 euro al mese è doveroso uscire di casa alle 6 del mattino e farvi ritorno alle 19, - ché sarai un po’ stanco ma non inquini.
Analogo ignavo silenzio deve registrarsi sul fronte della rendicontazione di spesa per parcheggi, da realizzarsi con gli introiti delle multe per infrazioni stradali. Anche questo caso, al di là della modesta spesa realizzata per costruirne di nuovi rispetto agli introiti realizzati, il costo orario è ormai tale che, per decenza e buon gusto, gli addetti dovrebbero sentirsi in dovere al momento di pagare di offrirti una tazza di tè o qualche altro genere di conforto.
In questo scenario è nostro intendimento dare la parola a tutti, attraverso l’apertura di un dibattito sugli argomenti che ciascuno riterrà opportuno segnalare all’altrui attenzione.
Con l’intento di offrire la massima libertà d’espressione il blog non sarà soggetto ad alcuna censura, salvo quando i commenti espressi non dovessero travalicare la decenza di linguaggio ed il buon gusto in generale, oltre a configurare ipotesi perseguibili di reato, di cui comunque gli inserzionisti resterebbero pienamente responsabili, escludendosi da parte degli autori del sito ogni corresponsabilità o condivisione implicita di quanto da terzi espresso.
Parimenti saranno oggetto di opportuni provvedimenti tutti gli atti, le azioni e le dichiarazioni tese a compromettere la credibilità del sito e dei suoi autori.
Il nostro augurio è che il dibattito possa fornire non solo un’occasione di approfondimento e di presa di coscienza collettiva sulle problematiche del nostro tempo, ma altresì un valido contributo di confronto per chi, delegato a gestire in rappresentanza della collettività, troppo spesso, dimentico delle istanze del paese reale, si avviluppa in un’idea di paese ad uso e consumo delle proprie ambizioni e demagogia.
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