venerdì, marzo 23, 2018

L’impero delle fake news e della disinformazione


Si apre la nuova legislatura - Iniziano le difficili trattative per un nuovo governo – I poteri forti lanciano l’ennesimo monito ai futuri governanti di intervenire sulle pensioni, considerate un flagello per la tenuta dell’economia – Le loro ragioni basate su fake news

Venerdì, 23 marzo 2018
Indigna la vergognosa e squallida guerra scatenata ormai da lungo tempo dal Fondo Monetario Internazionale e dall’intellighenzia capitalistica contro il sistema pensionistico italiano. Il FMI, guidato dalla signora Christine Lagarde, rappresentante delle lobby capitalistiche più becere e insaziabili, periodicamente interviene lanciando anatemi contro la nostra già rigida previdenza, augurandosi un giro di vite contro le pensioni che, a suo giudizio, senza una riforma che le comprima, genera un costante squilibrio nei conti pubblici che condurrà al collasso economico del paese.
A sostegno di questa previsione il FMI stigmatizza l’incidenza dell’onere per pensioni al 16% del PIL, il che evidenzia o l’essenza della profonda ignoranza dei cervelloni del FMI o lo strumentale uso di dati manipolati per gettare panico e porre l’Italia tra gli spreconi planetari. Questi valenti studiosi, che devono aver formato le proprie conoscenze in economia consultando i mitici Bignami e che elucubrano teorie catastrofiche dalla lettura di qualche giornalino di gossip, trascurano l’incidenza che gioca nel nostro sistema l’assistenza, che è accorpata alla previdenza con la quale non ha nulla a che vedere.
Se infatti l’onere previdenziale complessivo viene depurato dalla voce impropria per l’assistenza la spesa “previdenziale pura” in Italia risulta pari all’11% del PIL e non al 16%, praticamente in linea con quello tedesco e francese considerati paesi virtuosi. Non andrebbe poi trascurato il salasso fiscale imposto sugli assegni di pensione, che in Italia registra un’aliquota marginale media al 33%, mentre nei paesi prima detti è del 14%. Va infine sottolineato che nel nostro paese il 35% del gettito fiscale è garantito dalle pensioni, gettito che arriva al 95% delle entrate statali con la fiscalità sui redditi da lavoro dipendente. Il che equivale a dire che lo stato finge di elargire, ma in realtà si riprende una grossissima fetta di quanto erogato.
In questa prospettiva ben si comprendono le finalità della propaganda del FMI: spingere la crescita delle economie impoverendo sempre più le categorie sociali borderline, in ossequio al restauro di teorie malthusiane di ottocentesca memoria, - e la Grecia ha costituito il banco di prova. Pare assai strano, coerentemente a questi indirizzi, che FMI e le altre organizzazioni internazionali, che non esitano ad avallare queste discutibili analisi, non propugnino apertamente la necessità di una catastrofica guerra nucleare per ridurre la crescita della popolazione mondiale in progressione geometrica, così da risolvere in modo radicale il peso delle bocche da sfamare e favorire la redistribuzione del reddito nelle mani di quelle élite illuminate in grado di moltiplicare i profitti ed il benessere per i pochi sopravvissuti.
Riprendendo una campagna d’informazione di Federmanager scrive Guglielmo Gandino: «Fervono trattative per la formazione del nuovo governo e puntualmente arrivano le indicazioni del Fondo Monetario Internazionale, o meglio le proposte contenute in un "Working Paper" a cui lavorano economisti di Washington del gruppo coordinato da Cottarelli, proposte che non sono formalmente vincolanti per il Fondo stesso, in quanto non necessariamente rappresentano le posizioni del Fondo, ma fanno ugualmente notizia. Secondo gli economisti americani non possono esistere misure espansive rivolte alla crescita economica se non accompagnate da una contestuale riduzione della spesa. Trattandosi del gruppo di Cottarelli non mi stupisco di questa affermazione. Il vero problema è che purtroppo essi basano il loro studio su madornali "fake news", riferendosi ad una spesa pensionistica italiana pari al 16% del PIL. Francamente abbiamo la nausea a forza di ripetere gli stessi concetti, che nessuno vuole caparbiamente recepire, evidentemente perché alla politica fa comodo così. Per semplificarci il compito, utilizziamo la campagna stampa di Federmanager, l'Associazione dei Dirigenti Industriali, che ha saggiamente provveduto a pubblicare per quindici giorni le informazioni correttive alle "fake news" sulle pensioni su tutte le principali testate italiane, le quali a questo punto non possono più affermare di non sapere:
1)      Su 16,5 milioni di pensionati, oltre 8 milioni sono parzialmente o totalmente assistiti. Per pensionati "veri" o "non assistiti" si intendono coloro che ricevono una pensione calcolata sui contributi previdenziali versati nell'arco della loro vita lavorativa. Per "pensionati assistiti" si intendono coloro che non hanno mai o quasi mai versato contributi e che quindi necessitano di un intervento "assistenziale" a carico dello Stato, cioè dei contribuenti italiani. Molti di loro hanno svolto lavori precari temporanei, oppure hanno lavorato non in regola, evadendo in questo modo sia imposte che contributi. I primi rientrano nell'ambito della "PREVIDENZA", finanziata appunto dai contributi versati da lavoratori, i secondi nell'"ASSISTENZA", il cui costo andrebbe scaricato non sul bilancio dell'INPS (come invece si continua a fare) bensì sulla fiscalità generale.
2)      Il peso della "spesa previdenziale pura" è pari all'11% del PIL, in linea con gli altri Paesi europei. Quindi non il 16% come si continua ad affermare da parte di FMI, OCSE e così via, con la commistione illegittima di previdenza ed assistenza.
3)      La spesa "assistenziale", che nulla ha a che vedere con la gestione "previdenziale", supera ormai ampiamente i 100 miliardi l'anno e cresce ad un ritmo annuo del 6%, mentre il tasso annuo di crescita delle pensioni finanziate da contributi è stato di un misero 0,2%. Dato che ci si basa su premesse fasulle, è evidente che altrettanto erronee siano di conseguenza le proposte, che vanno dal ricalcolo contributivo delle pensioni a suo tempo liquidate con il sistema retributivo, alla diminuzione dei criteri per concedere le pensioni di reversibilità (già riformate da una pessima riforma Dini del 1995), all'innalzamento dei contributi versati dai lavoratori autonomi per avvicinarli progressivamente al livello da tempo in essere per i lavoratori dipendenti e cioè il 33%. A questo si aggiunge la proposta di eliminare i benefici nel calcolo delle pensioni delle lavoratrici madri, l'eliminazione o la riduzione della "quattordicesima di povertà" e in generale della "tredicesima". In questo modo - secondo gli economisti di Washington - si libererebbero risorse per gli investimenti. È penoso pensare che una politica espansiva si debba fondare su un impoverimento generale della popolazione. Eppure il modello FMI è la Grecia, Paese che per rispettare i parametri imposti da Bruxelles è tragicamente ridotto alla fame, con le pensioni abbattute mediamente del 50%.
È sorprendente questa ulteriore e quasi patetica presa di posizione contro i pensionati italiani, riguardo ai quali si tace invece che essi contribuiscono per oltre il 35% del gettito IRPEF, che diventa quasi il 95% con le imposte versate dai lavoratori dipendenti attivi. A questo proposito si dovrebbe essere trasparenti e riconoscere che in Italia per una pensione media l'aliquota marginale è del 33% mentre in Francia e in Germania è solo del 14%. Ne consegue che il carico fiscale di una coppia mono-reddito over-65 con una pensione lorda di 55.000€ in Italia è di circa 18.000€ (33%), in Francia di 4.500€ (8%) e in Germania di 6.300€ (11,4%). Inoltre le tanto vituperate pensioni "retributive" oltre i 1.500€ lordi mensili hanno perso negli ultimi 20 anni (fra blocchi totali, parziali e manipolazioni varie del sistema di indicizzazione) almeno il 20% del loro potere di acquisto.
Quanto al ricalcolo contributivo, il gruppo di Washington sembra non sapere che i vertici INPS in occasione di un'audizione in Commissione Lavoro nella passata legislatura hanno ufficialmente ammesso che detto ricalcolo non è tecnicamente possibile in quanto l'incompletezza dei dati creerebbe disparità di trattamento fra pensionati. Invece di occuparsi di giustificare ancora una volta un prelievo al "bancomat" dei pensionati, che ha veramente il sapore dell'"esproprio" di stato, sarebbe forse meglio occuparsi di: a) vitalizi dei parlamentari, per i quali lo "squilibrio" fra pensioni erogate e pensioni ricalcolate con il contributivo può arrivare anche al 5-600%, altro che il 10-20% dei lavoratori dipendenti; b) le "doppie pensioni" dei parlamentari, fino a pochi anni fa generosamente pagate per intero dallo Stato italiano; c) le pensioni "regalate" ai politici in virtù della Legge Mosca n. 252/1974 e le pensioni calcolate in maniera estremamente favorevole a migliaia di ex-sindacalisti in base al D.Lgs. n. 564/1996; d) i molti enti inutili, costruiti apposta per foraggiare ex-politici, da sciogliere e mai sciolti, che costano allo Stato oltre 10 miliardi di euro; e) l'evasione fiscale e contributiva, valutata dalla Corte dei Conti pari ad almeno 7 punti di PIL, quindi con un "tax gap" intorno ai 120 miliardi di euro; f) la corruzione, con un costo presunto per la società di 60 miliardi di euro».
Queste cose sono di assoluto dominio pubblico, pertanto indigna che politici, media e tanti titolati economisti di Washington fingano spudoratamente di ignorarle e, abusando del prestigio della fonte che rappresentano, diffondano profezie intrise di becero terrorismo sociale.


 

lunedì, marzo 12, 2018

Le colpe della politica



Le ragioni dell’antipolitica ed il ruolo di Lega e M5S – La difficile possibilità di realizzare le promesse elettorali – L’antipolitica e la lotta alla casta come autoassoluzione delle proprie responsabilità

Lunedì, 12 marzo 2018
I giorni passano e il dibattito sul destino politico del paese si fa sempre più complesso, con il ruolo dello sconfitto PD sempre più centrale nelle ipotesi di futuro governo. Nel dibattito, poi, infuria, la polemica sulle ragioni della vittoria elettorale di M5S e Lega, universalmente riconosciuti come i partiti dell’antipolitica, che proprio in virtù della loro collocazione fuori dagli schemi avrebbero sbaragliato tutti gli avversari, quegli avversari ritenuti dalla gente comune tutti uguali e inaffidabili.
In questa analisi si commette un errore gravissimo, che condiziona i risultati al punto da renderli fuorvianti, poiché il problema non sono i politici sempre uguali, ma gli italiani sempre uguali che quei politici votano ed eleggono e verso i quali ora ostentano sfiducia e disprezzo.
Non si spiegherebbe altrimenti la resurrezione di Silvio Berlusconi, cacciato con ignominia dal parlamento per condanna definitiva per frode fiscale e privato del cavalierato per manifesta indegnità, sceso ancora una volta in campo per promettere in caso di successo della sua compagine ciò che in una lunga fase di governo non aveva mai fatto. Eppure questo squalificato personaggio, ineleggibile ed ancora sotto processo per altri reati, porta a casa oltre il 14%.
Non si spiegherebbe altrimenti il trionfo nel centrodestra di Matteo Salvini, un razzista separatista che sosteneva che i giovani del Sud erano solo indolenti scansafatiche e che la tragedia italiana era rappresentata dal parassitismo del Mezzogiorno. Non un euroscettico, ma nemico dell’Europa, deputato di quel parlamento in cui raramente s’è visto e di cui ha più volte dichiarato disprezzo, contestandone gli indirizzi. Un venditore di sogni come la cancellazione della legge Fornero, il reddito d’inclusione, la flat-tax al 13% e altre incredibili illusioni, che ha l’ardire di presentarsi anche in quel sud del paese che ha vituperato per anni. Nonostante questo curriculum la Lega porta a casa un 17,50%, che la pone al vertice dei partiti della coalizione di centrodestra.
Dal lato opposto un movimento, i 5 Stelle, un’accozzaglia di carneadi dal passato ignoto, senza esperienza alcuna, predicatori di onestà, trasparenza, giustizia sociale e quant’altro scritto nei manuali delle Giovani Marmotte, con la faccia pulita e sotto la guida di un sedicente ex-comico rimasto comico e di una società di consulenza sul digitale dagli oscuri riferimenti. Costoro entrano in parlamento nel 2013 con slogan contro la casta politica tradizionale con la quale fanno capire fin da subito che non intendono allacciare alcun relazione, promuovere alleanze e stipulare accordi. Anzi il loro dichiarato obiettivo è l’annientamento dei tradizionali partiti per sostituirsi a loro con un governo dei cittadini. La loro base elettorale è costituita da un gruppo nutrito di cittadini, con i quali dichiarano di rapportarsi via web ed ai quali vengono sottoposte per la condivisione, proposte, progetti e persino candidature.
Fin dall’esordio il M5S è chiaro rappresenti il disagio montante dei cittadini, avviliti dalle politiche di risanamento dei governi PD e dai provvedimenti che saranno varati, in combutta con il gruppo parlamentare di Denis Verdini e l’appoggio di Silvio Berlusconi, durante il quinquennio. Tanti di quei provvedimenti avranno un disgraziato impatto sulla realtà sociale ed economica del paese, nonostante i suoi autori in un processo di autocelebrazione ne abbiano sottolineato i dubbi pregi. E chi di questa interpretazione dubita non si comprende quale spiegazione potrebbe oggi dare alla disfatta del PD e dei suoi alleati. E’ comunque certo che quegli errori hanno permesso ad un movimento che qualche dubbio aveva sollevato sulle proprie capacità di governare situazioni complesse – basta guardare la gestione di Virginia Raggi a Roma – di incalzare i partiti di governo, cavalcando il crescente e diffuso malcontento. Da qui una campagna elettorale non diversa da quella della Lega, fatta di illusorie promesse, ma all’insegna del rinnovamento della politica e delle sue regole. E i cittadini stanchi di dover continuare a pagare una crisi senza fine e gli effetti perversi di una povertà crescente, hanno riversato le loro speranze sulle new entry della politica, su quella che si configura ormai come l’ultima spiaggia prima dell’apocalisse.
Anche in questo caso comunque è stato commesso un grosso errore. Si è dato credito alla furba versione ammannita da Grillo e soci che i misfatti che hanno messo in ginocchio il paese siano opera della politica, quasi questa fosse un’entità astratta e avulsa dal rapporto con i cittadini che l’hanno nel tempo legittimata.
Sociologi e studiosi della psicologia di massa non avrebbero dubbi nell’offrire una lettura del fenomeno grillino – e probabilmente anche di quello leghista - più aderente alla realtà. Gli individui, in fondo, nutrono inconscio il bisogno di autoassoluzione e dunque difficilmente ammetterebbero che lo schifo che li ha governati è frutto delle loro scelte elettorali più o meno scevre da inconfessabili interessi. La raccomandazione, le conoscenze, il clientelismo, la bieca convenienza e in qualche caso anche i rapporti di malaffare hanno sempre avuto la supremazia nel rilascio del voto. I politici, certi politici, sono andati ad occupare certi posti non per autoproclamazione, ma perché qualcuno ce li ha mandati. Oggi bisognerebbe avere l’onestà di ammettere che la colpa del disastro economico, sociale e politico del paese è del cittadino, non del rappresentante a propria misura che il cittadino s’è scelto. Ed è certo che sino a quando si continuerà ad esprimere il proprio voto con la pancia e non con la testa, non ci potranno essere né cambiamenti né futuro possibile. I 5 Stelle così come la Lega hanno vinto grazie alle loro promesse ed al messaggio che sono stati in grado di trasmettere in modo occulto e subdolo: caro cittadino la colpa non è tua, ma di chi t’ha governato sino ad oggi, tu sei bravo e vittima delle angherie che ti sono state afflitte, meriti quella politica migliore che noi rappresentiamo.
Il messaggio è indubbiamente seducente oltre che purificatore, ma tutto da verificare alla prova dei fatti, che - ahinoi - con i vincoli ed i limiti della nostra situazione economica non lasciano preludere la realizzazione del riscatto che molti si attendono.