giovedì, ottobre 31, 2019

Scrivi al tuo parlamentare


La bufala della vicinanza tra paese legale e paese reale – Le vergognose escamotage per fingere democrazia – Ancora un esempio di autoreferenzialità della politica 

Giovedì, 31 ottobre 2019
La democrazia è certamente basata sul forte rapporto tra eletto ed elettore, sulla capacità del rappresentante di interpretare, promuovere e tutelare gli interessi del rappresentato. Ciò non significa sussistenza di un vincolo di mandato, escluso dalla nostra Carta costituzionale, ma più semplicemente esecuzione di un mandato coerente con gli impegni assunti dall’eletto nella fase di proposizione della propria candidatura.
Nel corso del tempo ed in conseguenza delle trasformazioni profonde intervenute nel sistema elettorale, tale concetto ha assunto un significato del tutto teorico, poiché i meccanismi elettorali attuali hanno espropriato l’elettore del diritto alla scelta del candidato, diritto di cui si è appropriato il partito, la segreteria politica, criterio largamente contestato dai sostenitori dell’ortodossia democratica, ma immodificabile a causa dell’interesse trasversale di tutti i movimenti politici a gestire in posizione di potere la selezione dei candidati. Ciò implica che se l’interesse della nomenklatura di un partito è di circondarsi di sodali fedeli, all’elettore non resta che esprimere la propria preferenza per una certa compagine politica, prescindendo dal valore effettivo e dalle capacità di quanti, una volta eletti all’interno di una lista preordinata dal leader di quella compagine, saranno in grado di rappresentare, promuovere e tutelare i lori interessi.
Questo criterio elettorale ha costituito un vero e proprio sabotaggio di fatto al principio di democrazia, sabotaggio aggravato dall’introduzione di sofisticati metodi di espressione del voto popolare, tesi non a garantire la supremazia delle maggioranze e, al contempo, la tutela delle minoranze, ma subdolamente finalizzate ad escludere o, quantomeno, a ridimensionare il peso degli sconfitti relegati nella cosiddetta opposizione.
Da qui con il tramonto delle ideologie ed il passaggio all’etica dell’opportunismo, si è assistito alle formazioni di vere e proprie caste politiche, difficilissimo da smantellare, sebbene ciò abbia implicato una fortissima volatilità del consenso e la notevole caduta della partecipazione elettorale.
Nell’epoca di internet e della comunicazione di massa non mancano i meccanismi intesi a recuperare il rapporto di relazione tra politica e paese reale, tra eletto e cittadino e la formula dello “scrivi al tuo parlamentare” dovrebbe o vorrebbe essere proprio il veicolo con il quale ripristinare una sorta del rapporto di vicinanza smarrito.
Purtroppo – ma qualcuno lungimirante e conoscitore delle debolezze umane lo aveva previsto – il sistema si è rivelato un vero e proprio imbroglio, una finzione meschina per illudere quanti si fossero convinti che bastasse inviare un mail o un messaggio al politico in carica per essere ascoltati, per avere esaudita una richiesta, per stimolare una riflessione su argomenti di interesse personale ma di comune ricaduta. Nella stragrande maggioranza dei casi i politici – ma sembra che l’infezione si sia rapidamente diffusa a tutti i livelli della burocrazia di potere – non ti degnano del minimo riscontro e, men che meno, quel silenzio è smentito da iniziative di qualunque natura interpretabili come fattiva presa in carico della problematica segnalata. Insomma, si assiste all’atto finale di uno scollamento tra il paese legale e quello reale, un collasso comunicativo e rappresentativo nel quale il cittadino non conta nulla, o se conta ha solo significato d’indicibile fastidio, e il politico gestisce cinicamente i propri interessi attribuendone il vantaggio ad un popolo virtuale menzionato ad ogni piè sospinto esclusivamente per imbonire i gonzi e attribuirsi meritori crediti: ovviamente è del tutto consapevole che a scaldare una poltrona lautamente remunerata sarà riconfermato dal capobastone del suo movimento politico, non dalla gratitudine del povero idiota che in lui ha riversato le proprie speranze.
Ciò che sconcerta, comunque, non è in sé la vergognosa finzione messa in campo per illudere i cittadini, quanto la rapida diffusione con la quale partiti e movimenti politici tradizionalmente legati ad una prassi di larga vicinanza ai problemi della gente abbiano assunto questo costume. PD, LeU, M5S, partiti di sinistra operaia e popolare sono divenuti élite autoreferenziali avulse da ogni legame con le proprie basi; snob professionisti della politica affarista preoccupati solo della conservazione della posizione di privilegio, incapaci – ma più probabilmente recalcitranti o strafottenti – nell’interpretare le vere emergenze di un popolo logorato da vessazioni quotidiane, da una tremenda pressione fiscale, da una selvaggia e ingestita disoccupazione, che ne mortifica la dignità e non lascia speranza ai suoi figli.
Si scriva, allora, si scriva che nell’epoca della comunicazione di massa tutto fa scena e con le illusioni si surrogano i drammi della realtà.