sabato, ottobre 28, 2006

Eutanasia di un governo


Sabato, 28 ottobre 2006

Nell’ascoltare un interlocutore e nel sentire le sue affermazioni, talora contrarie al buon senso o al comune condiviso, viene spontaneo porsi la classica domanda se ci sia veramente o, piuttosto, non ci faccia.
La stessa domanda, forse irriverente ma del tutto spontanea, sorge quando da palazzo Chigi il professor Prodi, nonché capo del governo di questo paese, che ancora stenta a trovare una coerenza d’azione, – e dire che basterebbe solo rileggere il programma con il quale la coalizione si è presentata al corpo elettorale, che sul quel programma gli ha espresso la propria fiducia, - annuncia, apparentemente a ruota libera, iniziative che sembrano scontentare tutti o, peggio, echeggiano con suono sinistro la prossima marcia funebre dell’attuale legislatura.
Nelle ultime ore il Professore ha infatti ripreso il tema delle pensioni e, come se nella sua indole fosse radicata la tendenza a sollevare polemiche e polveroni, non ha trovato argomento migliore che rilanciare sul tema della riforma del sistema pensionistico, si badi, non per attuare la promessa rimozione dell’ignobile scalone che penalizza migliaia di italiani nella notte tra il 31 dicembre 2007 e il primo gennaio 2008, ma per avanzare un’ipotesi di un nuovo elevamento dell’età pensionabile, che nulla a che vedere con gli impegni pre-elettorali assunti con gli elettori e gli alleati di governo.
La notizia, com’era prevedibile e, per evidente sete di giustizia, sperabile, ha scatenato un vespaio di proteste e di minacce da parte sia di Giordano che di Diliberto, che al governo, guarda caso, ci sono andati anche per fare giustizia di una legge sulle pensioni voluta dal passato esecutivo, di cui tanto si è detto e che ha avuto il potere di scatenare il profondo malcontento sia tra gli elettori di destra che tra quelli di sinistra.
E invece il Professore, al quale evidentemente la coerenza ed il mantenimento degli impegni pesa come un fardello insopportabile, in perfetta tradizione democristiana, ha pensato bene con un colpo di teatro di riesumare dalla camera mortuaria di palazzo Chigi il cadavere mai tumulato di una riforma che, in fondo schiena al cittadino lavoratore, lo ponga magari in lizza per qualche prestigioso riconoscimento europeo pur se a sacrificio della continuità del suo governo.
Ovviamente stupisce ancor di più che dopo aver agitato le acque ed avere incassato i rimbrotti di Prc e Pdci, il professor Prodi si sia affrettato a precisare “siamo tutti d’accordo, c'e' un protocollo sul quale da gennaio si apre una discussione con obiettivi e cammino condivisi", precisazione che irrimediabilmente riconduce all’interrogativo postoci in esordio: ma Prodi c’è o ci fa?
La risposta ognuno la tragga da sé. A noi pare che questo governo alla disperata ricerca continua del consenso, dato che sino a questo momento tra una finanziaria ingombra di pericolose bucce di banana su aliquote di tassazione dei redditi e incomprensibili dissertazioni su eutanasia, omissioni su grandi temi sociali, come quello del lavoro giovanile e le reali condizioni per il rilancio dello sviluppo economico, e mancata presa di posizione sulla riforma della giustizia stia tirando a campare in attesa, di un improbabile colpo di scena che lo riaccrediti agli occhi del corpo elettorale.
Nel frattempo i sondaggi danno un inclemente caduta di gradimento dell’attuale governo di oltre 10 punti e visto che queste rilevazioni sono rendicontate non dall’opposizione ma dalla cosiddetta stampa amica, v’è da credere che lo stuolo degli scontenti, o dei delusi, - se si preferisce, - vada ben oltre la cifra indicata. E tale scontento non si evidenzia solo tra i pontieri dei due poli, cioè tra coloro che elettori di destra, stanchi del quinquennio di governo nepotistico del Cavaliere, diedero il voto al “nemico” nell’ultima tornata elettorale, poiché costoro guadando ai fatti più che alle ideologie, hanno sempre fatto la spola tra l’uno e l’altro fronte ad ogni chiamata elettorale.
Ma cosa assai più preoccupante è che anche nella tradizionale sacca di consenso della sinistra storica si avverte qualche scricchiolio di cedimento.
A noi sembrerebbe di poter affermare che il governo in essere rappresenti l’ultima occasione possibile di protagonismo della sinistra italiana, visto che l’attuale coalizione è nata sull’assemblaggio di una composita compagine che da Mastella arriva sino a Giordano, con provvisoria cucitura di fratture ideologiche che difficilmente potrà ripetersi qualora, più per miopia o conclamata cecità di qualche esponente di spicco della compagine che per effettiva sventura, la legislatura sia costretta a concludersi anzi tempo.
Nella prima esperienza di centrosinistra, il governo Prodi cadde – guarda caso – proprio sul tradimento degli impegni di programma. Ed a questo punto non ci resta che sperare che la vicenda delle 35 ore, che costrinse con grande coerenza il Prc ad uscire dal governo, abbia almeno insegnato qualcosa.
E mentre nelle emergenze del paese il governo “perde” il suo tempo a discutere di eutanasia, a noi non resta che assistere sconfortati all’eutanasia del governo.

giovedì, ottobre 05, 2006

Risanamento e orecchi d’asino


giovedì, 5 ottobre 2006

Eureka!, avrebbe gridato Archimede se avesse ricevuto una copia del faldone della finanziaria e avesse letto la strabiliante novità escogitata dai capoccioni di palazzo Chigi e dintorni per mettere a segno un ulteriore taglio di spese dal disastrato bilancio del paese di Pulcinella.
La notizia è di quelle da non credere a primo acchito, perché tutto si potrebbe concepire in nome del risparmio e del risanamento dei conti, tranne che l’attivazione di criteri legali in base ai quali a partire dal prossimo anno scolastico anche i ciuchi potranno andare avanti, in barba a qualsivoglia principio di profitto e positivo rendimento scolastico.
V’è infatti nella a pagina 352 del documento di accompagnamento alla finanziaria che obiettivo di questo governo è di attivare idonei interventi finalizzati al contrasto degli insuccessi scolastici tramite attività di accoglienza, rimotivazione e riorientamento, nonché l'individualizzazione della didattica in modo da tener conto delle diverse forme di intelligenza e dei diversi stili di apprendimento.
Pur con qualche sforzo, il senso di questo criptico burocratese si coglie abbastanza in fretta: avendo elevato l’età dell’obbligo scolastico a 16 anni occorre cercare di agevolare il successo negli studi anche di svogliati, perdigiorno ed ottusi con l’obiettivo non di dimostrare una benevolenza di per se discutibile, quanto per – udite, udite, - determinare una riduzione della spesa per oneri del personale attraverso la riduzione della permanenza media degli alunni all'interno del sistema. Insomma, spiega Italia Oggi, cui va il merito di avere scovato la chicca nella massa cartacea, meno ripetenti significa meno classi, meno professori, meno bidelli.
E’ probabilmente da escludere che le vere intenzioni dei novelli Quintino Sella del nostro Ministero dell’Economia fossero quelle di premiare anche somari e pelandroni, tuttavia una raccomandazione di tal genere, se realizzata, non potrebbe che preludere all’ulteriore imbarbarimento culturale dei nostri giovani e dell’Italia futura.
Secondo il commento di Gian Antonio Stella del Corriere della Sera dall’attuazione di questa intelligente raccomandazione il governo sembra attendersi una riduzione del l0% del numero dei ripetenti dei primi due anni di corso della scuola secondaria di secondo grado, ammontanti oggi complessivamente a 185.002 studenti. Sì ricava così una diminuzione di 18.500 unità per la popolazione studentesca che, considerando l'attuale rapporto alunni/classi, corrisponde a 805 classi; supponendo quindi di poter diminuire il numero complessivo di classi in ragione dell'80% del possibile risparmio, si stimano 644 classi in meno, con una riduzione di 1.455 docenti e 425 segretari, bidelli, custodi e così via, per una minore spesa di euro 56 milioni a decorrere dall'anno 2008, ed euro 18,6 milioni per l'anno 2007.
A quale magica intuizione sia da attribuire la stima del 10% in meno di eventuali bocciati, - categoria palesemente inferiore a quella dei quadrupedi con le orecchie lunghe, sarebbe il caso di dire, dato che ai raglianti è comunque garantita la promozione sul campo – non è dato sapere, anche se alla luce di queste grottesche boutade c’è da credere che qualche sottosegretario, con tanto di portaborse al seguito, abbia affrontato uno scomodo quanto faticoso viaggio sulle tracce di tal Do Nascimento, divenuto celebre insieme con Vanna Marchi per le prodigiose divinazioni televisive a danno di poveri gonzi e di massaie.
Al di là dello sconcerto e per quanto la maggior parte dei cervelloni della nostra epoca siano figli di quel vituperato ’68, durante il quale sono passati alla storia gli esami universitari sostenuti a suon di piffero piuttosto che con rendicontazione delle effettive conoscenze della materia d’esame, appare incredibile che ai nostri giorni ci possano ancora essere personaggi in ruoli chiave di governo così inclini a far carne di porco delle regole minimali della convivenza civile, in nome di esigenze imprescindibili di cassa.
Alla stessa stregua ci stupisce che il ministro Mastella, preso da raptus sparagnino, non abbia caldeggiato una raccomandazione di clemenza nei confronti di qualche categoria delinquenziale, dato che una riduzione dei reclusi consentirebbe un significativo contenimento dei costi per minestre e lenzuola messe a disposizione nelle patrie galere.
Probabilmente i promotori dell’iniziativa, - che certamente hanno in bassa considerazione l’intelligenza dei cittadini, ma che è probabile abbiano in altrettanto bassa considerazione il senso della propria dignità, perché altrimenti pur di alienarsi la simpatia di famiglie e di studenti, che comunque rappresentano voti, non farebbero proposte di questa natura, - non esitano, in quest’Italia da zimbello, a tuffarsi nel ridicolo.
Proprio ieri scrivevamo che la bontà della giornata si vede dal mattino e, nonostante l’ottimismo della volontà, così continuando nei confronti di questa classe politica non potrà che prevalere che il pessimismo della ragione.
A questa classe politica, che pretende dal cittadino un comportamento acquiescente e accomodante o, peggio, che deve quasi rallegrarsi per la sagacia dei suoi rappresentanti nell’assumere provvedimenti bislacchi e di dubbia efficacia, vorremmo solamente rammentare che arriva sempre il momento in cui la misura si colma ed il contenuto irrimediabilmente trabocca, pertanto sarebbe auspicabile che ci si mantenesse vigili al di sotto dei livelli di probabile esondazione.
Certo è che se un sistema scolastico semi serio come il nostro ha partorito menti fini di questo calibro non vogliamo neanche minimamente immaginare cosa accadrebbe con l’accoglimento di una raccomandazione che affranca gli imbecilli.

martedì, ottobre 03, 2006

Governo Prodi - Una finanziaria piena di sorprese


martedì, 3 ottobre 2006

Lo scorso venerdì, in piena astensione dal lavoro per due giorni dei lavoratori dell'informazione, il governo ha varato la finanziaria per il 2007, che nei prossimi mesi diverrà il leit motive del confronto politico non solo con l’opposizione parlamentare, ma è verosimile anche all'interno della stessa coalizione.
I punti salienti della finanziaria sono stati per sommi capi illustrati agli Italiani nel corso di una conferenza stampa- con molta stampa presente, in verità, ma con assenza totale di dibattito – da parte del Presidente Prodi e dei ministri interessati, che, nel probabile intento di anticipare le feroci critiche dell’opposizione, hanno voluto di propria voce illustrare direttamente al popolo quali provvedimenti sono previsti nel tentativo di arginare la bancarotta nazionale e per rientrare nei limiti della credibilità economica imposta dai parametri comunitari.
La manovra, prevista in 33,4 miliardi di euro, destina circa 18 miliardi al finanziamento di azioni rivolte allo sviluppo dell’economia e la parte residua al rientro nei parametri di Maastricht del nostro Paese, con una previsione di attestamento del deficit alla fine del 2007 al 2,8%.
A parte i provvedimenti su cui sarà opportuna una lettura puntuale del testo della finanziaria per esprimere un’opinione approfondita, la parte più interessante del disegno di legge, su cui le anticipazioni del vice-ministro Visco sono state chiarificatrici, riguarda la correzione delle imposte sulle persone fisiche (Irpef) e gli aggravi impositivi in genere.
Sul lato Irpef va registrata la dichiarata volontà di riequilibrare l’imposizione diretta privilegiando le aree a basso reddito o, com’è stato detto, del ceto medio, includendo in tale categoria i percettori di reddito sino a 70 mila euro, dovendosi prendere atto di tale valore come spartiacque con il cosiddetto indice di ricchezza. D’altra parte, sempre per bocca di Visco, abbiamo appreso che oltre i 70 mila euro si ritrova appena il 2% scarso dei nostri concittadini, mentre il grosso della popolazione dello Stivale si colloca sotto tale indice, quantunque in modo estremamente disomogeneo, visto che si va dai poveri in canna, quelli veri, ai poveri dichiarati, ai percettori di pensione e reddito di sussistenza, ai modesti travet ed ai percettori di redditi sufficientemente dignitosi.
Orbene, al di là di queste suddivisioni pretestuose quanto fuorvianti, - dato che non sta scritto in alcuna tavola delle leggi che la ricchezza inizi effettivamente un gradino oltre i 70 mila euro, - la verità è che nel riformare gli scaglioni impositivi questo governo sta rischiando di infilarsi in un altro tunnel di demagogia, tipico della cultura e della tradizione dei nostri governanti, di destra e di sinistra.
Se il governo Berlusconi, - cui va senz’altro riconosciuto il merito di aver semplificato il sistema degli scaglioni di tassazione, - aveva fatto una riforma che nei fatti per la stragrande maggioranza degli Italiani al disotto della fatidica soglia dei 70 mila euro si era rivelata l’ennesima mossa del prestigiatore, poiché dava l’illusione di generare minore imposizione, ma nella realtà grazie al gioco della progressività non dava beneficio alcuno se non, in qualche, caso, aggravare la contribuzione di qualche euro, il governo attuale, - che ha ben appreso la lezione, - mette in cantiere qualche risicato beneficio per i redditi sino a 40 mila euro e calca la mano per tutti coloro che si muovono oltre tale soglia.
Per carità, non si intende dire né che sia sbagliato chiedere qualche sacrificio aggiuntivo a chi più può né che non sia positivo dare un aiuto per quanto piccolo a coloro che scivolano sempre più nell’area della povertà conclamata ed irreversibile. Ciò che si critica è il metodo pirandelliano di gestire la politica e lo stato, assunto che il buon Visco ha omesso di dire che una manciata di euro in più per chi si colloca appena sopra la fascia della povertà non solo non gli cambieranno la vita, ma nella realtà saranno solo introiti virtuali, dato che gli enti locali, per i quali la manovra prevede un taglio significativo delle dotazioni, saranno a loro volta costretti a ricorrere ad un aggravio dell’imposizione, per erogare se non peggiorati quantomeno gli stessi servizi dell'anno precedente, con buona pace del pugno di euro in più.
Naturalmente nulla di nuovo invece si farà lì dove la ricchezza vera esiste e continua ad aumentare, ed alludiamo alla grossa finanza ed alla borsa, ché è sempre pericoloso mettersi contro i grandi potentati economici; mentre è più facile, perché lontano dalla propensione all’investimento delle grandi lobby, intervenire sulle forme di risparmio della gente comune costituite da titoli del debito pubblico, per i quali è invece prevista una limatura della ritenuta d’acconto.
Non vorremmo dover concludere che con questo governo ci eravamo illusi di una maggiore giustizia sociale e di un coraggio nell’affrontare le emergenze dell’economia del Paese all’impronta del rigore, della determinazione e, se necessario, anche dell'impopolarità. Forse è ancora troppo presto per giungere alle conclusioni, anche se la bontà della giornata si vede dal mattino.
Certo è che, chiamato a dare segnali convincenti delle predette attitudini già con il varo del primo provvedimento importante della sua vita istituzionale, questo governo ha evidenziato una propensione alla demagogia che lascia forti perplessità e che potrebbe motivarsi solo con l'incertezza degli esordienti.
A noi pare che gli errori siano eccessivi, considerando che nella compagine sono presenti ministri non certo di primo pelo, e che l'esigenza di significativi correttivi in fase di trasformazione in legge della finanziaria sia sostanziale.
A mero titolo d'esempio, vorremmo poter chiedere ai responsabili del ministero dell’economia in virtù di quale considerazione abbiano reintrodotto la tassa di successione con i meccanismi che hanno preannunciato.
E' assolutamente vero che non abbiamo lesinato le nostre critiche a chi la tassa aveva abolito nella passata legislatura (si veda articolo su questo blog, ndr) e, dunque, non stiamo assumendo il contraddittorio ruolo di pentiti. Pensiamo piuttosto che non si possa reintrodurre un’imposta, che nel bene e nel male faceva ormai parte dell’archeologia tributaria, con meccanismi persino peggiori a quelli preesistenti la sua cancellazione e che colpisce duramente ed indiscriminatamente oltre il 70% dei cittadini possessori di casa, che non si porteranno mai nella tomba, ma che lasceranno ai figli.
Aver aggiunto all’imposta ipotecaria di 336 euro l’addizionale del 4% sul valore catastale eccedente 250 mila euro è una vera ingiustizia dovuta all'intento di far cassa in modo facile, dato che tra bolle speculative sul mattone, provvedimenti di legge sempre più restrittivi tesi a far combaciare il valore di compravendita con il prezzo d'acquisto effettivamente pagato e revisioni periodiche ex officio delle rendite catastali, saranno veramente pochi gli immobili che in fase di successione potranno sfuggire alla nuova tagliola, almeno nelle grandi città dove il prezzo degli alloggi ha vissuto una stagione di fortissimi incrementi, specialmente dopo l'arrivo dell'euro. Nè può trascurarsi che il problema dell’acquisto della casa è stato spesso un imposizione, data la scarsezza o la bassa convenienza degli affitti, e non una libera scelta.
Visto il fatidico limite al di là del quale scatta la maggiorazione in questione, rimane comunque il dubbio che nell’elaborare il provvedimento i ministri competenti abbiano pensato agli abitanti di Bagnara Calabra o a quelli di Perdas de Fogu, più che a quelli di Bologna o di Matera, dove di questo passo fra qualche anno con meno di 250 mila euro ci si potrà comprare un garage, magari doppio, ma sempre garage.
Finché perdurerà in chi va al potere questa cultura della mano alternata, cioè ti tolgo con la mano sinistra ciò che ti ho dato con quella destra, resteremo sempre un Paese dalla bassa credibilità politica e dalla precarietà dei governi, nel quale l'alternanza, prima che un naturale processo di democrazia, risponde alla logica della più che doverosa infedeltà dei cittadini rappresentati nei confronti dei loro rappresentanti incapaci.