martedì, settembre 08, 2009

Le fregnacce del tiranno

Martedì, 8 settembre 2009
Che prima o dopo se ne vada è cosa certa. Se non ci penserà il popolo, - quel popolo che ha vergognosamente preso per i fondelli spacciandosi per padre di famiglia modello, imprenditore cristallino (caso più unico che raro!), politico d’incomparabile saggezza e altre fregnacce varie, a cui tanti hanno abboccato, - ci penserà madre natura, che per tutti riserva la conclusione della permanenza terrena, pur se non è dato sapere quando.
Dunque, è solo una questione di tempo, ma anche lo spavaldo Silvio Berlusconi, che ad oltre settant’anni suonati insiste con battute sulla sua giovinezza, dimostrata da performance sessuali tali da far impallidire un ventenne, è destinato ad abbandonare questa valle di lacrime (per noi) e non di sorrisi (per lui) come ossessivamente blatera.
E quando si sarà tolto dagli zibidei, - gli augureremmo di farlo per scelta ragionata e di decenza e non per le cause naturali di cui sopra, - stia certo che non lo piangeremo, né come in altri casi con il passare del tempo, magari colti da quella pietas così umana, saremo disposti ad ammettere che, in fondo (molto in fondo, in ogni caso), era un bravo diavolo. Sì, perché i suoi comportamenti, la sua arroganza, la supponenza, il disprezzo per il prossimo, l’opportunismo e altre qualità simili, oltre allo scempio che ha fatto nel paese sono tali e talmente ripetuti nel tempo da non potergli consentire alcuna assoluzione postuma. Anzi c’è da credere che un giorno, quando si pronuncerà il suo nome, saranno molti coloro che faranno gli scongiuri, nella speranza che una maledizione come lui non s’abbia più a ripetere.
Nel frattempo, continua imperterrito ad ammorbare la nostra esistenza con fregnacce miserevoli, con bugie idiote ad uso e consumo dei gonzi o dei quattro delinquenti che su queste bugie speculano per licenziare, per chiedere tagli di salari, per invocare detrazioni fiscali e crediti agevolati e altre opportunistiche guarentigie, giusto per rimpinguare le proprie tasche, profittando di una crisi planetaria che non sembra dare tregua.
Così il paladino della sceneggiata si sbizzarrisce con affermazioni prive di fondamento su una crisi che è agli sgoccioli, «lo hanno detto Obama, il Fondo monetario e la Commissione Europea. Ci sono segnali di ripresa e dietro c'è l'uomo, l'imprenditore, il politico intelligente e la voglia di mettere da parte tutto ciò che fa paura. E' necessario mettere da parte ogni contrasto per uscire definitivamente dalla crisi», incurante del grido d’allarme lanciato appena qualche ora prima da Napolitano su uno stato di depressione economica gravissima, che già dalle prossime settimane farà sentire pesantissime ricadute sull’occupazione.
Anche le banche, che sulle cause della crisi la sanno assai lunga e siedono da tempo sul banco degli imputati vanno assolte: «Non possiamo gettare accuse indiscriminate ai direttori di banca che magari di fronte a certe situazioni aziendali sono timorosi rispetto alla concessione del credito», dichiara sdegnato Berlusconi. «Intervenire contro la speculazione è molto più importante che intervenire sui bonus per i dirigenti delle banche». Che poi le banche siano le artefici del collasso di tante medie e piccole imprese ridotte allo stremo per la chiusura dei rubinetti creditizi, per il venditore di fumo Berlusconi, è del tutto irrilevante, tanto quando fa queste affermazioni sa di poterle fare al cospetto di una claque di anellidi servili e striscianti, che certamente non oserebbe contraddirlo.
Ma trattandosi di un fiume in piena, ce n’è per tutti, anche per quei trecentomila firmatari della petizione a tutela della libertà di stampa che lo accusano di deriva dittatoriale e che non esita a far passare per visionari con affermazioni allucinanti del tipo «un dittatore di solito prima attua la censura e poi chiude i giornali. In questi giorni in Italia si è dimostrato che c'è stata la libertà di mistificare, calunniare e diffamare. Questa non è una dittatura». Naturalmente le sue frequentazioni con minorenni, i festini boccacceschi con meretrici d’alto bordo, fatti per i quali la moglie Veronica e i figli hanno trovato qualcosa da obiettare e vicende documentate per le quali è diventato lo zimbello del mondo intero, sono solo mistificazioni e calunnie e, non essendo riuscito a far arrestare preventivamente qualche direttore di giornale che di quei fatti ha reso edotta la pubblica opinione, rifiuta di essere accumunato a qualche dittatorello da terzo modo. In questo lungo elenco di mistificatori e calunniatori c’è da credere vadano inclusi anche Benedetto XVI e le gerarchie ecclesiastiche, mossisi in difesa di tal Boffo, direttore de L’Avvenire, accusato ad arte dal suo sicario Feltri di misfatti innominabili e reo di aver dato spazio alle notizie che lo hanno visto protagonista nelle vicende appena dette.
Alla stessa maniera sarebbero calunnie e strumentalizzazioni le risse con i vertici dell’Europa, che hanno sentito il dovere di esprimere la propria opinione in merito ai suoi scontri con la Santa Sede e ai quali ha ritenuto di dover inviare biechi messaggi minatori di eventuali blocchi degli organismi UE, qualora non fossero stati assunti provvedimenti per far cessare tali dichiarazioni. Su questo filone, un Berlusconi baldanzoso, fa sapere di avere «avviato contatti con i colleghi per individuare commissari europei che non siano dell'altra parte politica», nel segreto intento, sospettiamo, - di imporre una “normalizzazione” se non un vero e proprio condizionamento a suo favore anche degli apparati comunitari.
Ma la battuta più esilarante, ancorché meschina bugia, il premier la riserva a sostegno del suo presunto e intramontabile successo: «Sapete perché gli italiani credono e hanno fiducia in me? Non solo perché sono giovane e bello e perché sono un imprenditore in quanto tale non ho bisogno di rubare e questo è certo. Gli italiani sanno che con me i cattocomunisti non riusciranno a mettere in campo i loro piani». E così è stata fatta definitivamente luce sul mistero della All Iberian, che per tanto tempo era stata ritenuta una centrale di colossale evasione fiscale e fondi neri costituiti all’estero, ma che oggi, per bocca di Berlusconi, imprenditore dall’onestà tanto insolita quanto esemplare, apprendiamo essere stata una congregazione benefica dedita alla carità e che, con ogni probabilità, viveva di elemosine.
In quanto ai cattocomunisti, c’è da rallegrarsi che ci sia lui a far da baluardo contro la barbarie e la sopraffazione che da sempre rappresentano: con loro sarebbe del tutto lecito accompagnarsi ad una prostituta, mentre con Berlusconi e con la legge Carfagna che qualifica reato tale evento queste divagazioni non sono più giustamente consentite, almeno per chi non è membro del governo ……… e che nessuno s’azzardi a leggere un qualche gioco di parole nel termine “membro”.
Oggi è l’otto settembre e nella memoria del popolo italiano questa data assume un significato particolare. Sarebbe bello che questa data venisse ricordata, oltre che per la fine dell’incubo fascista e d’una guerra folle a fianco dei nazisti, anche come la fine d’una tirannia.
(Nella foto, Silvio Berlusconi in alcuni delle sue tante gag degli ultimi anni)

venerdì, settembre 04, 2009

Il sonno della ragione genera mostri

Mercoledì, 2 settembre 2009
Che il personaggio fosse pericoloso come un aspide era noto, ma che potesse giungere al punto di utilizzare gli stessi metodi che da sempre dichiara di condannare perché figli, a suo dire, di una cultura comunista portatrice di falsità cruente, pare del tutto fuori misura e la dice lunga sul grado di nevrosi che lo tormenta ormai senza tregua alcuna.
Così, con metodo da Lubianka, probabilmente appreso dalle frequentazioni con Putin, bieco personaggio privo di ogni scrupolo, sguinzaglia il suo truce giannizzero Feltri alla ricerca di elementi diffamatori ai danni di Dino Boffo, direttore de L’Avvenire, reo di aver dato spazio sul suo giornale alle notizie sui festini con minorenni e signorine dalla molto dubbia moralità.
Poco rileva che nell’arco di ventiquattr’ore la notizia sulle marachelle sessuali di Boffo pubblicata dal velenoso foglio del velenoso Feltri si riveli una bufala colossale. Lo scandalo è in atto e, qual che più conta, è definitivamente rotto ogni rapporto con la Santa Sede e le sue alte sfere, che non esitano in difesa di Boffo a parlare di attacco «sconsiderato e vergognoso», costringendo persino il Papa, Benedetto XVI in persona, a dichiarare appoggio e solidarietà al direttore de L’Avvenire.
La stampa estera poi non perde l’occasione per stigmatizzare il comportamento del nostro eroe, al punto che il prestigioso Times, a firma del professor James Walston, sente il dovere di commentare: «Stavolta il premier italiano ha esagerato, mordendo più di quello che poteva digerire: la Chiesa cattolica e una coalizione di giornali italiani e stranieri sono troppo anche per lo smisurato ego di Berlusconi». L'articolo ricostruisce gli ultimi sviluppi, la denuncia per diffamazione contro Repubblica e vari organi di stampa internazionali, l'attacco del Giornale di Feltri al direttore dell'Avvenire, le crescenti tensioni tra il Vaticano e il capo del governo, e i precedenti mesi di rivelazioni e polemiche, la richiesta di divorzio di Veronica Lario, le serate con veline ed escort a Villa Taverna e Palazzo Grazioli. In un mondo più semplice e diretto, Berlusconi avrebbe dovuto dimettersi già da tempo, afferma l'editorialista del Times. «Ma egli è la risposta dell'Europa al Chavez del Venezuela, un populista che alternativamente minaccia e seduce per conquistare il potere e smantellare ogni tipo di opposizione».
Analogo trattamento di sprezzante censura gli riserva la Repubblica per mano del suo direttore Ezio Mauro, accusato, - non si sa bene con quale nesso rispetto ai fatti di cui il Cavaliere è accusato, tranne quello probabile di diffamare l’avversario, - di essere un evasore fiscale al soldo di un editore svizzero, che il duro e puro presidente del consiglio di questa repubblica dei datteri (le banane sono frutto troppo nobile per lui!) ha deciso di citare in giudizio con riferimento alle ormai famose domande rivoltegli dal quotidiano e rimaste senza risposta.
Naturalmente al signor Mauro l’onere di dimostrare la falsità delle accuse del premier e ai cittadini l’onere di registrare una querelle degna del peggior mercato ortofrutticolo nella quale l’ex unto del Signore pare trovarsi a proprio agio.
La cosa sconcertante è il dover prendere atto della disperazione di un uomo che oltre alla dignità sembra aver perso persino il senso minimo della ragione, nella vana speranza che lo spargere letame in ogni dove come le mosche ai danni degli avversari possa in qualche modo fargli riguadagnare la fiducia e la simpatia di chi si era illuso che il voto concessogli potesse rappresentare una svolta per l’Italia verso un modernismo europeista e occidentale.
In verità con Berlusconi il paese ha sì subito una svolta, ma più che di svolta si è trattato di un’inversione a 180 gradi, con un ritorno ad una sorta di medio evo dei rapporti umani, delle regole civili e dei metodi di governo della cosa pubblica che nessuno avrebbe mai immaginato. Un uomo che ha asservito una stampa e una televisione già inclini al servilismo e che ha messo il bavaglio alle rare voci di dissenso, talvolta con veri e propri messaggi ricattatori e intimidatori. Un uomo che non ha esitato a piegare il parlamento affinché gli confezionasse leggi ad personam e salvacondotti contro le vere e le presunte malefatte. Un uomo che accecato dal potere e dall’ambizione ha creduto persino di poter distribuire impunemente seggi parlamentari a sgualdrine di professione e aspiranti tali. Un uomo al confronto del quale le sprezzanti efferatezze di Luigi XIV, quello che si personificava con lo stato, appaiono semplici marachelle se non addirittura virtù.
Non v’è dubbio alcuno che in qualunque paese democratico vero, non certo di quelli balcanici ai quali si ispira il personaggio, un elemento così sarebbe stato già da tempo rispedito a casa a furor di popolo. Nel caso italiano, come è stato dimostrato più volte dalla storia, per liberarci di questi ducetti in saldo di fine stagione abbiamo bisogno dello straniero, dell’indignazione dei vicini di casa che mal tollerano ai loro confini la presenza di un piccolo prepotente deciso a condizionare non solo la nostra esistenza ma anche le regole della cooperazione internazionale con minacce, davanti alle critiche, di bloccare persino i meccanismi di funzionamento dell’Unione Europea.
Davanti a questo spettacolo che travalica il senso dello squallore non c’è che da augurarsi una presa di coscienza dei cittadini, che si rendano finalmente conto che il buio in cui si è caduti con l’era Berlusconi è un tunnel da cui è indifferibile uscire per non restare soffocati.
(nella foto, Vittorio Feltri, direttore del il Giornale, e Dino Boffo, direttore de L'Avvenire)