domenica, novembre 12, 2006

Matti o coglioni: ha ragione Prodi o Berlusconi?












Sabato, 11 novembre 2006

Finalmente sappiamo di quale patologia soffriamo. Ce lo ha detto in maniera abbastanza chiara il presidente Prodi, oggi, rilasciando l’ennesima dichiarazioni in difesa della finanziaria attualmente in discussione alla Camera.
Siamo un paese di matti, di insani, di squilibrati perennemente alla ricerca dell’araba fenice del benessere senza sacrifici, recalcitranti ad ogni appello alla moderazione ed alla parsimonia. E la malattia è fortemente contagiosa, visto che non ha risparmiato neanche i suoi ministri che sono “pronti a condividere i tagli di spesa tranne che quella dei rispettivi dicasteri”, ha affermato lo stesso Prodi.
I matti sono loro”, tuona l’opposizione con Casini, La Russa e Bondi riferendosi alla compagine governativa “che sino ad ora non hanno fatto che cambiare idea sul contenuto della finanziaria: prima no all’aumento delle aliquote irpef, poi una revisione degli scaglioni impositivi. Prima sì all’esenzione dal bollo delle auto ecologiche, poi un aumento generalizzato per tutti. La verità è che se all’inizio eravamo all’improvvisazione, pian piano siamo scivolati nella farsa”.
Pensare che lo scontento diffuso in tutti gli strati sociali del Paese sia il frutto di una difesa degli interessi consolidati e di una incapacità di comprendere il disegno di questa Finanziaria – afferma il coordinatore di Forza Italia, Bondi, - significa o essere in malafede o essere completamente distaccato dalla realtà del Paese”.
Certo, l’accusa di impazzimento, ancorché irriverente quantomeno per quanti questo governo lo hanno votato anche con la speranza che alcuni provvedimenti bizzarri, per non dire dementi, della passata legislatura non si ripetessero più, è a dir poco suggestiva, visto che ciò che gli Italiani chiedono non è certo una riedizione di un improbabile bengodi, quanto una chiarezza ed una coerenza di obiettivi, che il governo Prodi ed i suoi boys non sembra ancora aver manifestato. Anzi ci pare proprio che la latitanza nella gestione di ciò che più volte abbiamo definito come le “emergenze del paese” – il lavoro giovanile, le storture del sistema pensionistico, la controriforma della giustizia, per citarne alcune – sono il chiaro sintomo di una tendenziale vocazione a tirare a campare, forse nella speranza che prima o poi magari qualcuno dei classici motori dell’economia europea, Francia o Germania, si rimetta a tirare coinvolgendoci in un ciclo virtuoso che ci farà dimenticare i problemi di casa nostra.
No, caro presidente, i matti non sono gli Italiani, che certamente non sono struzzi e per digerire cibi molto pesanti hanno certamente bisogno di forti dosi di bicarbonato somministrate da un medico non solo capace, ma anche credibile, ma la ciurma con la quale ha armato la sua nave, pronta a sbeffeggiarlo in piazza per rammentarle che ha il sonno eccessivamente pesante o comincia a manifestare un eccesso di distrazione, dato che per i 7 milioni di disoccupati o per i 3 milioni di para-occupati, o se preferisce, per i milioni di sfruttati a salari da terzo mondo e con tutele da cocaleros boliviani che ammorbano il nostro bel paese non è stato fatto assolutamente nulla, né si intravvede un aurora di luce.
Allora invece di riempirsi la bocca di paroloni e di improbabili promesse, e di tacciare di demenza chi la contesta rammentandole i suoi doveri minimali, anziché minacciare di restare imperterrito incollato alla sua sedia, se non si sente più supportato dal sostegno della maggioranza che lo ha votato, invece di svillaneggiare come va tristemente di moda, faccia come Cincinnato, abbia il coraggio di tornarsene a casa, nella sua Bologna, e si goda la ricca pensione e non ci annoi più con le sue prediche ipocrite ed i suoi discorsi populisti, ché il tempo delle chiacchiere catto-demagogiche è finito già da un bel pezzo e anche se guida una coalizione di centrosinistra non sarebbe meno irritante o più credibile che ci giuri anche lei sulla testa dei suoi figli circa la bontà delle sue intenzioni.
Gli Italiani vogliono vedere i fatti e le condizioni affinché detti fatti si possano rendere visibili ci sono tutte e se vuole che le si suggerisca un argomento con il quale lei può effettivamente dare il segnale palese della fine della ricreazione, per dirla eufemisticamente, cominci a riformare le pensioni dei suoi ministri e dei parlamentari, che godono di un trattamento scandaloso a totale carico del paese.
Forse, caro presidente, in fondo lei ha veramente ragione: nel chiederle di scalfire i privilegi della casta dei neo mandarini o di questa pseudo nobiltà, che tanto ricorda il periodo pre-rivoluzionario francese, effettivamente dimostriamo di essere quei matti che lei sospetta. Tuttavia, considerando che cosa da fare ne ha veramente tante, cominci con quelle utili sì da confermare a qualche milione di illusi di aver speso bene il proprio voto.
Stanti così le cose e visto che il corpo elettorale sembra che per i leader politici sia diventato il terminale di ogni sfogo ed insulto, non vorremmo che nel lungo si finisca per dover dare ragione a chi dava dei coglioni a coloro che avrebbero votato il Professore.

lunedì, novembre 06, 2006

La democrazia secondo Berlusconi


Lunedì, 6 novembre 2006

Dice un vecchio adagio che il lupo perde il pelo ma non il vizio. E nel caso del nostro ex presidente del consiglio Silvio Berlusconi, che per confermare quanto lui come personaggio sia uno contro ogni convenzione il pelo se lo è rimesso almeno sulla pelata, il vizio non verrà mai meno. E allora, da uomo di grande genio e di illimitate risorse cosa pensa di inventarsi per restare alla ribalta della cronaca se non l’ennesimo caso di scontro con Michele Santoro.
E sì, perché nel ciclo di Annozero, nuova trasmissione dell’apostata Santoro, ritornato in RAI dopo l’epurazione inflittagli dal democratico Berlusconi, del Cavaliere non si era ancora parlato e, a nostro avviso, a buon diritto, dato che di lui tutto si è detto, sino alla nausea.
Se non fosse che nel corso dell’ultima puntata della suddetta trasmissione, - quella del 2 novembre scorso, - il castigamatti Santoro ha la brillante idea di occuparsi del rinvio a giudizio del duo Mills-Berlusconi, in conseguenza delle false dichiarazioni rese dal primo nel corso di processi in cui era inquisito il secondo e delle presunte tangenti versate dal secondo al primo, per addomesticarne le dichiarazioni rese in tribunale.
Ovviamente il democratico Berlusconi, a cui certamente ancora brucia la reintegrazione di Santoro in RAI, dopo che lo stesso con pari atto di democrazia bulgara da quell’azienda era stato allontanato per diktat del democratico Cavaliere di Arcore, ha pensato bene rientrasse tra i suoi diritti – in verità illimitati e mai controbilanciati da barlumi di doveri – redarguire in diretta televisiva l’impenitente mentecatto che osava tirare in ballo il suo divino nome. Ed allora ha prontamente telefonato all’incauto conduttore per – dirà poi – potersi difendere dalle imprecisioni e dalle fandonie che nello studio RAI si stavano sostenendo sul suo conto e in sua assenza.
Ovviamente Santoro, - come d’altra parte aveva già fatto nel corso di qualche precedente trasmissione, in cui aveva negato, per esempio, a Loiero, presidente della Regione Calabria, analoga possibilità di intervento in occasione di una puntata dedicata alle losche connessioni tra ‘ndraggheta e politica, - si è rifiutato di mettere in onda la telefonata dell’Unto dal Signore, osservando che questi interventi avrebbero creato un sostanziale snaturamento del programma stesso.
E’ a questo punto che il presidente operaio, - ma anche tant’altro, che a far l’elenco non basterebbero parecchi volumi della mitica Treccani – pensa bene che l’onta, non si sa ancora se per le presunte fandonie asserite in assenza di un suo contraddittorio o per essere stato opposto un rifiuto, garbato ma netto, alla sua divina istanza, debba essere lavata ad ogni costo. E così subissa di chiamate al cellulare Petruccioli, presidente RAI, al quale fa appello affinché si proceda senza alcuna pietà nei confronti dell’arrogante Santoro.
Naturalmente, c’è da credere che visto che dall’Elba dove era stato confinato la prima volta, Santoro in questa occasione, e data la gravità del reato di lesa maestà, venga segregato in quel di Sant’Elena, da dove ogni fuga gli sarà più facilmente preclusa. Consigliamo quale pena accessoria l’asportazione della lingua, chissà dovesse mai potersi rocambolescamente impossessare di un telefonino e comunicare calunniose contumelie da oltre oceano, e l’amputazione delle dita, che non è mai possibile prevedere se il protervo denigratore, magari con un qualche computer, possa tentare di perseverare nel reiterare i suoi gravissimi reati con l’ausilio di internet.
Come appare evidente anche ai più imparziali osservatori delle ridicole vicende di questo paese in cui si è perso il senso del limite e del rossore, la querelle potrebbe farsi rientrare nello zibaldone delle sciocchezze a cui ci ha reso avvezzi l’Arrogante di Arcore, se non fosse che l’episodio non può catalogarsi sbrigativamente nelle intemperanze da delirio di onnipotenza tipiche di Berlusconi, ma rientra piuttosto nella strategia della tensione messa in opera dal lontano ’94 dal predetto e dalle sue scaltre armate, per manipolare il consenso dei tanti boccaloni che credono ciecamente nell’incessante martirio cui è sottoposto questo prototipo di uomo senza macchia, fattosi da solo e collettore di tutte le invidie che la bassezza umana può ispirare.
E sì, perché mentre il mondo malvagio incarnato dalle vicende di tangentopoli corrodeva il paese e minava le basi stesse della civile convivenza, il Berlusconi stava a guardare e si turava il naso, sgomento e nauseato di ciò che la politica e l’imprenditoria accattona, - come ebbe a definire D’Alema un certo capitalismo nazionale, - trafficavano a guisa di squallidi spacciatori, scambiandosi bustone invece delle classiche bustine. Lui lo ha ripetuto innumerevoli volte: non c’entrava nulla e nulla d’illecito ha mai fatto. Le storie della All Iberian, del Lodo Mondatori e quant’altro si sia tentato di accollargli sono esclusivamente il frutto del malanimo di chi, per anni e motivi abietti, lo ha perseguitato; lui, incapace di fare male ad una mosca, tranne che a Santoro ed a qualche screanzato, che come questo pennaiolo, si è permesso di mettere in discussione le sue qualità divine o, peggio, ha osato inoculare il sospetto che sulla sua persona potessero gravare macchie di una qualche natura.
Così invece di difendersi nelle sedi deputate, come sarebbe toccato ad un qualsiasi cittadino di questo triste paese, il Nostro è sceso in campo con la corazzata Mediaset, con i giornali di proprietà dei parenti e uno sciame di politicanti da bar sport, disposti anche a subire la berlina nel goffo tentativo di far credere che Cristo morì di freddo e non per essere stato crocefisso, pur di potersi riguadagnare una visibilità e un posto al sole.
E dove i lacchè non hanno potuto, è direttamente intervenuto con piglio da guappo, impedendo a personaggi di spicco della cultura italiana di continuare il loro lavoro di onesti servitori dell’informazione, di cui Enzo Biagi non può non essere considerato un esponente tra i più significativi.
Che poi vittime delle sue democratiche purghe siano risultati anche Santoro, Luzzatti e la Guzzanti, giusto per fare qualche nome, è fatto del tutto casuale, dato che il lassativo non è mai selettivo.
Tuttavia, abbiamo motivo di ritenere che il Cavaliere nel perseverare in questo atteggiamento di perseguitato stia commettendo un gravissimo errore, che nel medio termine è molto probabile non mancherà di rivelare i suoi effetti perversi.
Dimentica infatti il Cavaliere che anni di durissimi attacchi al manipolo di sconsiderati in toga che avevano osato infastidire il potere politico ed economico, con indagini interminabili, qualche morto per la vergogna, qualche arresto eccellente, ma pochi risultati sul piano del risanamento morale del paese, avevano sì prodotto nella pubblica opinione una certa deprecabile stanchezza, in virtù della quale si determinò un lento capovolgimento di fronte, al punto da suscitare una certa compassione per i Pomicino, Gava, Forlani Craxi e chi più ne ha più ne metta. Ed il frutto di quel capovolgimento di fronte non fu che l’abbandono delle barricate di coloro che combattevano tangentisti e corrotti per il campo dei “poveri” perseguitati dall’ingiusta giustizia.
In altri termini il tirare la corda non è mai stata una pratica pagante, e che il Cavaliere, quantunque graziato dalle prescrizioni, ed i suoi indefessi sodali, ormai a distanza di anni, continuino a sciorinare la stomachevole litania del complotto, dell’attentato politico e altrettanto suggestive sciocchezze, o reclamino misure esemplari ai danni di coloro che lo criticano, ogni qual volta si commenti qualche di lui marachella, ci pare sottovaluti l’eventualità che il popolo presto o tardi si stanchi di questa farsa e lo molli al suo destino. E se quest’ipotesi non lo convincesse, forse farebbe bene a rovistare nella sua ricca cineteca e ripassare qualche filmato storico sui deliranti discorsi di un signore in fez da un balcone di piazza Venezia e il clamore di folla cui gli stessi trovavano teatro, seguiti dal tragico epilogo di piazzale Loreto a Milano.
Non ci resta che augurarci un improvviso rinsavimento delle parti in causa, che ponga fine a questo squallido sistema di far politica e di difesa del proprio interesse per il quale, noi che ci muoviamo all’estero da normali cittadini e non da reliquie protette sotto la campana di vetro, molto spesso siamo costretti a provare vergogna per le irriverenti storielline che si raccontano sul nostro paese.
Dunque, che si lasci lavora Santoro e quanti come lui operano nel campo dell’informazione con impegno e dedizione, e si ricorra ai tribunali quando si ha il legittimo sospetto che ci si stia calunniando o si stiano sostenendo tesi che in qualche modo possano ledere i nostri sacrosanti diritti. Non si cerchino invece scorciatoie profittando di rendite di posizione, specialmente per farsi arrogantemente giustizia da sé o, peggio, mistificare la realtà dei fatti.
Come ultima notazione, non vorremmo che il maldestro richiamo al metodo del materialismo storico a proposito degli eventi che prima o poi si ripetono ci attribuisse la patente di comunisti che il Cavaliere è solito rilasciare a coloro che rifiutano di integrarsi nel coro.