lunedì, novembre 06, 2006

La democrazia secondo Berlusconi


Lunedì, 6 novembre 2006

Dice un vecchio adagio che il lupo perde il pelo ma non il vizio. E nel caso del nostro ex presidente del consiglio Silvio Berlusconi, che per confermare quanto lui come personaggio sia uno contro ogni convenzione il pelo se lo è rimesso almeno sulla pelata, il vizio non verrà mai meno. E allora, da uomo di grande genio e di illimitate risorse cosa pensa di inventarsi per restare alla ribalta della cronaca se non l’ennesimo caso di scontro con Michele Santoro.
E sì, perché nel ciclo di Annozero, nuova trasmissione dell’apostata Santoro, ritornato in RAI dopo l’epurazione inflittagli dal democratico Berlusconi, del Cavaliere non si era ancora parlato e, a nostro avviso, a buon diritto, dato che di lui tutto si è detto, sino alla nausea.
Se non fosse che nel corso dell’ultima puntata della suddetta trasmissione, - quella del 2 novembre scorso, - il castigamatti Santoro ha la brillante idea di occuparsi del rinvio a giudizio del duo Mills-Berlusconi, in conseguenza delle false dichiarazioni rese dal primo nel corso di processi in cui era inquisito il secondo e delle presunte tangenti versate dal secondo al primo, per addomesticarne le dichiarazioni rese in tribunale.
Ovviamente il democratico Berlusconi, a cui certamente ancora brucia la reintegrazione di Santoro in RAI, dopo che lo stesso con pari atto di democrazia bulgara da quell’azienda era stato allontanato per diktat del democratico Cavaliere di Arcore, ha pensato bene rientrasse tra i suoi diritti – in verità illimitati e mai controbilanciati da barlumi di doveri – redarguire in diretta televisiva l’impenitente mentecatto che osava tirare in ballo il suo divino nome. Ed allora ha prontamente telefonato all’incauto conduttore per – dirà poi – potersi difendere dalle imprecisioni e dalle fandonie che nello studio RAI si stavano sostenendo sul suo conto e in sua assenza.
Ovviamente Santoro, - come d’altra parte aveva già fatto nel corso di qualche precedente trasmissione, in cui aveva negato, per esempio, a Loiero, presidente della Regione Calabria, analoga possibilità di intervento in occasione di una puntata dedicata alle losche connessioni tra ‘ndraggheta e politica, - si è rifiutato di mettere in onda la telefonata dell’Unto dal Signore, osservando che questi interventi avrebbero creato un sostanziale snaturamento del programma stesso.
E’ a questo punto che il presidente operaio, - ma anche tant’altro, che a far l’elenco non basterebbero parecchi volumi della mitica Treccani – pensa bene che l’onta, non si sa ancora se per le presunte fandonie asserite in assenza di un suo contraddittorio o per essere stato opposto un rifiuto, garbato ma netto, alla sua divina istanza, debba essere lavata ad ogni costo. E così subissa di chiamate al cellulare Petruccioli, presidente RAI, al quale fa appello affinché si proceda senza alcuna pietà nei confronti dell’arrogante Santoro.
Naturalmente, c’è da credere che visto che dall’Elba dove era stato confinato la prima volta, Santoro in questa occasione, e data la gravità del reato di lesa maestà, venga segregato in quel di Sant’Elena, da dove ogni fuga gli sarà più facilmente preclusa. Consigliamo quale pena accessoria l’asportazione della lingua, chissà dovesse mai potersi rocambolescamente impossessare di un telefonino e comunicare calunniose contumelie da oltre oceano, e l’amputazione delle dita, che non è mai possibile prevedere se il protervo denigratore, magari con un qualche computer, possa tentare di perseverare nel reiterare i suoi gravissimi reati con l’ausilio di internet.
Come appare evidente anche ai più imparziali osservatori delle ridicole vicende di questo paese in cui si è perso il senso del limite e del rossore, la querelle potrebbe farsi rientrare nello zibaldone delle sciocchezze a cui ci ha reso avvezzi l’Arrogante di Arcore, se non fosse che l’episodio non può catalogarsi sbrigativamente nelle intemperanze da delirio di onnipotenza tipiche di Berlusconi, ma rientra piuttosto nella strategia della tensione messa in opera dal lontano ’94 dal predetto e dalle sue scaltre armate, per manipolare il consenso dei tanti boccaloni che credono ciecamente nell’incessante martirio cui è sottoposto questo prototipo di uomo senza macchia, fattosi da solo e collettore di tutte le invidie che la bassezza umana può ispirare.
E sì, perché mentre il mondo malvagio incarnato dalle vicende di tangentopoli corrodeva il paese e minava le basi stesse della civile convivenza, il Berlusconi stava a guardare e si turava il naso, sgomento e nauseato di ciò che la politica e l’imprenditoria accattona, - come ebbe a definire D’Alema un certo capitalismo nazionale, - trafficavano a guisa di squallidi spacciatori, scambiandosi bustone invece delle classiche bustine. Lui lo ha ripetuto innumerevoli volte: non c’entrava nulla e nulla d’illecito ha mai fatto. Le storie della All Iberian, del Lodo Mondatori e quant’altro si sia tentato di accollargli sono esclusivamente il frutto del malanimo di chi, per anni e motivi abietti, lo ha perseguitato; lui, incapace di fare male ad una mosca, tranne che a Santoro ed a qualche screanzato, che come questo pennaiolo, si è permesso di mettere in discussione le sue qualità divine o, peggio, ha osato inoculare il sospetto che sulla sua persona potessero gravare macchie di una qualche natura.
Così invece di difendersi nelle sedi deputate, come sarebbe toccato ad un qualsiasi cittadino di questo triste paese, il Nostro è sceso in campo con la corazzata Mediaset, con i giornali di proprietà dei parenti e uno sciame di politicanti da bar sport, disposti anche a subire la berlina nel goffo tentativo di far credere che Cristo morì di freddo e non per essere stato crocefisso, pur di potersi riguadagnare una visibilità e un posto al sole.
E dove i lacchè non hanno potuto, è direttamente intervenuto con piglio da guappo, impedendo a personaggi di spicco della cultura italiana di continuare il loro lavoro di onesti servitori dell’informazione, di cui Enzo Biagi non può non essere considerato un esponente tra i più significativi.
Che poi vittime delle sue democratiche purghe siano risultati anche Santoro, Luzzatti e la Guzzanti, giusto per fare qualche nome, è fatto del tutto casuale, dato che il lassativo non è mai selettivo.
Tuttavia, abbiamo motivo di ritenere che il Cavaliere nel perseverare in questo atteggiamento di perseguitato stia commettendo un gravissimo errore, che nel medio termine è molto probabile non mancherà di rivelare i suoi effetti perversi.
Dimentica infatti il Cavaliere che anni di durissimi attacchi al manipolo di sconsiderati in toga che avevano osato infastidire il potere politico ed economico, con indagini interminabili, qualche morto per la vergogna, qualche arresto eccellente, ma pochi risultati sul piano del risanamento morale del paese, avevano sì prodotto nella pubblica opinione una certa deprecabile stanchezza, in virtù della quale si determinò un lento capovolgimento di fronte, al punto da suscitare una certa compassione per i Pomicino, Gava, Forlani Craxi e chi più ne ha più ne metta. Ed il frutto di quel capovolgimento di fronte non fu che l’abbandono delle barricate di coloro che combattevano tangentisti e corrotti per il campo dei “poveri” perseguitati dall’ingiusta giustizia.
In altri termini il tirare la corda non è mai stata una pratica pagante, e che il Cavaliere, quantunque graziato dalle prescrizioni, ed i suoi indefessi sodali, ormai a distanza di anni, continuino a sciorinare la stomachevole litania del complotto, dell’attentato politico e altrettanto suggestive sciocchezze, o reclamino misure esemplari ai danni di coloro che lo criticano, ogni qual volta si commenti qualche di lui marachella, ci pare sottovaluti l’eventualità che il popolo presto o tardi si stanchi di questa farsa e lo molli al suo destino. E se quest’ipotesi non lo convincesse, forse farebbe bene a rovistare nella sua ricca cineteca e ripassare qualche filmato storico sui deliranti discorsi di un signore in fez da un balcone di piazza Venezia e il clamore di folla cui gli stessi trovavano teatro, seguiti dal tragico epilogo di piazzale Loreto a Milano.
Non ci resta che augurarci un improvviso rinsavimento delle parti in causa, che ponga fine a questo squallido sistema di far politica e di difesa del proprio interesse per il quale, noi che ci muoviamo all’estero da normali cittadini e non da reliquie protette sotto la campana di vetro, molto spesso siamo costretti a provare vergogna per le irriverenti storielline che si raccontano sul nostro paese.
Dunque, che si lasci lavora Santoro e quanti come lui operano nel campo dell’informazione con impegno e dedizione, e si ricorra ai tribunali quando si ha il legittimo sospetto che ci si stia calunniando o si stiano sostenendo tesi che in qualche modo possano ledere i nostri sacrosanti diritti. Non si cerchino invece scorciatoie profittando di rendite di posizione, specialmente per farsi arrogantemente giustizia da sé o, peggio, mistificare la realtà dei fatti.
Come ultima notazione, non vorremmo che il maldestro richiamo al metodo del materialismo storico a proposito degli eventi che prima o poi si ripetono ci attribuisse la patente di comunisti che il Cavaliere è solito rilasciare a coloro che rifiutano di integrarsi nel coro.

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