giovedì, agosto 27, 2015

Berlusconismo e antiberlusconismo secondo Renzi

Lectio magistralis del premier sul ventennio berlusconiano – Applausi a scena aperta per le sue suggestive teorie sul significato storico di berlusconismo e antiberlusconismo – Quando ci si abbandona alla demagogia parlando alla pancia di chi ascolta



Giovedì, 27 agosto 2015
Sarà una tendenza dell’uomo quella di tentare d’oltrepassare i limiti, spinto dalla voglia di eccellere, di primeggiare, di ricavarsi un posto nella storia rispetto ai suoi simili molto spesso adagiati su di una “normalità” priva di ogni ambizione. E se questa voglia d’emergere è positiva e contribuisce di certo al progresso dell’umanità intera, quando i limiti sono rappresentati dalle conoscenze scientifiche e tecnologiche, c’è un aspetto del limite che riguarda più direttamente alcune manifestazioni del sociale, dell’essere individuale e della manifestazione di sé, che se superato non sempre acquisisce valore positivo. Anzi, in tanti casi, quando si parla di educazione, di linguaggio, di ricostruzione storica della verità, superare il limite significa stravolgere per finalità meschine e abiette il senso delle cose.
A questo esercizio a quanto pare non riesce a sottrarsi il nostro presidente del Consiglio, che recentemente, davanti ad una platea ottusa e obnubilata dalla demagogia da marciapiede, non ha esitato a dichiarare che l’Italia è stata vittima di un ventennio di berlusconismo e antiberlusconismo improduttivo, che l’hanno ridotta in miseria e ne hanno determinato una stasi profonda.
Che il berlusconismo abbia rappresentato un periodo oscurantistico del paese, in cui si è assistito alla distruzione di moltissimi valori positivi della nostra cultura e dell’etica, non vi è dubbio alcuno. Le leggi ad personam, le attività predatorie avallate da una gestione del potere clientelare e affaristica, l’illegalità cancellata con provvedimenti a dir poco indecenti, il mercato dei rappresentanti della politica, i festini hard core ostentati nelle serre del potere e, non ultimo, l’assassinio della democrazia rappresentato dai nominati tramite una legge elettorale criminale, sono certamente alcuni dei più eclatanti esempi di una devianza patologica dell’esercizio della politica. Ma mettere sullo stesso piano l’antiberlusconismo, cioè la lotta contro questi abusi da parte di una minoranza restia ad omologarsi alla deriva della legalità, francamente ci pare un paradosso blasfemo e indecente, frutto o di grassa ignoranza o di una volontà mistificatrice indegna del rispetto di chi ha messo persino in gioco sé stesso e la propria posizione pur di rimanere un baluardo d’indipendenza e difesa della libertà democratica.
Così se gli editti bulgari nei confronti di Enzo Biagi o di Michele Santoro o il maleducato sarcasmo verso Marco Travaglio sono da considerare sintomi di un nefasto antiberlusconismo, coautori di un epilogo sfascista del paese, dal nostro punto di vista non possiamo non tacciare di idiozia endemica o afflitto da sintomi di demagogia fruttaiola negazionista, tesa ad allargare la schiera dei cortigiani nei diversi versanti a fini squallidamente elettoralistici chi nega queste evidenze e confina le reazioni a deleterie manifestazioni di sterile opposizione.
Così accumunare un Cesare Previti a Giuliano Pisapia, per restare in tema di avvocati, o pretendere di mettere nel pentolone Antonio Razzi e Antonio Di Pietro, nonostante i due possano avere comuni difficoltà d’eloquio, equivale a mescolare il diavolo e l’acqua santa, con evidente torto marcio di ogni evidenza.
Scrive Di Pietro sulle pagine de il Fatto Quotidiano: «Dire che berlusconismo e antiberlusconismo sono uguali rappresenta un’offesa alla storia degli ultimi vent’anni, ma soprattutto a chi ha dato la vita per difendere la legalità in un momento difficile. Non ho ancora capito se il presidente del Consiglio ci fa o ci è: se è molto presuntuoso, oppure risponde a gruppi di potere che l’hanno messo a Palazzo Chigi. Queste sue dichiarazioni non mi sembrano neppure dettate da strategia politica. Semplicemente, le fa perché pensa di poter dire tutto ciò che vuole. Devo dire però che la cosa da cui sono più amareggiato sono le folle plaudenti, tutti quelli che gli battono le mani quando dice cose di questo genere. Io per le battaglie che ho fatto contro Berlusconi e per la legalità sono stato avversato in ogni modo. Ma si sa, in questo paese la tendenza a leccare il culo è antica, è molto diffusa».
Le dichiarazione dell’ex fondatore di Italia dei Valori appaiono inappuntabili, a prescindere dal consenso o dal dissenso che possa ispirare Di Pietro politico. E le affermazioni di Matteo Renzi in questo quadro di riesumazione storica non possono che valutarsi alla luce della baldanzosa spacconeria con la quale ha abituato il suo pubblico a sentir sentenziare in modo sommario e velenoso nei confronti degli avversari, del dissenso e di quanto, per le sue ambizioni di rappresentarsi come il rottamatore virtuoso, possa costituire ostacolo.
Ma ormai è noto a tutti. Il personaggio dimostra ogni giorno che passa di essere un arrogantello alla ricerca di argomenti con i quali ipnotizzare le masse per conservare il potere conquistato non senza inganni. E se questa disperata battaglia per il potere impone di sparare panzane, promettere lune, raccontare frottole o stravolgere persino il significato della storia, non ha importanza, tanto come insegna Il Principe il popolo è bue e vuole che si parli alla pancia, non al cervello.   

domenica, agosto 23, 2015

“Io non sapevo”, “Io non c’ero e se c’ero dormivo”, ovvero il paese delle farse.



Muore Vittorio Casamonica, eminente mafioso con un impero nella capitale – Funerali in pompa magna con sfilata di carrozze borboniche e rombanti Ferrari – Scoppia la polemica politica, mentre la sicurezza del paese Italia mostra incredibili falle – Ovviamente nessuno sapeva.

Domenica, 23 agosto 2015
«Una strumentalizzazione chiassosa e volgare di un gesto di elementare pietà umana e cristiana». Così scrive l’Osservatore Romano a proposito dei funerali in pompa magna di Vittorio Casamonica, che hanno sollevato un vespaio di polemiche interminabili e che coinvolgono la politica, gli apparati burocratici delle istituzioni romane organi dello stato preposti alla gestione della sicurezza del Paese.
E che di strumentalizzazione si tratti non c’è dubbio alcuno, sebbene alla base delle polemiche vi siano inquietanti aspetti di sicurezza nazionale frutto di gravissime sviste e omissioni di parecchi corpi di pubblica sicurezza e dell’intelligence.
Sì, perché al di là della farsa cinematografica di un funerale con tanto di cocchio, pariglie di cavalli frisoni o murgesi, becchini rigorosamente in nero con livrea e cilindro e banda musicale, diretta da un ex carabiniere, impegnata ad eseguire brani tratti dalla colonna sonora del mitico The Godfather, ciò che preoccupa primariamente è che un velivolo si sia alzato in volo da Terzigno, nei pressi di Napoli, per aspergere di petali di rosa in volo radente il corteo funebre, senza alcuna autorizzazione da parte delle autorità preposte alla sicurezza e senza che queste, - perfettamente a conoscenza delle deviazioni rispetto al piano di volo autorizzato dall’ENAV che il pilota del velivolo stava compiendo sui cieli di Roma, - siano intervenute o abbiano fatto scattare l’allarme agli intercettori, com’è previsto in questi casi.
Che queste considerazioni non siano esagerate dipende proprio dai piani per la sicurezza nazionale messi in campo non solo quali misure di prevenzione di azioni terroristiche così tragicamente di moda dal famigerato 11 settembre del 2001, ma dalle innumerevoli minacce scagliate dall’ISIS al Vaticano anche in coincidenza con il Giubileo annunciato da Papa Francesco.
Se quel velivolo alzatosi in volo per disseminare petali di rosa sul corteo funebre di un mafioso conclamato fosse stato impiegato per sganciare un ordigno  su San Pietro o su uno qualsiasi dei palazzi delle istituzioni? Quali sono in concreto le misure di prevenzione messe in atto dai nostri governanti? Come si prevede di tutelare nei fatti e non solo a chiacchere l’incolumità dei cittadini di fronte ad un attacco sconsiderato di oscure forze terroristiche? Dov’erano Angelino Alfano, ministro dell’Interno, Roberta Pinotti, ministro della Difesa, Giampiero Massolo, plenipotenziario del Dipartimento Informazioni per la Sicurezza, Franco Gabrielli, prefetto di Roma e lo stesso Matteo Renzi, giusto per indicare alcuni dei nomi ai vertici della sicurezza del Paese? Toccherà a costoro fornire ai cittadini giustificazioni più plausibili sull’assenza totale di delle azioni di intervento tempestivo che avrebbero dovuto inibire ad un velivolo qualsiasi di sorvolare la città violando il piano di volo, ridicolizzando le tanto decantate misure antiterrorismo sbandierate e così mettendo l’Italia alla berlina del mondo non solo per la squallida sequela di eventi messi in atto per onorare un delinquente dell’onorata società passato, forse tardivamente, a render conto a Dio dei suoi innumerevoli peccati.
Adesso, com’è tradizione della meschina politica nostrana, non può escludersi cada qualche testa di secondo o terzo calibro, la testa di qualche modesto funzionario di servizio in quelle ore su cui scaricare l’inefficienza dei pescecani ai vertici della sicurezza e delle istituzioni. Sono film che abbiamo già visto mille volte: dall’arresto con tanto di espulsione della kazaka Alma Shalabayeva con figlia di sei anni, incolpevole moglie del dissidente Mukhtar Ablyazov, consegnata ai servizi segreti del  dittatore Nursultan Nazarbayev, alla morte del tifoso Ciro Esposito, ucciso poco prima di una finale calcistica – solo per citare qualche esempio recente.
Sul versante della sceneggiata vera e propria che ha rappresentato il funerale, è doveroso ricordare chi fosse Vittorio Casamonica, la cui famiglia ha rappresentato – e forse ancora rappresenta – uno dei centri del potere malavitoso della capitale.
La famiglia Casamonica, infatti, ha le mani in pasta in svariati settori del malaffare: dal traffico di stupefacenti nei paesi dell’UE alla speculazione edilizia e immobiliare, dalla gestione di locali pubblici e stabilimenti balneari all’usura. Il curriculum familiare è zeppo di reati contro il patrimonio, con alleanze con la banda della Magliana al fiancheggiamento di Carminati e Buzzi nella gestione delle attività speculative sugli immigrati e la vendita di servizi al Comune di Roma e la Regione Lazio. L’attività malavitosa della famiglia era talmente ramificata e diversificata da aver suggerito di impostare vere e proprie iniziative di factoring sui crediti insoluti, così da portare a casa i contanti e lasciare a terzi l’onere della riscossione forzosa dei prestiti ad usura non onorati. Il patrimonio realizzato con queste attività è lungi dall’essere stato completamente quantificato: negli anni recenti la famiglia è stata colpita da numerosi provvedimenti di sequestro e confisca di beni per svariati milioni di euro, fra le quali quattordici lussuosissime ville con piscina ed auto di prestigiose marche, come Ferrari, Porsche, Rolls Royce ed Aston Martin. Ciononostante, il prestigio della famiglia nell’ambito della malavita sembra essere rimasto inalterato ed ancora oggi sembra rappresentare un cardine di rilievo nel governo di certi equilibri politici ed economici della capitale. Insomma, come si sarebbe potuto negare ad un “mammasantissima” un esequie con i fiocchi o, se si vuole, con i petali di rosa?