“Io non sapevo”, “Io non c’ero e se c’ero dormivo”, ovvero il paese delle farse.
Muore Vittorio Casamonica, eminente mafioso con un impero
nella capitale – Funerali in pompa magna con sfilata di carrozze borboniche e
rombanti Ferrari – Scoppia la polemica politica, mentre la sicurezza del paese
Italia mostra incredibili falle – Ovviamente nessuno sapeva.
Domenica, 23 agosto
2015
«Una
strumentalizzazione chiassosa e volgare di un gesto di elementare pietà umana e
cristiana». Così scrive l’Osservatore
Romano a proposito dei funerali in pompa magna di Vittorio Casamonica, che
hanno sollevato un vespaio di polemiche interminabili e che coinvolgono la
politica, gli apparati burocratici delle istituzioni romane organi dello stato
preposti alla gestione della sicurezza del Paese.
E che di strumentalizzazione si tratti non c’è dubbio
alcuno, sebbene alla base delle polemiche vi siano inquietanti aspetti di
sicurezza nazionale frutto di gravissime sviste e omissioni di parecchi corpi
di pubblica sicurezza e dell’intelligence.
Sì, perché al di là della farsa cinematografica di un
funerale con tanto di cocchio, pariglie di cavalli frisoni o murgesi, becchini
rigorosamente in nero con livrea e cilindro e banda musicale, diretta da un ex
carabiniere, impegnata ad eseguire brani tratti dalla colonna sonora del mitico
The Godfather, ciò che preoccupa
primariamente è che un velivolo si sia alzato in volo da Terzigno, nei pressi
di Napoli, per aspergere di petali di rosa in volo radente il corteo funebre,
senza alcuna autorizzazione da parte delle autorità preposte alla sicurezza e
senza che queste, - perfettamente a conoscenza delle deviazioni rispetto al
piano di volo autorizzato dall’ENAV che il pilota del velivolo stava compiendo
sui cieli di Roma, - siano intervenute o abbiano fatto scattare l’allarme agli
intercettori, com’è previsto in questi casi.
Che queste considerazioni non siano esagerate dipende
proprio dai piani per la sicurezza nazionale messi in campo non solo quali
misure di prevenzione di azioni terroristiche così tragicamente di moda dal
famigerato 11 settembre del 2001, ma dalle innumerevoli minacce scagliate dall’ISIS
al Vaticano anche in coincidenza con il Giubileo annunciato da Papa Francesco.
Se quel velivolo alzatosi in volo per disseminare petali di
rosa sul corteo funebre di un mafioso conclamato fosse stato impiegato per sganciare
un ordigno su San Pietro o su uno
qualsiasi dei palazzi delle istituzioni? Quali sono in concreto le misure di
prevenzione messe in atto dai nostri governanti? Come si prevede di tutelare
nei fatti e non solo a chiacchere l’incolumità dei cittadini di fronte ad un
attacco sconsiderato di oscure forze terroristiche? Dov’erano Angelino Alfano, ministro
dell’Interno, Roberta Pinotti, ministro della Difesa, Giampiero Massolo,
plenipotenziario del Dipartimento Informazioni per la Sicurezza, Franco
Gabrielli, prefetto di Roma e lo stesso Matteo Renzi, giusto per indicare
alcuni dei nomi ai vertici della sicurezza del Paese? Toccherà a costoro
fornire ai cittadini giustificazioni più plausibili sull’assenza totale di delle
azioni di intervento tempestivo che avrebbero dovuto inibire ad un velivolo
qualsiasi di sorvolare la città violando il piano di volo, ridicolizzando le
tanto decantate misure antiterrorismo sbandierate e così mettendo l’Italia alla
berlina del mondo non solo per la squallida sequela di eventi messi in atto per
onorare un delinquente dell’onorata società passato, forse tardivamente, a
render conto a Dio dei suoi innumerevoli peccati.
Adesso, com’è tradizione della meschina politica nostrana,
non può escludersi cada qualche testa di secondo o terzo calibro, la testa di
qualche modesto funzionario di servizio in quelle ore su cui scaricare l’inefficienza
dei pescecani ai vertici della sicurezza e delle istituzioni. Sono film che
abbiamo già visto mille volte: dall’arresto con tanto di espulsione della
kazaka Alma Shalabayeva con figlia di sei anni, incolpevole moglie del
dissidente Mukhtar Ablyazov, consegnata ai servizi segreti del dittatore Nursultan Nazarbayev, alla morte del
tifoso Ciro Esposito, ucciso poco prima di una finale calcistica – solo per
citare qualche esempio recente.
Sul versante della sceneggiata vera e propria che ha
rappresentato il funerale, è doveroso ricordare chi fosse Vittorio Casamonica,
la cui famiglia ha rappresentato – e forse ancora rappresenta – uno dei centri
del potere malavitoso della capitale.
La famiglia Casamonica, infatti, ha le mani in pasta in
svariati settori del malaffare: dal traffico di stupefacenti nei paesi dell’UE
alla speculazione edilizia e immobiliare, dalla gestione di locali pubblici e
stabilimenti balneari all’usura. Il curriculum familiare è zeppo di reati
contro il patrimonio, con alleanze con la banda della Magliana al
fiancheggiamento di Carminati e Buzzi nella gestione delle attività speculative
sugli immigrati e la vendita di servizi al Comune di Roma e la Regione Lazio. L’attività
malavitosa della famiglia era talmente ramificata e diversificata da aver
suggerito di impostare vere e proprie iniziative di factoring sui crediti insoluti, così da portare a casa i contanti e
lasciare a terzi l’onere della riscossione forzosa dei prestiti ad usura non
onorati. Il patrimonio realizzato con queste attività è lungi dall’essere stato
completamente quantificato: negli anni recenti la famiglia è stata colpita da
numerosi provvedimenti di sequestro e confisca di beni per svariati milioni di
euro, fra le quali quattordici lussuosissime ville con piscina ed auto di prestigiose
marche, come Ferrari, Porsche, Rolls Royce ed Aston Martin. Ciononostante, il prestigio
della famiglia nell’ambito della malavita sembra essere rimasto inalterato ed
ancora oggi sembra rappresentare un cardine di rilievo nel governo di certi
equilibri politici ed economici della capitale. Insomma, come si sarebbe potuto
negare ad un “mammasantissima” un esequie con i fiocchi o, se si vuole, con i
petali di rosa?
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