domenica, agosto 23, 2015

“Io non sapevo”, “Io non c’ero e se c’ero dormivo”, ovvero il paese delle farse.



Muore Vittorio Casamonica, eminente mafioso con un impero nella capitale – Funerali in pompa magna con sfilata di carrozze borboniche e rombanti Ferrari – Scoppia la polemica politica, mentre la sicurezza del paese Italia mostra incredibili falle – Ovviamente nessuno sapeva.

Domenica, 23 agosto 2015
«Una strumentalizzazione chiassosa e volgare di un gesto di elementare pietà umana e cristiana». Così scrive l’Osservatore Romano a proposito dei funerali in pompa magna di Vittorio Casamonica, che hanno sollevato un vespaio di polemiche interminabili e che coinvolgono la politica, gli apparati burocratici delle istituzioni romane organi dello stato preposti alla gestione della sicurezza del Paese.
E che di strumentalizzazione si tratti non c’è dubbio alcuno, sebbene alla base delle polemiche vi siano inquietanti aspetti di sicurezza nazionale frutto di gravissime sviste e omissioni di parecchi corpi di pubblica sicurezza e dell’intelligence.
Sì, perché al di là della farsa cinematografica di un funerale con tanto di cocchio, pariglie di cavalli frisoni o murgesi, becchini rigorosamente in nero con livrea e cilindro e banda musicale, diretta da un ex carabiniere, impegnata ad eseguire brani tratti dalla colonna sonora del mitico The Godfather, ciò che preoccupa primariamente è che un velivolo si sia alzato in volo da Terzigno, nei pressi di Napoli, per aspergere di petali di rosa in volo radente il corteo funebre, senza alcuna autorizzazione da parte delle autorità preposte alla sicurezza e senza che queste, - perfettamente a conoscenza delle deviazioni rispetto al piano di volo autorizzato dall’ENAV che il pilota del velivolo stava compiendo sui cieli di Roma, - siano intervenute o abbiano fatto scattare l’allarme agli intercettori, com’è previsto in questi casi.
Che queste considerazioni non siano esagerate dipende proprio dai piani per la sicurezza nazionale messi in campo non solo quali misure di prevenzione di azioni terroristiche così tragicamente di moda dal famigerato 11 settembre del 2001, ma dalle innumerevoli minacce scagliate dall’ISIS al Vaticano anche in coincidenza con il Giubileo annunciato da Papa Francesco.
Se quel velivolo alzatosi in volo per disseminare petali di rosa sul corteo funebre di un mafioso conclamato fosse stato impiegato per sganciare un ordigno  su San Pietro o su uno qualsiasi dei palazzi delle istituzioni? Quali sono in concreto le misure di prevenzione messe in atto dai nostri governanti? Come si prevede di tutelare nei fatti e non solo a chiacchere l’incolumità dei cittadini di fronte ad un attacco sconsiderato di oscure forze terroristiche? Dov’erano Angelino Alfano, ministro dell’Interno, Roberta Pinotti, ministro della Difesa, Giampiero Massolo, plenipotenziario del Dipartimento Informazioni per la Sicurezza, Franco Gabrielli, prefetto di Roma e lo stesso Matteo Renzi, giusto per indicare alcuni dei nomi ai vertici della sicurezza del Paese? Toccherà a costoro fornire ai cittadini giustificazioni più plausibili sull’assenza totale di delle azioni di intervento tempestivo che avrebbero dovuto inibire ad un velivolo qualsiasi di sorvolare la città violando il piano di volo, ridicolizzando le tanto decantate misure antiterrorismo sbandierate e così mettendo l’Italia alla berlina del mondo non solo per la squallida sequela di eventi messi in atto per onorare un delinquente dell’onorata società passato, forse tardivamente, a render conto a Dio dei suoi innumerevoli peccati.
Adesso, com’è tradizione della meschina politica nostrana, non può escludersi cada qualche testa di secondo o terzo calibro, la testa di qualche modesto funzionario di servizio in quelle ore su cui scaricare l’inefficienza dei pescecani ai vertici della sicurezza e delle istituzioni. Sono film che abbiamo già visto mille volte: dall’arresto con tanto di espulsione della kazaka Alma Shalabayeva con figlia di sei anni, incolpevole moglie del dissidente Mukhtar Ablyazov, consegnata ai servizi segreti del  dittatore Nursultan Nazarbayev, alla morte del tifoso Ciro Esposito, ucciso poco prima di una finale calcistica – solo per citare qualche esempio recente.
Sul versante della sceneggiata vera e propria che ha rappresentato il funerale, è doveroso ricordare chi fosse Vittorio Casamonica, la cui famiglia ha rappresentato – e forse ancora rappresenta – uno dei centri del potere malavitoso della capitale.
La famiglia Casamonica, infatti, ha le mani in pasta in svariati settori del malaffare: dal traffico di stupefacenti nei paesi dell’UE alla speculazione edilizia e immobiliare, dalla gestione di locali pubblici e stabilimenti balneari all’usura. Il curriculum familiare è zeppo di reati contro il patrimonio, con alleanze con la banda della Magliana al fiancheggiamento di Carminati e Buzzi nella gestione delle attività speculative sugli immigrati e la vendita di servizi al Comune di Roma e la Regione Lazio. L’attività malavitosa della famiglia era talmente ramificata e diversificata da aver suggerito di impostare vere e proprie iniziative di factoring sui crediti insoluti, così da portare a casa i contanti e lasciare a terzi l’onere della riscossione forzosa dei prestiti ad usura non onorati. Il patrimonio realizzato con queste attività è lungi dall’essere stato completamente quantificato: negli anni recenti la famiglia è stata colpita da numerosi provvedimenti di sequestro e confisca di beni per svariati milioni di euro, fra le quali quattordici lussuosissime ville con piscina ed auto di prestigiose marche, come Ferrari, Porsche, Rolls Royce ed Aston Martin. Ciononostante, il prestigio della famiglia nell’ambito della malavita sembra essere rimasto inalterato ed ancora oggi sembra rappresentare un cardine di rilievo nel governo di certi equilibri politici ed economici della capitale. Insomma, come si sarebbe potuto negare ad un “mammasantissima” un esequie con i fiocchi o, se si vuole, con i petali di rosa?

 

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