giovedì, maggio 17, 2007

I mandarini del terzo millennio



Giovedì, 17 maggio 2007

Nonostante si stiano vivendo gli albori del terzo millennio e giganteschi passi avanti abbia fatto l’uomo in termini di scoperte e conoscenze, fitto rimane ancora il mistero sulle origini del genere umano. La scienza in proposito tante supposizioni ha fatto, ma la chiave primordiale è ancora lungi dall’essere individuata.
Chi scrive un po’ per convinzione religiosa, un po’ per romanticismo, preferisce in ogni caso la tesi secondo cui il buon Dio, forse stanco di aggirarsi per l’universo con il codazzo di angeli e cherubini, per crearsi qualche stringente impegno, decise un bel giorno di cimentarsi nella creazione dell’uomo, probabilmente ignaro delle sciagure e degli affanni che questo avrebbe provocato a se stesso ed a Lui per primo.
Ci piace però immaginare il Vecchio chino sulla mota ed intento a far palle di fango e gioire alla trasformazione delle stesse in umani ignudi e infreddoliti, dopo averci alitato sopra.
Certo, com’è esperienza di tutti gli inventori, non tutte le palle di fango si saranno trasformate in umani secondo le attese. Anzi è probabile che di tentativi a vuoto ne avrà sperimentati tanti prima di arrivare al perfezionamento della tecnica creativa.
C’è però il triste presentimento che scarti di lavorazione e prototipi imperfetti non siano finiti al macero, ma che siano stati immessi in circolazione e, data la loro natura, abbiano trovato rifugio nei palazzi della politica, luogo loro più congeniale,.
Sì, perché dopo la lettura negli scorsi giorni del libro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, La Casta, in cui vengono elencati con precisione e dovizia di particolari i privilegi che la classe politica si è arrogata nel corso degli anni in questa Italietta di furbi, saltimbanchi, onesti simulati e ladri dissimulati, ogni dubbio sul fango che alligna nei santuari del potere è definitivamente caduto, confortato – ma sarebbe meglio dire sconfortato, - dai dati di fatto circostanziati dai due citati.
La lettura del libro disorienta realmente anche i più disillusi, poiché tale e tanta è la quantità delle ingiustizie in essere a danno del cittadino comune, che vien da chiedersi se ormai andare a votare non sia solo un macabro rituale con il quale ciascuno si sceglie il boia.
Si apprende infatti che i politici, in disprezzo al rigore tanto predicato ai cittadini, oltre a retribuzioni da nababbi, godono di auto con autista, con relativo lavaggio, rimessaggio (pelle di daino inclusa) e telepass; di vacanze in posti ameni al costo di un letto nell’ostello della gioventù; di treni ed aerei gratuiti, cinema gratuiti, mense principesche a prezzi da esproprio proletario, parrucchieri gratuiti (per gli uomini) e rimborso spese per la mise (per le donne), pensioni scandalose, si badi!, dopo appena una legislatura, trattamenti previdenziali per il compagno/la compagna (non legittimo consorte!) da fare invidia ad un marito od una moglie in servizio permanente effettivo, di contributo affitto e di contributo di disagiata sede, di rimborso per spese telefoniche e di rimborso degli effetti personali dichiarati rubati (basta dichiarare, direttamente al competente ufficio parlamentare), di sussidio milionario per portaborse veri o finti.
La lista delle inimmaginabili nefandezze è talmente lunga che, per riportarla tutta, sarebbe necessario ritrascrivere il volume già citato, privando peraltro i curiosi del macabro piacere dell’approfondimento.
Per nostro conto ciò che sconcerta è il coraggio con il quale questa casta di mandarini, - e non bramini come Stella e Rizzo definiscono i ribaldi, - si presenti ancora nelle pubbliche piazze e nei talk show di giullari compiacenti a menare il torrone sul risanamento, il rigore, i tagli alla spesa sociale, il costo della sanità, le pensioni (degli altri), l’istruzione, e così via, come se le migliai di miliardi che rappresentano il costo del loro parassitario mantenimento e dei loro gadget fosse avulso dalla contabilizzazione nella spesa pubblica e non provenisse dalle tasche di quegli ebeti spettatori che molto spesso, anziché dar di stomaco davanti alla sceneggiata, dissennatamente prendono per oro colato le dichiarazioni dei loro idoli e corrono a praticare l’ennesimo buco nella cintura dei calzoni.
A tal proposito, mai mente fu più illuminata di quella di Erasmo da Rotterdam quando, nell’elogiar la follia, rammentava che senza una buona dose di pazzia gli uomini non riuscirebbero a sopravvivere.
In epoche remote il sovrano era tale per volontà di Dio e grazia del popolo. Oggigiorno, in cui la democrazia dovrebbe aver mutato le forme di governo, quella nostrana ci sembra abbia perpetuato l’origine divina dei governanti, che spesso si pongono protervamente al di sopra della legge comunemente applicabile a qualsiasi cittadino a guisa degli antichi sovrani, e salvaguardato la formula della grazia del popolo, dato che fintamente si va a votare esclusivamente per legittimare quanto è già stato deciso nella stanze dei partiti (si guardi alla legge elettorale Calderoli, da lui stesso definita senza ritegno alcuno una porcata).
Sicché, invece di scendere in strada con zappe e forconi per metter fine al drenaggio quotidiano di linfa vitale cui i profeti del rigore lo sottopone, il popolo beota applaude, partecipa, si compenetra, incapace di razionalizzare che quando si parla di sacrifici ci si riferisce ai suoi, non certo a quelli della casta che, con falso dolore, ne reclama la necessità.
Si guardi alla vicenda delle pensioni, giusto per citare un tema sul quale converge la sensibilità della casta dei mandarini. Chi si appella alla necessità di innalzare l’età per accedere alla tanto meritata quiescenza o all’esigenza di ridurre i relativi assegni, con la nobile motivazione di dover garantire una pensione anche ai giovani, è colui che per primo ricorre al lavoro nero o sbandiera i benefici occupazionali della vergognosa legge Biagi, che perpetuando il precariato ha di fatto sancito, per gli stessi giovani, l’impossibilità definitiva del diritto ad una vecchia dignitosa. Rimane il motivato sospetto che la necessità dei tagli reclamati risponda più all’esigenza di non compromettere la procrastinazione dei propri privilegi che non la preoccupazione per il destino delle nuove generazioni.
Ovviamente non sarebbe lecito pensare che tutto il popolo vada in giro con le classiche melanzane sugli occhi, dato che ai beoti veri (tanti) vanno a sommarsi gli ignavi (meno) e gli opportunisti (pochi). Questi ultimi son coloro che occupando posticini di sottogoverno, godendo di un’occupazione frutto di clientela, svolgendo attività border line con la benevola protezione del mandarino di turno, e così via, costituiscono la schiera dei cortigiani interessati al mantenimento di una situazione di caos e d’ingiustizia, nella consapevolezza che la mediocrità di cui sono portatori riserberebbe loro ben altro destino qualora implodesse il regime nel quale invece prosperano ed allignano.
Costoro sono quelli che ad ogni occasione scendono in pista per la difesa dell’ordine costituito, convinti che il sistema mai cambierà e che, dunque, per sopravvivere non rimane che difendere il mandarino, magari coprendo di contumelie chi si azzarda a denunciarne il malcostume.
C’è infine un’altra categoria, costituita da coloro che, quantunque con le pezze sul fondo schiena, sono sinceramente non solo incapaci di vedere al di là del loro naso ma son sempre pronti a reggere il bordone a chi loro la racconta. Pervasi da esemplare fideismo, questi novelli Tafazzi, amano martellarsi stoicamente i testicoli e non mettono mai in dubbio l’onestà intellettuale dei loro politici di riferimento.
Con un’Italia così composta, in cui si è dichiarata guerra agli stupefacenti, ma quotidianamente si ammannisce al popolo qualche tonnellata gratuita di oppio per istupidirne la mente e l’orgoglio, le speranze che la casta faccia ammenda sono assai flebili.
Noi che amiamo coltivare qualche illusione di speranza, nell’attesa che comunque tutti i nodi arrivino al pettine, esortiamo gli onorevoli papponi, - con tante scuse per una categoria che si guadagna da vivere in maniera certamente discutibile, ma senza ammiccamenti e ipocrisie, - di smettetela di parlarci di etica, di darci lezioni di correttezza e di elencarci quotidianamente i disastri del bilancio pubblico. Che comincino lor per primi a dare esempio, recidendo la prassi ignobile di sfruttare il lavoro di tanti disgraziati malpagati ed in nero, reclutati per portar borse sicuramente prestigiose, ma anche loro senza un lavoro regolare, ed avviando la campagna di moralizzazione di cui il Paese ha tanto bisogno.
Qualche decennio fa, all’epoca della Balena Bianca, qualche moralista politico della prima repubblica, aveva coniato lo slogan secondo il quale gli Italiani erano accusati di vivere al disopra delle loro possibilità. Alla luce dei dati di fatto, sembra evidente come tale accusa fosse riferita non ai comuni cittadini, ma a coloro che si annidavano e si annidano nei palazzi del potere, - per quanto sia cosa risaputa che è comodo far di tutta l’erba una fascina.
Per contro, qualora chi denuncia gli stomachevoli privilegi di cui godono avesse preso abbagli, si abbia il coraggio di insorgere e chiedere che venga perseguito nelle giuste sedi per aver diffuso false notizie atte a turbare l’ordine pubblico, oltre ad aver diffamato la rispettabilità e la buona reputazione di integerrimi servitori dello stato.
Se invece quanto denunciato corrispondesse a verità, come temiamo, allora si abbia almeno il coraggio della vergogna e, in un rigurgito d’onore perso, si proceda magari alla nomina di un comitato di saggi, estranei alla casta, che faccia il punto della situazione e proponga la dovuta pulizia, così da dare al Paese il senso di un pentimento che, anche se tardivo, comunque sarebbe d’apprezzare.Comunque vale ricordare le profetiche parole del Vangelo: fango foste, da fango avete vissuto e irrimediabilmente fango ritornerete.

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