Riforma pensioni – L’ennesima farsa del governo
Giovedì, 10 maggio 2007
Alla fine il tanto atteso incontro governo sindacati è avvenuto, ma in un clima che di collaborazione tra le parti al tavolo non ne ha visto l’ombra, dato che, contrariamente a quanto da mesi si andava sbandierando, Padoa Schioppa, incaricato di condurre l’incontro in nome dell’esecutivo, ha pensato bene di sbattere la scarpa sul podio emulando Kruscev alla orami mitica assemblea dell’ONU.
E sì, perché dopo mesi di schermaglie, abboccamenti, allusioni, il ministro dell’economia ha ribadito quella che sembrava una posizione improponibile o la posizione per la quale il tavolo stesso della concertazione era stato allestito: nessuna cancellazione di scalone sull’età pensionabile introdotto dalla riforma Maroni senza una contestuale revisione dei coefficienti di rendimento introdotti dalla riforma Dini. Come dire, è ipotizzabile di concedere qualcosa da una parte se si riesce a togliere da un’altra.
Ovviamente, le organizzazioni sindacali, pur se con diversi toni, hanno preso immediatamente le distanze da dichiarazioni che, per la natura e la pesantezza, oltre che per la valenza chiaramente ricattatoria, non solo non sembrano lasciare alcun margine alla discussione ma contraddicono in modo netto ed inequivoco lo stesso programma che l’attuale coalizione ha portato al governo del Paese. Né va dimenticato che la questione pensioni fu stralciata dall’ultima finanziaria e rimandata ad una trattativa tra le parti sociali, stanti i punti di dissenso riesumati par pari da Padoa Schippa.
Il ministro dell’economia non è certo uno sprovveduto e, dunque, se queste dichiarazioni ha fatto all’apertura del tavolo di trattativa ben le avrà concordate con il presidente Prodi, da cui avrà ottenuto tutte le garanzie necessarie atte a tutelare la sua credibilità.
Appare perciò assai suggestivo, per non dire privo della minima credibilità, che Prodi, davanti alle inferocite dichiarazioni di protesta del sindacato ed alle ennesime prese di distanza di buona parte della coalizione che lo regge, abbia immediatamente cercato di buttare acqua sul fuoco con un enigmatico “non ci sono contraddizioni all’interno del Governo”, quasi che le dichiarazioni di Padoa Schioppa non fossero state rilasciate qualche ora prima, ma recuperate dalla cineteca di palazzo Chigi, e il risentito dissenso dei partiti di Giordano e Diliberto fosse un abbaglio degli Italiani.
Il valente capo dell’opposizione, Silvio Berlusconi, a cui probabilmente va il merito di aver profetizzato la coglionaggine di chi ha affidato a questa coalizione le proprie speranze di una migliore equità sociale, ha ultimamente rincarato la dose, attribuendo tendenziale, - ed aggiungiamo noi, inguaribile, - demenzialità a coloro che voteranno ancora per questa sinistra alle imminenti amministrative di domenica e lunedì prossimi. Ed il rischio è che abbia nuovamente ragione, per due ordini di motivi tra loro complementari.
Il primo motivo è nella evidente smentita di un impegno assunto con il popolo sovrano, a cui si è promesso di intervenire per correggere una norma iniqua e perversa, voluta da un dirottatore improvvisato, che aumenta l’età di quiescenza in una notte e genera gravissime disparità di trattamento tra i cittadini, oltre a modificare in peggio le norme di un contratto sociale in essere con tutti coloro che per anni hanno versato contributi nella “certezza” di principi di diritto.
La seconda ragione è di ordine politico, di cui stupisce come non se ne afferri la gravità della probabile ricaduta. La prossima tornata elettorale vede, infatti, il Paese sull’orlo di un collasso di fiducia, avvilito dal maglio di un risanamento voluto a tutti i costi a tambur battente e pagato lacrime e sangue in termini di occupazione, di capacità d’acquisto, di balzelli e sacrifici. Che questo crollo di fiducia venga adesso rinforzato da dichiarazioni persino di tradimento di uno degli impegni prioritari previsti nel programma di governo appare un’azione palesemente suicida.
Avevamo preconizzato che un tradimento delle aspettative della gente sarebbe stato l’epitaffio con cui questo governo avrebbe celebrato la sua fine ed avrebbe peraltro inscritto un’ipoteca di lungo termine alle ambizioni di riproporsi alla guida del Paese, ma evidentemente Prodi e sodali, - pur dovendo registrare le dure ma corrette prese di posizioni della cosiddetta sinistra radicale, - devono aver fatto valutazioni che sfuggono al comune senso della logica.
A noi duole dover constatare che il Cavaliere di Arcore ancora una volta ci ha azzeccato almeno sul concetto, ché la demenzialità sospettata è probabile che più che degli elettori sia degli eletti, ai quali più che la soddisfazione e la gratitudine di chi li ha insediati nei palazzi d’inverno sta a cuore la fornitura, con i soldi dei contribuenti, delle pelli di daino agli ex membri della Corte Costituzionale o la mensa a prezzi da esproprio proletario degli strapagati membri del parlamento, sempre a spese del contribuente. Che ci sia tanta gente che porti a casa un pezzo di pane onesto, alzandosi quando fuori è ancora buio e magari in bicicletta, sotto la pioggia, vada a sciropparsi otto ore di duro lavoro in catena di montaggio; o dei tanti disoccupati ultracinquantenni, scacciati dall’azienda e condannati ai margini della società perché non riescono a trovare più un’occupazione, troppo giovani per la pensione e troppo vecchi per ritrovar lavoro; beh, tutto questo alla politica, a questa politica, sembra non interessare molto.
In questo che sempre più si legittima come il Paese di Pulcinella, non perché a questo personaggio non abbia effettivamente dato i natali, quanto perché con maestria di tutto si fa per emularne le gesta sciocche, stupisce che la fertile inventiva di qualche ex-democristiano traghettato non abbia suggerito l’assunzione di provvedimenti di legge ad hoc per risolvere definitivamente i problemi dell’INPS e dell’equilibrio dei conti dello Stato: una bella legge che ti mandi sì in pensione a sessanta o sessantacinque anni, ma che preveda l’erogazione dell’assegno previsto per il massimo di un decennio, così la spesa è certa e chi vivrà….s’arrangi. D’altra parte una legge così fatta ben si potrebbe armonizzare con un provvedimento sull’eutanasia, che ci sbarazzerebbe di quella zavorra che tanto preoccupa i ragionieri della pubblica finanza senza troppo clamore e con serenità di coscienza.L’importante è poter avere i soldi per salvaguardare il diritto ad un buon film al cinematografo, gratis, al povero parlamentare, pesantemente stressato dopo una durissima giornata di lavoro al servizio del Paese, a cui peraltro i problemi di pensione della gente comune non interessano affatto.
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