Promesse elettorali – Tante bugie grazie ai media
Martedì, 19 febbraio 2008
L’evoluzione mediatica ha ormai trasformato anche il modo di far politica e dalle piazze, nelle quali i candidati solevano arringare la folla dei fedeli sostenitori e degli indecisi di passaggio, si è passati ai cinema ed ai teatri, dove per altro è possibile convogliare la claque organizzata e far sì che anche il nano proietti un’ombra di tutto rispetto.
C’è poi la televisione, veicolo principe di immagine e comunicazione, che porta sin dentro le case il messaggio del candidato, spesso agevolato dal suadente incalzare di un intervistatore professionista che, tra lo spot di un formaggino ed un assorbente igienico, si è auto assegnato il compito di rappresentare i dubbi dell’elettore medio ed interroga il papabile sui progetti che intende realizzare ad elezione avvenuta.
A nulla importa che la democrazia, quella vera, sia fatta di confronti diretti tra elettore e candidato. Oggi a questo concetto elementare, ma pericoloso e dispersivo, il modello culturale ha imposto quello più concentrato e tranquillizzante del faccia a faccia tra candidato ed intermediario dell’elettore, cosicché tante domande vengono spesso eluse e restano senza risposta o investono solo parzialmente l’orizzonte degli interessi di chi passivamente ascolta.
In questo mutato scenario di politica mediatica e mediata, hanno buon gioco i parolai, cioè coloro che riescono a confezionare concetti sintetici ed immediati, slogan non verificabili delle rispettive progettualità, con compostezza ed eleganza, magari con il buonismo di cui l’immaginario dell’ascoltatore medio ha tanto bisogno, visto che si confronta con una realtà fatta di quotidiani stress, prevaricazioni, sgarberie e altre disdicevolezze produttrici di surplus adrenalinico.
La gente scopre così un Berlusconi che non conosceva, così vicino ai problemi veri dell’uomo comune da stentare di credere ai propri orecchi: via l’ICI; una casa per tutti, magari con un mutuo cinquantennale, ma comunque di proprietà; un incremento dei salari – si badi al termine salari, ben diverso dal quello borghese di stipendi; - una detassazioni di aumenti e straordinari; la riduzione delle tasse; e così via dicendo.
Dall’altro lato fa eco Veltroni, il capo del PD, che ovviamente è dotato di un eloquio politico più antico e rodato e, dunque, riesce ad essere persino più persuasivo di quanto non siano in grado di fare gli avversari nel raccontare che la minestra in preparazione da parte della sua componente politica, quantunque possa sembrare non così diversa da quella in ebollizione in casa del Profeta di Arcore, avrà certamente un gusto più gradevole. In primo luogo perché Berlusconi al governo c’è già stato e dello slogan “tutto per tutti” son piene le fosse, mentre i PD, se sono stati al governo, v’erano presenti come DS, Margherita ed Ulivo. Quindi, sotto la nuova sigla, il brodo dovrà essere necessariamente più concentrato e saporito. In secondo luogo, perché il rinnovamento della politica e del modo di governare, - sostiene Veltroni, - passerà attraverso un dichiarato e non sperimentato meccanismo di “aggregazione selettiva delle istanze sociali”, che impone sacrifici sostenibili a tutti per un benessere diffuso, anche a favore delle categorie socialmente deboli – e si noti il termine categorie, certamente rassicurante rispetto al minaccioso e foriero di ombrose reminiscenze "classi".
In questa composta kermesse di buone intenzioni, - nella quale si avverte la mancanza del coro dell’Antonelliano di Bologna a far da sottofondo alla mistica dei propositi, - non vi è mai un riferimento concreto alle leve che si intendono azionare per realizzare gli obiettivi dichiarati. Per cui lo spettatore, quantunque con il nodo alla gola per questa commovente dimostrazione di una politica finalmente così vicina ai suoi bisogni, e comunque distratto da quattro saltellanti sofficini alla mozzarella, finisce per non porsi il quesito vero alla base di questa ennesima campagna di inganni e di sottili perfidie: ma i soldi per fare ciò che dicono dove li troveranno? E perché non ci dicono di cosa dovremo fare a meno per ottenere ciò che promettono?
Si provi per un momento a fare un piccolo elenco indicativo di alcuni dei gravi problemi che affliggono la nostra società.
L’evoluzione mediatica ha ormai trasformato anche il modo di far politica e dalle piazze, nelle quali i candidati solevano arringare la folla dei fedeli sostenitori e degli indecisi di passaggio, si è passati ai cinema ed ai teatri, dove per altro è possibile convogliare la claque organizzata e far sì che anche il nano proietti un’ombra di tutto rispetto.
C’è poi la televisione, veicolo principe di immagine e comunicazione, che porta sin dentro le case il messaggio del candidato, spesso agevolato dal suadente incalzare di un intervistatore professionista che, tra lo spot di un formaggino ed un assorbente igienico, si è auto assegnato il compito di rappresentare i dubbi dell’elettore medio ed interroga il papabile sui progetti che intende realizzare ad elezione avvenuta.
A nulla importa che la democrazia, quella vera, sia fatta di confronti diretti tra elettore e candidato. Oggi a questo concetto elementare, ma pericoloso e dispersivo, il modello culturale ha imposto quello più concentrato e tranquillizzante del faccia a faccia tra candidato ed intermediario dell’elettore, cosicché tante domande vengono spesso eluse e restano senza risposta o investono solo parzialmente l’orizzonte degli interessi di chi passivamente ascolta.
In questo mutato scenario di politica mediatica e mediata, hanno buon gioco i parolai, cioè coloro che riescono a confezionare concetti sintetici ed immediati, slogan non verificabili delle rispettive progettualità, con compostezza ed eleganza, magari con il buonismo di cui l’immaginario dell’ascoltatore medio ha tanto bisogno, visto che si confronta con una realtà fatta di quotidiani stress, prevaricazioni, sgarberie e altre disdicevolezze produttrici di surplus adrenalinico.
La gente scopre così un Berlusconi che non conosceva, così vicino ai problemi veri dell’uomo comune da stentare di credere ai propri orecchi: via l’ICI; una casa per tutti, magari con un mutuo cinquantennale, ma comunque di proprietà; un incremento dei salari – si badi al termine salari, ben diverso dal quello borghese di stipendi; - una detassazioni di aumenti e straordinari; la riduzione delle tasse; e così via dicendo.
Dall’altro lato fa eco Veltroni, il capo del PD, che ovviamente è dotato di un eloquio politico più antico e rodato e, dunque, riesce ad essere persino più persuasivo di quanto non siano in grado di fare gli avversari nel raccontare che la minestra in preparazione da parte della sua componente politica, quantunque possa sembrare non così diversa da quella in ebollizione in casa del Profeta di Arcore, avrà certamente un gusto più gradevole. In primo luogo perché Berlusconi al governo c’è già stato e dello slogan “tutto per tutti” son piene le fosse, mentre i PD, se sono stati al governo, v’erano presenti come DS, Margherita ed Ulivo. Quindi, sotto la nuova sigla, il brodo dovrà essere necessariamente più concentrato e saporito. In secondo luogo, perché il rinnovamento della politica e del modo di governare, - sostiene Veltroni, - passerà attraverso un dichiarato e non sperimentato meccanismo di “aggregazione selettiva delle istanze sociali”, che impone sacrifici sostenibili a tutti per un benessere diffuso, anche a favore delle categorie socialmente deboli – e si noti il termine categorie, certamente rassicurante rispetto al minaccioso e foriero di ombrose reminiscenze "classi".
In questa composta kermesse di buone intenzioni, - nella quale si avverte la mancanza del coro dell’Antonelliano di Bologna a far da sottofondo alla mistica dei propositi, - non vi è mai un riferimento concreto alle leve che si intendono azionare per realizzare gli obiettivi dichiarati. Per cui lo spettatore, quantunque con il nodo alla gola per questa commovente dimostrazione di una politica finalmente così vicina ai suoi bisogni, e comunque distratto da quattro saltellanti sofficini alla mozzarella, finisce per non porsi il quesito vero alla base di questa ennesima campagna di inganni e di sottili perfidie: ma i soldi per fare ciò che dicono dove li troveranno? E perché non ci dicono di cosa dovremo fare a meno per ottenere ciò che promettono?
Si provi per un momento a fare un piccolo elenco indicativo di alcuni dei gravi problemi che affliggono la nostra società.
Il Paese si muove in uno scenario internazionale di economia stagnante e tendente alla recessione, ma mancano le politiche di sostegno allo sviluppo. L’inflazione sembra aver rialzato la testa, tant’è vero che ai recenti ritocchi dei tassi d’interesse americani la Banca Centrale Europea non ha ritenuto di poter rispondere con un abbassamento di quelli comunitari. Le risorse energetiche italiane continuano a rappresentare la voce più rilevante delle nostre importazioni ed il loro costo è costantemente in salita, con il risultato che importiamo inflazione e non c'è ombra di un piano strategico per energia alternativa. Il made in Italy ha subito un notevole ridimensionamento per effetto dell’apprezzamento dell’euro sul dollaro e le altre divise estere, con una conseguente caduta verticale dell'occupazione in quei settori. La disoccupazione, specialmente se sommata all’occupazione precaria o a quella finta, rimane a livelli insopportabili, ma non c'è uno straccio di piano organico che favorisca il nuovo impiego. Il drenaggio di risorse subito durante il recente Governo Prodi per ridurre il deficit italiano ha ridotto in condizioni di miseria oltre un quarto della popolazione, ma non v'è barlume di una politica di riequilibrio e redistribuzione dei redditi. Il costo della politica nostrana è tra i più scandalosi ed elevati di tutte le società occidentali, né vi è sentore di una sua tendenza al contenimento o alla riduzione (non sarà certo la recente riduzione dei corazzieri del Quirinale a modificare il quadro dello sperpero di danaro pubblico!). Siamo il fanalino di coda comunitario in quanto a spese per il mantenimento e l’ammodernamento delle infrastrutture, ma si continua a litigare sulla TAV e le direttrici di collegamento nord-sud rimangono in condizioni vergognose.
E' già una fortuna che qualcuno non abbia pensato di ritirare fuori dal cassetto la questione del ponte sullo stretto, giusto per scaldare il serbatoi del voto meridionale, che il progetto è stato solo demenziale a parlarne, se si considera l'indecenza in cui versa il sistema ferroviario siciliano o la viabilità calabrese, alle quali sarebbe necessario destinare con urgenza le risorse che per quella faraonica costruzione erano previste.
E questi personaggi, omettendo di fare un’analisi dei problemi sopra detti e di indicarci cosa intendano fare per uscire da una situazione che non ha certo bisogno di commenti, ci vengono piuttosto a rappresentare una fiera stantia di chimere e buone intenzioni?
Vorremmo attirare l’attenzione del signor Berlusconi sul fatto che non è con la controriforma della pensioni che gli Italiani staranno meglio; mentre al signor Veltroni andrebbe detto che non è con la candidatura a capolista del signor Antonio della Thyssen che si rinnova il Paese e la politica. Gli Italiani, come al tempo di Tangentopoli si sentivano oppressi e nauseati da una giustizia-spettacolo che giornalmente incarcerava o inquisiva qualcuno (non è mai stato dato sapere cosa facesse la stessa giustizia prima che Tangentopoli partisse, dato che i fatti emersi a quel tempo facevano seguito a lustri di indifferenza e connivenza dei giudici medesimi) senza arrivare mai al dunque, allo stesso modo non sopportano più che quotidianamente appaia in tv il faccione sorridente dell’ennesimo venditore di fumo che promette mari e monti, - ai quali peraltro riescono ad andare sempre meno causa il dover far fronte al costo crescente della vita ed alla soddisfazione di bisogni primari. A costo di far retorica inconcludente, è bene ribadire che il Paese oggi ha bisogno di qualcuno che sia in grado di dire la verità sullo stato delle cose, che stili un programma serio e credibile di ciò che intende fare per risolverle con la dovuta gradualità e. soprattutto, che sia in grado di mantenere effettivamente gli impegni assunti. Nessuno avverte il bisogno di improvvisati acquarellisti che ti colorino di rosa l'orizzonte, che tutti sanno essere cupo e foriero di tempeste.
E questi personaggi, omettendo di fare un’analisi dei problemi sopra detti e di indicarci cosa intendano fare per uscire da una situazione che non ha certo bisogno di commenti, ci vengono piuttosto a rappresentare una fiera stantia di chimere e buone intenzioni?
Vorremmo attirare l’attenzione del signor Berlusconi sul fatto che non è con la controriforma della pensioni che gli Italiani staranno meglio; mentre al signor Veltroni andrebbe detto che non è con la candidatura a capolista del signor Antonio della Thyssen che si rinnova il Paese e la politica. Gli Italiani, come al tempo di Tangentopoli si sentivano oppressi e nauseati da una giustizia-spettacolo che giornalmente incarcerava o inquisiva qualcuno (non è mai stato dato sapere cosa facesse la stessa giustizia prima che Tangentopoli partisse, dato che i fatti emersi a quel tempo facevano seguito a lustri di indifferenza e connivenza dei giudici medesimi) senza arrivare mai al dunque, allo stesso modo non sopportano più che quotidianamente appaia in tv il faccione sorridente dell’ennesimo venditore di fumo che promette mari e monti, - ai quali peraltro riescono ad andare sempre meno causa il dover far fronte al costo crescente della vita ed alla soddisfazione di bisogni primari. A costo di far retorica inconcludente, è bene ribadire che il Paese oggi ha bisogno di qualcuno che sia in grado di dire la verità sullo stato delle cose, che stili un programma serio e credibile di ciò che intende fare per risolverle con la dovuta gradualità e. soprattutto, che sia in grado di mantenere effettivamente gli impegni assunti. Nessuno avverte il bisogno di improvvisati acquarellisti che ti colorino di rosa l'orizzonte, che tutti sanno essere cupo e foriero di tempeste.
Ma a tutto ciò la politica sembra restare pervicacemente estranea, convinta che le promesse e le bugie siano l'effettiva chiave del successo. Tuttavia, a questi professionisti della demagogia e del populismo andrebbe ricordato che alla fine del banchetto c'è sempre un oste che richiede di pagare il conto e che la storia d'Italia è fatta anche di Pier Capponi in grado di far suonare presto o tardi le campane.
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