Una soap opera dal titolo campagna elettorale
Venerdì, 15 febbraio 2008
Da più parti non si fa che dire che siamo entrati in pieno clima elettorale e, dunque,il treno della politica è ormai lanciato a folle velocità verso il 13 aprile, quando il popolo esprimerà con il proprio voto la preferenza verso la composizione politica che meglio lo avrà convinto.
A dire il vero più che di campagna elettorale iniziata si dovrebbe parlare di campagna mai finita, preso atto che dalle ultime elezioni del 2006 non vi è mai stato un momento di tregua, tra guerre intestine all’interno della stessa maggioranza ed assalti al fortino della coalizione da parte di oppositori incapaci di rassegnarsi a lasciar governare i vincenti per il successivo quinquennio, cassandre da quattro soldi in preda a perenne delirio di prevedibile crisi di governo, squallidi affaristi di provincia pronti a tradire la propria coalizione pur di ottenere copertura ai propri inconfessabili affari, buffi figuri col sogno dell’indipendenza del nord e minaccianti di riprendere le armi – quali non è dato sapere – in nome di quest’indipendenza, e così via.
E che il clima elettorale fosse in servizio permanente effettivo si può dedurre dai tanti segnali, forti e deboli, che hanno contraddistinto la spaghetti politics del Bel Paese, segnata dalla morte dell’Ulivo, della Margherita e dei DS e dalla nascita del nuovo PD; dalle boutade di un Berlusconi, improvvisato descamisado, che annuncia la nascita del PdL dal predellino di un’auto in una notte dal sapore sudamericano; da un Fini che non esita a definire un ectoplasma la nuova compagine annunciata dal Cavaliere e che incredibilmente vi confluisce qualche giorno dopo; da un Casini, attorniato dai tanti inquisiti del suo partito, in bilico tra l’adesione al PdL e la conservazione della propria identità politica, mentre imbastisce tentativi d’intesa con qualche inquisito di altra fazione, presumibilmente nell’ora d’aria di quest’ultimo.
In questo scenario il clima elettorale di qualche paese africano o sudamericano ha la capacità di apparire quasi cosa seria, considerato che lì i duri, gli spergiuri, gli opportunisti ed i travestiti della politica sono tali, senza simulazione alcuna, mentre da noi i lupi e gli agnelli, come ad una sfilata di Krizia, corrono da un camerino all’altro per cambiarsi d’abito e cercare di apparire in pubblico così come quello li vorrebbe. E allora il Cavaliere dichiara di aver avuto incarico di perseverare nello scenario politico in virtù del mandato che gli avrebbe conferito la signora Rosa, passata a miglio vita qualche giorno prima. E cosa potrebbe rendere più credibile agli occhi degli Italiani mammoni e inebetiti una raccomandazione ispirata e benedetta da una mamma sul letto di morte al proprio figlio?
E’ la solita regola del tutto fa spettacolo, quella regola che vede il signor Veltroni, dal palco di Spello, - chissà perché non da quello più consono e qualificante di Assisi, - lanciare i suoi pacati anatemi verso il sistema fiscale ingordo del nostro Paese, che avvilisce i redditi; verso la consolidata ingiustizia salariale che regna da tempo; verso l’iniquità delle pensioni; verso la gravissima ed esemplare situazione di disoccupazione in cui versano i nostri giovani e così via sino – a precisa domanda di un intervistatore – al recupero dell’energia nucleare bocciata qualche anno fa con referendum popolare. Il tutto nel rispetto delle prerogative di ciascun gruppo sociale, al quale bisognerà far cortesemente capire quanto sia necessario fare qualche sacrificio a favore di qualche fratello meno fortunato.
Ecco, questa è la vestaglia di seta con tanto di foulard che indossa Veltroni nel presentare il progetto elettorale del PD, nella probabile speranza che l’elettore concupito da tanta sublime suadenza dimentichi che appena sei mesi fa l’elegante e compassato personaggio si aggirava nei palazzi del potere a suggerire quale era la linea dei DS nella sconcertante trattativa sulle pensioni. Che in politica sia necessaria una buona dose di spregiudicata faccia tosta è cosa scritta nei manuali, ma che questa faccia tosta pretenda di stravolgere la storia, specialmente la recente, è fatto che travalica ogni decenza: i DS, così come gli amici ed i compagni di cordata che hanno vinto le scorse elezioni, aveva assunto impegno verso gli elettori di cancellare lo scalone introdotto dalla legge Maroni sulle pensioni. A questo impegno i DS e l’accolita a loro consociata sono venuti meno, realizzando per altro una riforma peggiore di ciò che si è riformato, e adesso pretenderebbero per bocca di un nuovo imbonitore che la gente creda che gli impegni saranno questa volta veri e mantenuti? Per aver maturato una convinzione come questa non ci sono che due strade: o che il popolo è davvero irrimediabilmente fesso, o che la capacità di persuasione deve essere talmente potente da far dimenticare anche le ferite difficilmente rimarginabili.
Ad ogni buon conto non c’è da preoccuparsi, visto che il buon Berlusconi, - indispensabile come si è lui stesso definito, - non avendo probabilmente argomenti più suggestivi con i quali infiocchettare i suoi melensi sermoni elettorali, ha già preannunciato che le pensioni saranno oggetto dell’ennesima controriforma nell’ipotesi in cui andrà al governo. Poi, ovviamente per non restare indietro alle ampollose dichiarazioni dei concorrenti, anche lui promette detassazioni, adeguamento dei salari, ritocchi degli assegni di quiescenza, cancellazioni d’ICI ed altre amenità per le quali si pagherà con il gonfiamento del debito pubblico, visto che il Buonuomo giura che mai metterà le mani in tasca agli Italiani con nuove tasse e balzelli.
Sulla base di ciò che l’attuale situazione permette di ipotizzare, non è al momento possibile prevedere chi prevarrà il 13 aprile, poiché gli schieramenti in campo, lungi dal compattarsi come sarebbe stato auspicabile anche in virtù della legge elettorale in atto, sembrano aver imboccato la china della frammentazione, che per effetto degli sbarramenti percentuali minimi, lascia presagire tanti perdenti. Certo è che chiunque da questa tornata avrà ottenuto la maggioranza relativa, con annesso premio, si troverà in condizioni di governo probabilmente peggiori di quelle riscontrate da Prodi, il che non lascia spazio ad ottimismi sulla durata della legislatura prossima ventura, almeno sino a quando non sarà realizzata la doverose riforma elettorale e, - che più conta, - non saranno gettate le solide basi che ricreino il forte rapporto tra paese reale e paese legale, fino a quando la politica per prima non si darà regole di trasparenza e correttezza che rendano quel rapporto sano e vivo. Fino a quando gli insopportabili privilegi economici, giuridici e sociali degli eletti rispetto agli elettori non saranno definitivamente azzerati e sarà ripristinata la vera democrazia.
Da più parti non si fa che dire che siamo entrati in pieno clima elettorale e, dunque,il treno della politica è ormai lanciato a folle velocità verso il 13 aprile, quando il popolo esprimerà con il proprio voto la preferenza verso la composizione politica che meglio lo avrà convinto.
A dire il vero più che di campagna elettorale iniziata si dovrebbe parlare di campagna mai finita, preso atto che dalle ultime elezioni del 2006 non vi è mai stato un momento di tregua, tra guerre intestine all’interno della stessa maggioranza ed assalti al fortino della coalizione da parte di oppositori incapaci di rassegnarsi a lasciar governare i vincenti per il successivo quinquennio, cassandre da quattro soldi in preda a perenne delirio di prevedibile crisi di governo, squallidi affaristi di provincia pronti a tradire la propria coalizione pur di ottenere copertura ai propri inconfessabili affari, buffi figuri col sogno dell’indipendenza del nord e minaccianti di riprendere le armi – quali non è dato sapere – in nome di quest’indipendenza, e così via.
E che il clima elettorale fosse in servizio permanente effettivo si può dedurre dai tanti segnali, forti e deboli, che hanno contraddistinto la spaghetti politics del Bel Paese, segnata dalla morte dell’Ulivo, della Margherita e dei DS e dalla nascita del nuovo PD; dalle boutade di un Berlusconi, improvvisato descamisado, che annuncia la nascita del PdL dal predellino di un’auto in una notte dal sapore sudamericano; da un Fini che non esita a definire un ectoplasma la nuova compagine annunciata dal Cavaliere e che incredibilmente vi confluisce qualche giorno dopo; da un Casini, attorniato dai tanti inquisiti del suo partito, in bilico tra l’adesione al PdL e la conservazione della propria identità politica, mentre imbastisce tentativi d’intesa con qualche inquisito di altra fazione, presumibilmente nell’ora d’aria di quest’ultimo.
In questo scenario il clima elettorale di qualche paese africano o sudamericano ha la capacità di apparire quasi cosa seria, considerato che lì i duri, gli spergiuri, gli opportunisti ed i travestiti della politica sono tali, senza simulazione alcuna, mentre da noi i lupi e gli agnelli, come ad una sfilata di Krizia, corrono da un camerino all’altro per cambiarsi d’abito e cercare di apparire in pubblico così come quello li vorrebbe. E allora il Cavaliere dichiara di aver avuto incarico di perseverare nello scenario politico in virtù del mandato che gli avrebbe conferito la signora Rosa, passata a miglio vita qualche giorno prima. E cosa potrebbe rendere più credibile agli occhi degli Italiani mammoni e inebetiti una raccomandazione ispirata e benedetta da una mamma sul letto di morte al proprio figlio?
E’ la solita regola del tutto fa spettacolo, quella regola che vede il signor Veltroni, dal palco di Spello, - chissà perché non da quello più consono e qualificante di Assisi, - lanciare i suoi pacati anatemi verso il sistema fiscale ingordo del nostro Paese, che avvilisce i redditi; verso la consolidata ingiustizia salariale che regna da tempo; verso l’iniquità delle pensioni; verso la gravissima ed esemplare situazione di disoccupazione in cui versano i nostri giovani e così via sino – a precisa domanda di un intervistatore – al recupero dell’energia nucleare bocciata qualche anno fa con referendum popolare. Il tutto nel rispetto delle prerogative di ciascun gruppo sociale, al quale bisognerà far cortesemente capire quanto sia necessario fare qualche sacrificio a favore di qualche fratello meno fortunato.
Ecco, questa è la vestaglia di seta con tanto di foulard che indossa Veltroni nel presentare il progetto elettorale del PD, nella probabile speranza che l’elettore concupito da tanta sublime suadenza dimentichi che appena sei mesi fa l’elegante e compassato personaggio si aggirava nei palazzi del potere a suggerire quale era la linea dei DS nella sconcertante trattativa sulle pensioni. Che in politica sia necessaria una buona dose di spregiudicata faccia tosta è cosa scritta nei manuali, ma che questa faccia tosta pretenda di stravolgere la storia, specialmente la recente, è fatto che travalica ogni decenza: i DS, così come gli amici ed i compagni di cordata che hanno vinto le scorse elezioni, aveva assunto impegno verso gli elettori di cancellare lo scalone introdotto dalla legge Maroni sulle pensioni. A questo impegno i DS e l’accolita a loro consociata sono venuti meno, realizzando per altro una riforma peggiore di ciò che si è riformato, e adesso pretenderebbero per bocca di un nuovo imbonitore che la gente creda che gli impegni saranno questa volta veri e mantenuti? Per aver maturato una convinzione come questa non ci sono che due strade: o che il popolo è davvero irrimediabilmente fesso, o che la capacità di persuasione deve essere talmente potente da far dimenticare anche le ferite difficilmente rimarginabili.
Ad ogni buon conto non c’è da preoccuparsi, visto che il buon Berlusconi, - indispensabile come si è lui stesso definito, - non avendo probabilmente argomenti più suggestivi con i quali infiocchettare i suoi melensi sermoni elettorali, ha già preannunciato che le pensioni saranno oggetto dell’ennesima controriforma nell’ipotesi in cui andrà al governo. Poi, ovviamente per non restare indietro alle ampollose dichiarazioni dei concorrenti, anche lui promette detassazioni, adeguamento dei salari, ritocchi degli assegni di quiescenza, cancellazioni d’ICI ed altre amenità per le quali si pagherà con il gonfiamento del debito pubblico, visto che il Buonuomo giura che mai metterà le mani in tasca agli Italiani con nuove tasse e balzelli.
Sulla base di ciò che l’attuale situazione permette di ipotizzare, non è al momento possibile prevedere chi prevarrà il 13 aprile, poiché gli schieramenti in campo, lungi dal compattarsi come sarebbe stato auspicabile anche in virtù della legge elettorale in atto, sembrano aver imboccato la china della frammentazione, che per effetto degli sbarramenti percentuali minimi, lascia presagire tanti perdenti. Certo è che chiunque da questa tornata avrà ottenuto la maggioranza relativa, con annesso premio, si troverà in condizioni di governo probabilmente peggiori di quelle riscontrate da Prodi, il che non lascia spazio ad ottimismi sulla durata della legislatura prossima ventura, almeno sino a quando non sarà realizzata la doverose riforma elettorale e, - che più conta, - non saranno gettate le solide basi che ricreino il forte rapporto tra paese reale e paese legale, fino a quando la politica per prima non si darà regole di trasparenza e correttezza che rendano quel rapporto sano e vivo. Fino a quando gli insopportabili privilegi economici, giuridici e sociali degli eletti rispetto agli elettori non saranno definitivamente azzerati e sarà ripristinata la vera democrazia.
0 Commenti:
Posta un commento
Iscriviti a Commenti sul post [Atom]
<< Home page