Gli autogol del Cavaliere
Giovedì, 13 dicembre 2007
E’ singolare che per alcuni individui siano stati messi in commercio dizionari della lingua italiana diversi da quelli che vengono invece forniti ai comuni mortali. Dipenderà forse dal fatto che questi personaggi hanno una intelligenza ed una cultura al di fuori del normale, e quindi non hanno bisogno di consultare terminologia per loro banale o, - come nel caso di certi computer il cui software è preinstallato, embebbed come si definisce con termine informatico, - innestata nel loro DNA, o dal fatto che questi termini non sembrano utili per qualificare o definire il loro modo di operare. In ogni caso questi dizionari sono dei veri e propri bigini minimali, bignami della lingua italiana, dove termini come pudore, dignità, rossore, e similari non esistono, nel presupposto che i loro utilizzatori mai saranno presi dal senso di questi sentimenti comuni che invece connotano la vita di qualsiasi essere umano.
A questa categoria di eletti – e se mai dubbi ci fossero stati, questi elementi li rimuovono – appartiene senza ombra di dubbio il signor Silvio Berlusconi, l’Unto del Signore, il Cavaliere Banana, che non perde occasione per ostentare al mondo le sue invidiabili ed innate qualità di personaggio mai stimolato da un minimo senso di pudore, di dignità, di rossore e senso esasperato del ridicolo, aggiungeremmo noi, nel frenare le interessatissime – che se non fossero interessate allora sarebbero sintomo di grave farneticazione – accuse di falsità, vilipendio, comunismo ed altre scemenze simili a chiunque lo becchi in fallo nel commettere illeciti della più svariata natura, alla cui propensione sembra altrettanto chiaramente votato.
Dopo le decine di processi per corruzione, falso in bilancio, fondi neri all’estero, da cui è uscito non perché lindo come un angelo del Signore come si professa, ma solo in virtù di prosaiche amnistie e prescrizioni, alla stregua di un qualsivoglia zanza di periferia, durante i quali non ha risparmiato contumelie di ogni natura ai suoi accusatori ed alla magistratura inquirente, adesso, entrato a pieno titolo in un’inchiesta di presunta corruzione di parlamentari, ha già predisposto batterie contraeree e truppe cammellate per aprire un nuovo fronte di insulti ed accuse su chi del caso sta indagando.
Naturalmente in questa guerra senza quartiere non si muove solo, ma come al solito si avvale dello stuolo di predicatori, insolenti, reggi-bordone e cover girl che pur di difendere il capo non esitano a scadere a loro volta in un ridicolo incontenibile e disgustoso.
E così mentre il comune cittadino, che sarebbe ulteriormente perseguito, quantomeno per vilipendio, se solo si avventurasse a dichiarare un millesimo delle corbellerie che lui dichiara contro i magistrati, è costretto a mettersi nelle mani della giustizia affinché si faccia luce sulla sua presunta colpevole condotta, lui ed i suoi sodali si sperticano in auto assoluzioni alla sola insinuazione di dubbio, reclamando contro l’irriducibile teppaglia rossa che si anniderebbe nei tribunali, nei CSM e persino nella Corte Costituzionale.
Non si rende conto il poveretto, oppure rendendosene conto lo fa ad arte abituato com’è alla vita-spettacolo, che anche il più stupido dei cittadini di questa disgraziata repubblica non crede più a questo complotto infinito nei suoi confronti e a queste falangi segrete di comunisti beceri che puntualmente scatenano l’offensiva contro l’integerrimo cittadino Berlusconi senza macchia, con il solo obiettivo di fargli una cortesia, trasformandolo nella vittima predestinata del presunto odio neobolscevico.
Neanche Bettino Craxi, a cui il signor Berlusconi deve tanto delle sue discusse fortune, negli anni bui dell’esilio ad Hammamet ebbe una così straripante convinzione del fumus persecutionis cui si sentiva oggetto, probabilmente perché e a differenza del suo discepolo non aveva maturato una dose d’arroganza tale da renderlo in perpetuo ed irreversibile delirio d’onnipotenza, sotto il cui nefasto impulso si perde, appunto, il senso del pudore, del rossore e della dignità.
Il signor Saccà, direttore di Rai International, dalle intercettazioni telefoniche del quale si è mossa l’inchiesta, sembra aver confermato parecchi dei casi dai quali nascono gli addebiti a carico dell’Eletto di Arcore, pertanto l’interessato inquisito dovrebbe avere il buon senso di trovare gli argomenti a propria discolpa smentendo lo stesso Saccà con dati di fatto, non accusando con volgarità da mercato ortofrutticolo quella magistratura che, anzi, ogni tanto si rammenta di fare il proprio dovere.
E se Saccà è stato frainteso o non ha detto o fatto ciò di cui lo si accusa in solido con Berlusconi, lo si lasci verificare senza sollevare polveroni o gridando ancora una volta all’attentato regio anche quando si tratta solo di improvvidi autogol
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