venerdì, dicembre 14, 2007

Michela Vittoria Brambilla: ascesa e fasti di una politica di razza


Venerdì, 14 dicembre 2007
Da qualche tempo si aggira per i salotti di emittenti televisive private e pubbliche un’avvenente signora, non bellissima, ma carica di un fascino fisico decisamente dirompente, dai lunghi capelli colore arancia matura che si definisce una politica.
La signora, che ama vestire di scuro, probabilmente per meglio contrastare il colore della chioma, e che di nero sembrerebbe indossare anche ciò che normalmente non si vede, ma che lei maliziosamente lascia sbirciare ogni volta che se ne presenta l’occasione, - forse convinta di poter così dirottare l’attenzione dell’ascoltatore medio da ciò che dice a ciò che la qualifica come donna, - quale mezzo per la conquista del consenso, è l’ultimo acquisto del Signore di Arcore, Silvio Berlusconi, che non ha esitato un attimo ad arruolarla nel team dei personaggi più rappresentativi di Forza Italia, probabilmente folgorato da tutt’altro che dal suo modesto talento politico.
La signora Michela Vittoria Brambilla, al cui nome risponde il personaggio, è una giovane arrampicatrice di quotata schiatta. Figlia di Vittorio, noto industriale siderurgico brianzolo, è lei stessa imprenditrice nel settore degli alimenti per animali, attività grazie la quale si è guadagnata i vertici dei giovani imprenditori aderenti a Confcommercio.
Laureata in filosofia alla Cattolica, ha subito il fascino della politica nel 2006, quando è stata candidata nelle liste del movimento del Cavaliere in Veneto. Il mancato successo elettorale non ha disincentivato le sue ambizioni, così l’anno seguente ha pensato bene di autoproclamarsi Presidente dell’Associazione Nazionale Circoli della Libertà, entrando in pericolosissima rotta di collisione con il suo fondatore Marcello Dell’Utri. La postuma benevola benedizione del nazareno Silvio, che dai tempi di Titti la Rossa, - come era stata definita l’ex magistrato Tiziana Parenti confluita nelle liste di Forza Italia negli anni novanta, - ha sempre avuto nel bene e nel male la sindrome del rosso, l'ha tolta da ogni impiccio.
Ambienti qualificati di Forza Italia, vicini al Cavaliere in persona, la vorrebbero in tale rapida ascesa politica da indicarla addirittura come la più probabile erede di Berlusconi alla guida del movimento politico, quantunque, tra l’ostentazione di un malizioso merletto d’autoreggente ed un sorriso ammaliante, con falsa modestia la signora smentisca questo ruolo di predestinata.
Ciò che comunque sconcerta della signora Michela Vittoria non è tanto la rapidità folgorante della carriera all’interno di una Forza Italia che, si sa, è tana di volponi e di concorrenti agguerriti, - ma è il maglio di re Silvio a dettare legge, - quanto la sostanziale pochezza politica che mette in evidenza in ogni occasione in cui è chiamata a confrontarsi con avversari, che, quantunque modesti in qualche caso, hanno il pregio d'apparire eminenti statisti al suo cospetto.
Non c’è comunque né da fregarsi le manida farsi ingannare dalla pochezza del personaggio, poiché il furbo Berlusconi, profondo conoscitore delle debolezze umane, sa bene che nell’epoca dell’antipolitica e del tutto-fa-spettacolo tra Casini o Fassino e la Brambilla, l’ascolto alla fine predilige la seconda, visto che la politica è ancora faccenda da uomini e degli uomini è nota la debolezza verso elementi che con la politica c’entrano come i cavoli a merenda.
Questo è indiscutibilmente uno dei punti di forza della strategia di Berlusconi, il saper scegliere i piazzisti giusti in base al segmento di mercato. Così c’è Bonaiuti, che va bene per l’elettorato anziano, con il suo faccione da signore attempato, che predica con garbo e con altrettanta decisione le ragioni del suo capo. Bondi, con l’aria del ragioniere all’assemblea di condominio, che parla all’uomo della strada, magari incespicando e sputacchiando, ma sicuro di esser convincente grazie sdegnosa e lucida veemenza con cui riesce a dar corpo a quattro concetti sgangherati. C’è poi l’ex-socialista ed ex-associato alla P2, Cicchitto, che si rivolge alla classe superiore, con lo stile che gli deriva dal suo essere politico di lungo corso e dunque in grado di dar corpo con la sapiente maestria acquisita alla corte di Bettino Craxi persino alle ombre. Mancava un volto che si potesse riferire ai giovani, visto che l’esperienza della Gardini, che più che addetta stampa è lei ad essere una stampa, si è rivelata disastrosa. E allora spazio alla Brambilla, che per le giovani rappresenta l’incarnazione del successo, l’affrancamento femminile, oltre che la fascinosità con la quale si possono assecondare le vie del successo; per i maschietti un piacevole oscuro oggetto del desiderio la cui vista attizza i sensi, ma, allo stesso tempo, un modello credibile da emulare nella scalata al potere ed all’emersione sociale.
E poi, non si era accusata la politica di lasciare scarso spazio alle donne? Non erano i partiti i primi a predicare bene e razzolare male su quest’argomento? E non s’era detto che una buona percentuale delle liste elettorali avrebbe dovuto essere riservata alle donne? E allora vai con la Zanicchi, con la Gardini, con la Colli, con la Brambilla e qualche altra, anche se la politica, per parecchie di queste, non ci azzeccava niente: nella politica spettacolo, nell’era del trionfo dell’apparenza sull’essere, conta il gesto e più del risultato. D’altra parte se qualcuna di queste signore è stata trombata – e non ce ne voglia il lettore per l’equivocità del termine in questo caso – fa parte delle regole del gioco, dato che la politica è fatta anche d’insuccessi, senza distinzione di sesso, razza e religione.
Comunque alla brillante signora Brambilla vorremmo dare un suggerimento, considerato che le mezze misure non sempre pagano. La brava Sharon Stone è passata alla storia grazie ad un ormai mitico incrocio di gambe, in virtù del quale il suo successo, pur meritato, è diventato esponenziale. Se la Michela Vittoria ci riservasse un play-back di quella performance ci toglieremmo anche il dubbio che il suo rossiccio sia colore originale.
Certo, che la storia sia maestra di vita è cosa nota, così come è noto che in un modo o nell’altro vi sono cicli nell’esistenza umana che ripropongono situazioni vissute, che si credeva non avrebbero mai più potuto riproporsi. Così nessuno penserebbe mai che un giorno potrebbe ritornare un imperatore a cui salti in mente di nominare senatore il proprio somaro, come accadde nell’antica Roma. Tuttavia non bisogna farsi trarre in inganno dalla ricerca delle eguaglianze, dato che la storia si manifesta anche sotto camuffate spoglie. A questa stregua, sebbene non ci siano più gli imperatori, ma non è detto che somari o animali d’altra specie non possano assurgere a ranghi di rilievo.

0 Commenti:

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page