Spoiling system all'amatriciana
Venerdì, 30 novembre 2007
Da molti anni, da quando nel lontano ’94 Berlusconi fece il proprio esordio nella politica del nostro Paese, imponendo l’importazione di meccanismi yankee a lui così cari nella gestione della cosa pubblica, si sente parlare di spoiling system, quel meccanismo inventato in America in forza del quale chi assume il potere in seguito ad una elezione ha il diritto di insediare nelle posizioni chiave di sottogoverno persone lui vicine. Questo meccanismo ha una sua ragion d’essere, garantendo a chi gestisce il potere di evitare conflittualità e rallentamenti nell’opera di governo per tutta la durata del mandato. Tale conflittualità sarebbe d’altra parte inevitabile qualora nelle cosiddette posizioni chiave ci fossero esponenti della fazione sconfitta, che potrebbero profittare di quella posizione proprio per indebolire chi detiene la maggioranza.
E’ del tutto inutile sottolineare che l’esercizio di un tale strumento richiede il possesso di una grande e radicata cultura della democrazia, che non trasformi il meccanismo in uno mezzo di puro controllo ed allineamento dei cittadini al potere dominante. Nei Paesi dove il sistema è stato importato non sempre il ricorso di queste condizioni è stato riscontrato. Anzi in qualche caso è divenuto un metodo attraverso il quale si è potuto far scempio di leggi, regolamenti ed usi ereditati al solo scopo di coltivare meschine clientele e stuoli di opportunisti. Come si può intuire, tra questi esempi di abuso del sistema entra a pieno titolo l’Italia.
Non sappiamo se sia vero. La formula dubitativa va sempre riconosciuta sino alla definitiva condanna dell’imputato. Ma il caso di Letizia Moratti, - la signora ex Ministro della Pubblica Istruzione durante il governo Berlusconi ed ora sindaco di Milano, imparentata con una delle famiglie più in vista della città meneghina, - sembra non mostrare dubbi sin dal suo esordio inquirente.
Le 91 bucce di banana su cui sembra abbia fatto un inglorioso capitombolo, rappresentate dagli altrettanti superdirigenti assunti dal Comune su delibera della sua Giunta, sono di carne ed ossa ed hanno un nome ed un codice fiscale. Dunque, nulla sembra solo il frutto di un’ipotesi o del classico agguato perpetrato da un’opposizione malvagia, che s’inventa di tutto pur di mettere in difficoltà la maggioranza. Anzi, nel caso della signora Moratti, è ancora vivo il ricordo delle mille diffide e denunce politiche fatte da coloro che apparivano solo nemici in Consiglio comunale, che avevano già preannunciato il ricorso alla magistratura penale ed a quella contabile qualora il neo sindaco non avesse receduto dalla decisione di imbottire la struttura dirigenziale dell’apparato comunale con amici e raccomandati da mettere al posto di funzionari trombati perché non più graditi. Operazione di pulizia etnica, - brillante esempio di quale sia il significato altamente democratico che certi pavoni politici di casa nostra danno al termine democrazia, - costata al Comune di Milano parecchi milioni di euro in risarcimenti bonari necessari a tacitare i trombati e parecchi milioni di euro per rimpiazzare in numero esponenziale quei trombati.
Ovviamente, trattandosi di denaro dei contribuenti, - che ogni buon amministratore pubblico, in questo Paese dallo squallore morale più unico che raro, ritiene di poter gestire come fosse personale dotazione messagli a disposizione in virtù dell’incarico acquisito, - non si è badato a spese, essendo primario l’obiettivo di contentare la miriade dei questuanti che normalmente fan codazzo a chi detiene il potere ed ai quali quest’ultimo deve riconoscenza per il traguardo raggiunto.
Ma quel che più disgusta e ciò che sta emergendo dall’indagine in corso, dalla quale risulterebbe che dei 91 baciati dalla sorte ben 90 sono assolutamente privi di ogni minimo requisito previsto per l’impiego nelle funzioni cui sono stati destinati. Uno di questi, poi, tal Carmela Madaffari, assunta in qualità di Direttore centrale del settore Educazione e servizi sociali, rende l’operazione Moratti quasi macabra, dovendo vantare il personaggio nel suo curriculum l’allontanamento coatto da ben tre ASL calabresi per gravissime irregolarità ed inadempienze professionali.
Sono fatti che, se confermati da riscontri oggettivi, non possono che lasciare allibiti, e non per l’esemplare arroganza con la quale sono stati commessi, a cui siamo disgraziatamente avvezzi, quanto per l’ostentazione di una impunità ed impunibilità con la quale essi stessi vengono compiuti, tali da non consigliare agli autori almeno l’attenzione a salvar la faccia.
Per la cronaca va messo in evidenza che, contrariamente a quanto disposto da precise norme di legge, per i posti da ricoprire non è stata esperita alcuna procedura di ricerca interna tra i 1300 funzionari in organico, che avrebbero potuto legittimamente aspirare alla copertura di una delle posizioni dichiarate vacanti.
Parimenti, non stupisce che a posti di così elevata responsabilità siano stati nominati acclarati incompetenti: come ebbero a sostenere il professor Galimberti, ordinario di filosofia all’università Ca’ Foscari di Venezia, ed il professor Celli, rettore della Luiss di Roma, qualche giorno fa nel corso di un noto talk-show televisivo, il potere ama circondarsi di persone fidate e non minaccianti, disponibili ad assecondare le decisioni senza mai contraddire e controbattere; in una parola, di servi E questo servilismo con annessa vocazione sembrano ormai esser divenuti i requisiti principali per accaparrarsi un posto di lavoro in quest’italietta dai mille disoccupati e dagli altrettanto raccomandati .
E con questa amarezza mista a rabbia ci tocca sentire donna Letizia dichiararsi “serena e fiduciosa nell’esito delle indagini che non potranno che rendere giustizia” al suo adamantino operato (sic!).
Un tempo, con un grazioso gioco di parole, si diceva che ci vuol faccia per avere una certa faccia!, come dire che c’è un limite anche alla sfrontatezza. C’è il legittimo sospetto che ormai in Italia chi è in politica al posto della faccia si sia fatto trapiantare ben altro apparato corporeo, notoriamente più coriaceo, incapace d’arrossire e più avvezzo a sopportare gli urti.
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