La coerenza della politica nell’Italia dei partiti golpisti
Venerdì, 7 marzo 2008
Quando si parla di coerenza è buona regola non far mai riferimento alla politica, che, se non a caso fu definita dai tempi della Balena Bianca l’arte del possibile, sappiamo non rispondere ai criteri normalmente percepiti dalla logica comune. Questa pratica, che insigni studiosi hanno promosso al rango di vera e propria scienza, in verità di scientifico ha assai poco, qualora non debba intendersi per tale l’insieme dei meccanismi con i quali i suoi adepti scientemente manipolano sistematicamente ad uso e consumo personale l’altrui ed il proprio pensiero, senza peritarsi del disorientamento sistematico che generano in coloro che si danno pena seguirne le vicende e di ascoltarne le roboanti dichiarazioni.
Questa peculiarità, che trascende persino il concetto stesso di umana natura senza per questo rappresentare una patologia conclamata, è paradossalmente il comune denominatore delle forze, anche contrapposte, che costellano il panorama politico del nostro Paese, dato che è presente sia nel modus operandi della destra che della sinistra e del centro degli schieramenti e fa sì che, in quest’arco apparentemente variegato di istanze e finalità, spesso gli uni si confondano agli altri, lasciando basito ed incerto il non addetto ai lavori.
Ne deriva che il Berlusconi predichi la necessità di tagliare le tasse con la stessa veemenza alla quale ricorre Bertinotti, o che Veltroni reclami attenzione alla sicurezza della vivibilità dei cittadini con la stessa forza con la quale la reclamano Fini o Bossi, in un processo senza soluzione di continuità tale da far impazzire persino le bussole più sofisticate.
Mai, poi, come di questi tempi s’è visto un ricorso così sfacciato alla pratica della smentita di quanto affermato qualche momento prima, accampando pretestuosi fraintendimenti di chi ha ascoltato o più macchinose estrapolazioni di singole affermazioni da contesti fraseologici più complessi, che traviserebbero il senso vero di ciò che si è detto. Ed è tale il livello di aberrazione da arrivare al punto di prender le distanze persino da ciò che risulta inconfutabile da registrazioni, quasi che anche le macchine partecipino ammiccanti alla congiura contro lo spergiuro di turno.
Infine, come in ogni epilogo che si rispetti, v’è l’apoteosi della retromarcia, consistente nel fare ciò che si era giurato, bibbia in mano, di non fare mai a qualunque costo e per qualunque ragione al mondo. Questa apoteosi si celebra ormai quotidianamente. Così Fini, dopo non aver risparmiato ferocissime critiche all’ex alleato Berlusconi, reo di aver fondato un nuovo partito dal predellino di un’auto, senza averlo consultato prima e che giura che mai potrà ricostituirsi un’alleanza politica con il Nano-che-ride, eccolo nuovamente a reggere il moccolo al Cavaliere; eccolo nell’arco di qualche ora tornare all’ovile come un cane bastonato e addirittura preannunciare niente meno che lo scioglimento di AN e la sua confluenza in quel PdL del bistrattato ex ed allo stesso tempo ritrovato alleato; con Mastella ormai ridotto al ruolo di misero questuante al quale tutti hanno chiuso la porta in faccia nonostante la grandiosa azione di killeraggio con la quale aveva fatto cadere il governo Prodi, lusingato dalle promesse della destra di un’accoglienza nello loro liste; all’ottuagenario Ciriaco De Mita, che, risoluto nel non voler gettar la spugna, messo alla porta dai suoi ex amici DS e Margherita non esita a confluire nelle liste dell’orfano Casini, con il quale non ha in comune se non lo sviscerato amore per la poltrona su cui sta seduto da anni immemorabili; a Di Pietro, ex eroe del defunto e dimenticato Mani Pulite, che dopo aver flirtato con Tabacci e l’UDC, finisce per farsi impalmare dal PD che sta su opposta sponda; a Bertinotti e compagni vari, che hanno sparso liquami sul ruolo egemone e interdittorio di DS, Ulivo e Margherita nella precedente coalizione e che caldeggia un apparentamento elettorale con gli stessi in nome della necessità di non consegnare il Paese all’Unto del Signore di Arcore; a Lombardo, leader del movimento autonomista siciliano, che pur di aggrapparsi al bracciolo di quella poltrona di Governatore della Sicilia che spera di far sua che non esita ad allearsi con Berlusconi e la Lega, - sì proprio quella Lega Lombarda di Bossi, Maroni, Calderoli e Borghezio che dicono peste e corna dei terroni.
E si potrebbe continuare all’infinito nel citare chicche similari e ricorrenti di ordinaria follia con la quale questo indomito drappello di fannulloni e grassatori del popolo idiota giornalmente gioca la propria partita a poker solo per salvaguardare i propri ed esclusivi interessi di potere.
D’altra parte poter vantare di aver avuto un Ministro autore di una legge da lui stesso definita una porcata non è cosa di comune vanto. Chissà quanti altri stati al mondo ci invidiano la presenza nello scenario politico e parlamentare di macchiette come Calderoli, quantunque forse non è loro chiaro come sia forte ed irrealizzabile con i metodi della democrazia liberarsi di questi guitti della giostra politica, della cui scomparsa probabilmente non si accorgerebbe alcuno.
Il dramma vero è che in questa Italietta smidollata e ignava si è realizzato nei fatti un golpe da parte dei capi partito ed annesse segreterie, che sono i veri santuari in cui si decide chi andrà ad occupare gli scranni in parlamento, al di fuori di qualsivoglia minimo controllo del cittadino elettore e pagante i loro principeschi stipendi. E’ assurdo che il voto dato ad un partito consenta l’elezione di un incapace nella migliore delle ipotesi e di un farabutto dimostrato in tanti altri casi, solo perché una legge elettorale immorale e golpista ha privato il popolo del legittimo potere di scelta. Né da questa distruzione della legalità si può tirar fuori il nostro Presidente Napolitano, - che non fa mistero del suo sdegno per la legge in questione, - dato che anziché mandare alla Consulta la legge incriminata per una doverosa verifica di legittimità costituzionale ha preferito apporre la propria firma per la promulgazione. E questo chiude il quadro sulla coerenza della politica, un quadro nel quale di certo i De Gasperi, i Pertini, i Berlinguer – per citare alcuni nomi di uomini giusti ancora nella nostra memoria, - non si sarebbero certo fatti ritrarre, non per modestia ma per la vergogna.
Questa peculiarità, che trascende persino il concetto stesso di umana natura senza per questo rappresentare una patologia conclamata, è paradossalmente il comune denominatore delle forze, anche contrapposte, che costellano il panorama politico del nostro Paese, dato che è presente sia nel modus operandi della destra che della sinistra e del centro degli schieramenti e fa sì che, in quest’arco apparentemente variegato di istanze e finalità, spesso gli uni si confondano agli altri, lasciando basito ed incerto il non addetto ai lavori.
Ne deriva che il Berlusconi predichi la necessità di tagliare le tasse con la stessa veemenza alla quale ricorre Bertinotti, o che Veltroni reclami attenzione alla sicurezza della vivibilità dei cittadini con la stessa forza con la quale la reclamano Fini o Bossi, in un processo senza soluzione di continuità tale da far impazzire persino le bussole più sofisticate.
Mai, poi, come di questi tempi s’è visto un ricorso così sfacciato alla pratica della smentita di quanto affermato qualche momento prima, accampando pretestuosi fraintendimenti di chi ha ascoltato o più macchinose estrapolazioni di singole affermazioni da contesti fraseologici più complessi, che traviserebbero il senso vero di ciò che si è detto. Ed è tale il livello di aberrazione da arrivare al punto di prender le distanze persino da ciò che risulta inconfutabile da registrazioni, quasi che anche le macchine partecipino ammiccanti alla congiura contro lo spergiuro di turno.
Infine, come in ogni epilogo che si rispetti, v’è l’apoteosi della retromarcia, consistente nel fare ciò che si era giurato, bibbia in mano, di non fare mai a qualunque costo e per qualunque ragione al mondo. Questa apoteosi si celebra ormai quotidianamente. Così Fini, dopo non aver risparmiato ferocissime critiche all’ex alleato Berlusconi, reo di aver fondato un nuovo partito dal predellino di un’auto, senza averlo consultato prima e che giura che mai potrà ricostituirsi un’alleanza politica con il Nano-che-ride, eccolo nuovamente a reggere il moccolo al Cavaliere; eccolo nell’arco di qualche ora tornare all’ovile come un cane bastonato e addirittura preannunciare niente meno che lo scioglimento di AN e la sua confluenza in quel PdL del bistrattato ex ed allo stesso tempo ritrovato alleato; con Mastella ormai ridotto al ruolo di misero questuante al quale tutti hanno chiuso la porta in faccia nonostante la grandiosa azione di killeraggio con la quale aveva fatto cadere il governo Prodi, lusingato dalle promesse della destra di un’accoglienza nello loro liste; all’ottuagenario Ciriaco De Mita, che, risoluto nel non voler gettar la spugna, messo alla porta dai suoi ex amici DS e Margherita non esita a confluire nelle liste dell’orfano Casini, con il quale non ha in comune se non lo sviscerato amore per la poltrona su cui sta seduto da anni immemorabili; a Di Pietro, ex eroe del defunto e dimenticato Mani Pulite, che dopo aver flirtato con Tabacci e l’UDC, finisce per farsi impalmare dal PD che sta su opposta sponda; a Bertinotti e compagni vari, che hanno sparso liquami sul ruolo egemone e interdittorio di DS, Ulivo e Margherita nella precedente coalizione e che caldeggia un apparentamento elettorale con gli stessi in nome della necessità di non consegnare il Paese all’Unto del Signore di Arcore; a Lombardo, leader del movimento autonomista siciliano, che pur di aggrapparsi al bracciolo di quella poltrona di Governatore della Sicilia che spera di far sua che non esita ad allearsi con Berlusconi e la Lega, - sì proprio quella Lega Lombarda di Bossi, Maroni, Calderoli e Borghezio che dicono peste e corna dei terroni.
E si potrebbe continuare all’infinito nel citare chicche similari e ricorrenti di ordinaria follia con la quale questo indomito drappello di fannulloni e grassatori del popolo idiota giornalmente gioca la propria partita a poker solo per salvaguardare i propri ed esclusivi interessi di potere.
D’altra parte poter vantare di aver avuto un Ministro autore di una legge da lui stesso definita una porcata non è cosa di comune vanto. Chissà quanti altri stati al mondo ci invidiano la presenza nello scenario politico e parlamentare di macchiette come Calderoli, quantunque forse non è loro chiaro come sia forte ed irrealizzabile con i metodi della democrazia liberarsi di questi guitti della giostra politica, della cui scomparsa probabilmente non si accorgerebbe alcuno.
Il dramma vero è che in questa Italietta smidollata e ignava si è realizzato nei fatti un golpe da parte dei capi partito ed annesse segreterie, che sono i veri santuari in cui si decide chi andrà ad occupare gli scranni in parlamento, al di fuori di qualsivoglia minimo controllo del cittadino elettore e pagante i loro principeschi stipendi. E’ assurdo che il voto dato ad un partito consenta l’elezione di un incapace nella migliore delle ipotesi e di un farabutto dimostrato in tanti altri casi, solo perché una legge elettorale immorale e golpista ha privato il popolo del legittimo potere di scelta. Né da questa distruzione della legalità si può tirar fuori il nostro Presidente Napolitano, - che non fa mistero del suo sdegno per la legge in questione, - dato che anziché mandare alla Consulta la legge incriminata per una doverosa verifica di legittimità costituzionale ha preferito apporre la propria firma per la promulgazione. E questo chiude il quadro sulla coerenza della politica, un quadro nel quale di certo i De Gasperi, i Pertini, i Berlinguer – per citare alcuni nomi di uomini giusti ancora nella nostra memoria, - non si sarebbero certo fatti ritrarre, non per modestia ma per la vergogna.
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