Veltroni facci sognare: piccolo manuale della vendita porta a porta
Sabato, 8 marzo 2008
Per quanto la politica abbia prerogativa di imperscrutabilità, viene il sospetto che dietro le decisioni criptiche ci sia spesso una qualche volontà di saldare conti pendenti, che la dissimulata demenzialità delle decisioni vorrebbero nascondere.
A questa probabile regola non dichiarata non si sottrae neanche il predicatore Veltroni, che inauditamente prima esclude dalle liste Beppe Lumia e, poi in extremis dopo che Di Pietro si era offerto di recuperarlo, fa un’inattesa retromarcia e lo candida niente meno che capolista al senato per il collegio dell’isola: come dire, dalle stalle alle stelle. Ma se di per se stessa la notizia potrebbe apparire solo un bizzarro atto riparatore di una svista imperdonabile, sono le motivazioni di questo “recupero” che lasciano di stucco. «La battaglia contro le mafie, contro la criminalità organizzata, per la difesa della legalità, è al centro non solo del programma – ha dichiarato serafico Veltroni, prendendo atto delle critiche per l'iniziale esclusione del capogruppo Ds in commissione Antimafia oggetto di numerose minacce da parte delle cosche organizzate - e della concreta azione del Partito democratico, ma della sua stessa identità». Poi ha aggiunto che tale impegno di lotta «vale per tutto il Paese, per tutta l'Italia, e vale in particolare per quelle regioni e aree del Mezzogiorno dove le vite dei cittadini e lo sviluppo di interi pezzi di territorio vanno liberati dal condizionamento delle organizzazioni mafiose. La lotta alla mafia è una concreta e difficile pratica, non è sufficiente legarla ad una persona. È un impegno collettivo e di tutto il Partito democratico. La stessa scelta coraggiosa che Anna Finocchiaro ha fatto ne è la più evidente delle dimostrazioni». Veltroni si è detto «convinto che contro la mafia sia indispensabile schierare e spendere tutte le migliori energie della società e delle istituzioni. Ho chiesto perciò al professor Ignazio Marino, candidato anche nel Lazio, di rinunciare alla sua doppia candidatura per far posto, come capolista al Senato in Sicilia, a Beppe Lumia. Il professor Marino, per la sua sensibilità e il suo amore per la Sicilia, ha accettato la mia proposta».
A parte prendere atto per la commovente rinuncia del professor Marino alla doppia candidatura, rinuncia che alla luce delle dichiarazioni di Veltroni deve essere avvenuta a conclusione di un lacerante travaglio interiore, è stupefacente come di un uomo che ha rischiato in molte occasioni di rimetterci la vita nel personale impegno contro le cosche e il malaffare si evidenzi quasi una sorta di personalismo in questa guerra, al punto da motivarne l’esclusione dalle liste di partito. E’ evidente che il signor Veltroni quando rilascia queste dichiarazioni ha l’arrogante convinzione di avere a che fare con dei fessi disposti a bere tutte le stupidaggini che propina loro pur di giustificare il suo incedere da gambero. Mentre sarebbe stato più elegante e convincente che avesse motivato l’esclusione di Lumia con ragioni più vere e attendibili, allo stesso tempo lascia perplessi l’atteggiamento dell’interessato, che non ha speso una parola per commentare l’infelice show down del segretario del partito cui aderisce.
Come rileva l’Unità, l’imbarazzante magra di Veltroni non si è conclusa con il caso Lumia, poiché anche con la questione sicurezza sul lavoro e morti bianche – giunte ormai a livello di paesi del terzo mondo, - ha collezionato l’ennesima topica, lasciando intendere dalle dichiarazioni rilasciate nel corso di un incontro con gli artigiani che la causa degli infortuni non è da ascrivere ai soli datori di lavoro, ma anche all’impreparazione con la quale i lavoratori, specialmente quelli precari, affrontano il ciclo di produzione in cui sono impiegati. Premesso che non si può non essere d’accordo con la necessità di una formazione adeguata dei lavoratori alla prevenzione degli infortuni, forse il populista Veltroni finge di dimenticare che spetta agli imprenditori imporre con ogni mezzo l’utilizzo dei sistemi di prevenzione e la sorveglianza stretta sull’uso dei mezzi antinfortunistici. Non è concepibile che si ribaltino i termini della grave questione attribuendo ai lavoratori scarsa preparazione e superficialità, omettendo di stigmatizzare comportamenti padronali sostanzialmente omissivi e propensi a risparmiare sui costi dell’antinfortunistica o all’esasperazione dei ritmi di lavoro in nome del dio profitto.
Ma più opportunamente si ha l’impressione che questa sfilza di “inciampi” più che espressione della stanchezza del Segretario del PD, siano artati tentativi di guadagnare ogni giorno un piccolo margine di accreditamento in chi, in questa nuova formazione politica, vede ancora i figliocci in monclair dei vecchi gerarchi del PC e non la sinistra illuminata e riformatrice che dichiara di essere. Ad avvalorare il sospetto concorre la risposta alle critiche che sono arrivate dalla Sinistra Arcobaleno per la candidatura di Massimo Calearo, "falco" della Confindustria e presidente di Federmeccanica, nelle liste del PD, che Veltroni liquida con disinvoltura con linguaggio da fare invidia al rinnegato Kautsky: l'idea della lotta di classe «fotografa una fase storica dell'Italia che non c'è più», in quanto esisterebbe una comunanza di destino fra gli imprenditori e i lavoratori, quantunque, - sottolineiamo noi, - i primi continuino ad arricchirsi sull’impoverimento e lo sfruttamento dei secondi. Ed in perfetta sintonia sull’argomento è intervenuto il vice di Veltroni, Dario Franceschini, che in una intervista a Panorama insiste sul processo di unificazione sociale alla base del progetto del Pd: «Mettere nella stessa lista -dice - imprenditori e sindacalisti, atei e cattolici, ricchi e poveri, significa lavorare perché cadano anche in Italia i muri tra industriali e operai, tra professionisti e impiegati, tra laici e cattolici, tra nord e sud». E conclude: «Intendiamo creare una grande forza nazionale che porti dentro di sé tutto il Paese, capace di parlare non solo al popolo di centrosinistra, ma a tutti gli italiani». Amen, sarebbe il caso di aggiungere, sebbene sia stata forse solo una dimenticanza del prode Franceschini.
Certo qualcuno si è convinto, o finge di esser convinto per puro opportunismo egemonico, che si possano realizzare condizioni di maggiore vivibilità sociale con blazer e farfallino, - che l’idea se l’agguantasse il Berlusconi diverrebbe “una giacca per tutti”. – sottacendo come tali condizioni si possano realizzare solo attraverso una più equa redistribuzione dei redditi, una maggiore condizione di legalità, una più ampia tutela delle categorie deboli con rinnovati meccanismi di stato sociale, un sistema più trasparente di accesso al lavoro, serio e continuativo, con misure note anche ai manuali delle Giovani Marmotte; mente non si va lontano con le chiacchiere da salotto perbenista e, peggio ancora, con gli imbonitori ed i venditori d’enciclopedie.
A questa probabile regola non dichiarata non si sottrae neanche il predicatore Veltroni, che inauditamente prima esclude dalle liste Beppe Lumia e, poi in extremis dopo che Di Pietro si era offerto di recuperarlo, fa un’inattesa retromarcia e lo candida niente meno che capolista al senato per il collegio dell’isola: come dire, dalle stalle alle stelle. Ma se di per se stessa la notizia potrebbe apparire solo un bizzarro atto riparatore di una svista imperdonabile, sono le motivazioni di questo “recupero” che lasciano di stucco. «La battaglia contro le mafie, contro la criminalità organizzata, per la difesa della legalità, è al centro non solo del programma – ha dichiarato serafico Veltroni, prendendo atto delle critiche per l'iniziale esclusione del capogruppo Ds in commissione Antimafia oggetto di numerose minacce da parte delle cosche organizzate - e della concreta azione del Partito democratico, ma della sua stessa identità». Poi ha aggiunto che tale impegno di lotta «vale per tutto il Paese, per tutta l'Italia, e vale in particolare per quelle regioni e aree del Mezzogiorno dove le vite dei cittadini e lo sviluppo di interi pezzi di territorio vanno liberati dal condizionamento delle organizzazioni mafiose. La lotta alla mafia è una concreta e difficile pratica, non è sufficiente legarla ad una persona. È un impegno collettivo e di tutto il Partito democratico. La stessa scelta coraggiosa che Anna Finocchiaro ha fatto ne è la più evidente delle dimostrazioni». Veltroni si è detto «convinto che contro la mafia sia indispensabile schierare e spendere tutte le migliori energie della società e delle istituzioni. Ho chiesto perciò al professor Ignazio Marino, candidato anche nel Lazio, di rinunciare alla sua doppia candidatura per far posto, come capolista al Senato in Sicilia, a Beppe Lumia. Il professor Marino, per la sua sensibilità e il suo amore per la Sicilia, ha accettato la mia proposta».
A parte prendere atto per la commovente rinuncia del professor Marino alla doppia candidatura, rinuncia che alla luce delle dichiarazioni di Veltroni deve essere avvenuta a conclusione di un lacerante travaglio interiore, è stupefacente come di un uomo che ha rischiato in molte occasioni di rimetterci la vita nel personale impegno contro le cosche e il malaffare si evidenzi quasi una sorta di personalismo in questa guerra, al punto da motivarne l’esclusione dalle liste di partito. E’ evidente che il signor Veltroni quando rilascia queste dichiarazioni ha l’arrogante convinzione di avere a che fare con dei fessi disposti a bere tutte le stupidaggini che propina loro pur di giustificare il suo incedere da gambero. Mentre sarebbe stato più elegante e convincente che avesse motivato l’esclusione di Lumia con ragioni più vere e attendibili, allo stesso tempo lascia perplessi l’atteggiamento dell’interessato, che non ha speso una parola per commentare l’infelice show down del segretario del partito cui aderisce.
Come rileva l’Unità, l’imbarazzante magra di Veltroni non si è conclusa con il caso Lumia, poiché anche con la questione sicurezza sul lavoro e morti bianche – giunte ormai a livello di paesi del terzo mondo, - ha collezionato l’ennesima topica, lasciando intendere dalle dichiarazioni rilasciate nel corso di un incontro con gli artigiani che la causa degli infortuni non è da ascrivere ai soli datori di lavoro, ma anche all’impreparazione con la quale i lavoratori, specialmente quelli precari, affrontano il ciclo di produzione in cui sono impiegati. Premesso che non si può non essere d’accordo con la necessità di una formazione adeguata dei lavoratori alla prevenzione degli infortuni, forse il populista Veltroni finge di dimenticare che spetta agli imprenditori imporre con ogni mezzo l’utilizzo dei sistemi di prevenzione e la sorveglianza stretta sull’uso dei mezzi antinfortunistici. Non è concepibile che si ribaltino i termini della grave questione attribuendo ai lavoratori scarsa preparazione e superficialità, omettendo di stigmatizzare comportamenti padronali sostanzialmente omissivi e propensi a risparmiare sui costi dell’antinfortunistica o all’esasperazione dei ritmi di lavoro in nome del dio profitto.
Ma più opportunamente si ha l’impressione che questa sfilza di “inciampi” più che espressione della stanchezza del Segretario del PD, siano artati tentativi di guadagnare ogni giorno un piccolo margine di accreditamento in chi, in questa nuova formazione politica, vede ancora i figliocci in monclair dei vecchi gerarchi del PC e non la sinistra illuminata e riformatrice che dichiara di essere. Ad avvalorare il sospetto concorre la risposta alle critiche che sono arrivate dalla Sinistra Arcobaleno per la candidatura di Massimo Calearo, "falco" della Confindustria e presidente di Federmeccanica, nelle liste del PD, che Veltroni liquida con disinvoltura con linguaggio da fare invidia al rinnegato Kautsky: l'idea della lotta di classe «fotografa una fase storica dell'Italia che non c'è più», in quanto esisterebbe una comunanza di destino fra gli imprenditori e i lavoratori, quantunque, - sottolineiamo noi, - i primi continuino ad arricchirsi sull’impoverimento e lo sfruttamento dei secondi. Ed in perfetta sintonia sull’argomento è intervenuto il vice di Veltroni, Dario Franceschini, che in una intervista a Panorama insiste sul processo di unificazione sociale alla base del progetto del Pd: «Mettere nella stessa lista -dice - imprenditori e sindacalisti, atei e cattolici, ricchi e poveri, significa lavorare perché cadano anche in Italia i muri tra industriali e operai, tra professionisti e impiegati, tra laici e cattolici, tra nord e sud». E conclude: «Intendiamo creare una grande forza nazionale che porti dentro di sé tutto il Paese, capace di parlare non solo al popolo di centrosinistra, ma a tutti gli italiani». Amen, sarebbe il caso di aggiungere, sebbene sia stata forse solo una dimenticanza del prode Franceschini.
Certo qualcuno si è convinto, o finge di esser convinto per puro opportunismo egemonico, che si possano realizzare condizioni di maggiore vivibilità sociale con blazer e farfallino, - che l’idea se l’agguantasse il Berlusconi diverrebbe “una giacca per tutti”. – sottacendo come tali condizioni si possano realizzare solo attraverso una più equa redistribuzione dei redditi, una maggiore condizione di legalità, una più ampia tutela delle categorie deboli con rinnovati meccanismi di stato sociale, un sistema più trasparente di accesso al lavoro, serio e continuativo, con misure note anche ai manuali delle Giovani Marmotte; mente non si va lontano con le chiacchiere da salotto perbenista e, peggio ancora, con gli imbonitori ed i venditori d’enciclopedie.
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