Il gioco al massacro della provocazione
Mercoledì, 16 dicembre 2009
In tutte le aggregazioni umane è sempre presente una fauna variegata, composta da intelligenze superiori, intelligenze normali, intelligenze sotto la norma e stupidità diffusa. Quest’ultima, come è facile constatare, è purtroppo rappresenta la maggioranza rispetto alle tipologie indicate in precedenza e costituisce un humus pericolosissimo nel quale può svilupparsi una violenza indotta, causata molto spesso all’esasperante modalità di chi è affetto da tale patologica limitatezza di istigare e provocare con atteggiamenti verbali e comportamentali gli interlocutori. Questa patologia è ovviamente presente anche in politica, dove schiere di sciocchi, stupidi, idioti e categorie affini affliggono la vita quotidiana e hanno gradatamente reso invivibile il clima sociale del paese.
Ma se a queste categorie disgraziate si associano i furbi mestatori, gli agitatori professionisti, quelli che lamentano inesistenti aggressioni, al solo scopo di giustificare la ragione per la quale girano armati di spranghe verbali per menare fendenti di inaudita cattiveria agli avversari, allora il gioco si fa veramente duro e il pericolo di derive violente assume molto più corpo.
Costoro escono al mattino da casa armati di poderose clave e menano fendenti da orbi a tutti coloro che incontrano sul loro cammino e, quando viene chiesto loro la ragione di tale atteggiamento, denunciano antichi quanto inesistenti motivi di provocazione subita a giustificazione del pestaggio sistematico che perpetrano ai danni altrui.
Queste categorie sono assai numerose tra le file degli addetti in servizio permanente del PdL, dove l’hobby dell’aggressione sistematica all’avversario è molto diffusa e, per certi versi, è divenuto strumento sistematico di confronto-scontro: si insultano gli avversari per provocarne una reazione che giustifichi una successiva aggressione, motivata da legittima difesa. Ovviamente v’è chi usa lo strumento in modo plateale se non maldestramente, ma v’è pure chi dell’uso del randello ha fatto un’arte vera e propria e lo manovra con tale maestria da fare invidia ad un pittore di talento.
A questi virtuosi della mazza appartiene Fabrizio Cicchitto, ex socialista dell’era craxiana, balzato come cavalletta sul carro berlusconiano al tramonto della stella del suo leader. A lui si debbono le affermazioni più forti e gli slogan più sanguinolenti e velenosi della campagna di propaganda di Forza Italia, ieri, e del PdL oggi, contro magistrati, media non addomesticati, istituzioni in dissenso con le linee imposte dalla maggioranza di governo, giornalisti non inclusi nel libro paga del potere dominante e così discorrendo. Ieri, per esempio, ha tuonato contro una presunta trimurti che, a suo giudizio, avrebbe grandi responsabilità morali nell’avere armato la mano del feritore di Berlusconi. «A condurre questa campagna» – ha asserito – «è un network composto dal gruppo editoriale “la Repubblica-L’Espresso”», - per intendersi, quello al quale il suo padrone deve un risarcimento di 780 milioni di euro in virtù di una sentenza di condanna connessa alla corruzione nella vicenda Mondadori, - «da quel mattinale delle Procure che è il Fatto, da una trasmissione di Santoro e da un terrorista mediatico di nome Travaglio, oltre che da alcuni pubblici ministeri, che hanno nelle mani processi tra i più delicati sul terreno del rapporto mafia-politica e che vanno in tv a demonizzare Berlusconi».
Se tutto questo non bastasse, l’intrepido pestatore calca ulteriormente la mano aggiungendo: «Capiamo come, dopo quello che è accaduto, ci sia chi ha la coscienza sporca e sia alla ricerca di un alibi e quindi di un altro bersaglio. Nessuna intimidazione e anche nessun “fuoco amico” ci chiuderà la bocca» – dice Cicchitto. - «Detto tutto questo, l'evocazione dell'attacco alla libertà di stampa [da parte de “la Repubblica”, ndr] è l'ennesima mistificazione: una catena editoriale sviluppa contro un leader politico una forsennata campagna di stampa, ma se qualcuno osa rispondere allora la medesima catena editoriale grida all'attentato alla libertà di stampa. Sulla base di questa logica “la Repubblica” ha licenza di attacco e coloro che sono oggetto di esso dovrebbero solo accettare, riverenti, insulti e scomuniche e poi ringraziare per l'onore ricevuto», e con queste conclusioni il prode alfiere delle ragioni di casa PdL motiva il proprio sconsiderato attacco a coloro che ritiene acerrimi nemici, con evidente indifferenza per l’appello a contenere i toni sia di Napolitano che dello steso Fini.
Che il personaggio Berlusconi, che adesso si vuol far passare per vittima non solo di un folle isolato, ma di una congiura ben orchestrata, abbia in passato affermato che per fare il magistrato bisogna essere malati di mente e dovrebbe essere prevista una periodica visita psichiatrica per gli appartenenti a questa funzione; che i membri della corte costituzionale emettono sentenze tese a ribaltare il voto popolare perché di sinistra; che il presidente Napolitano è stato membro del PCI e dei suoi derivati sino alla elezione a capo dello stato; che non bisogna dare lavoro a coloro che dissentono dalle posizioni del governo (nella fattispecie, pubblicità ai giornali non allineati, ndr); che le procure (ovviamente quelle che non si piegano al condizionamento del suo potere) sono covi di sovversivi di sinistra; è del tutto irrilevante. Il poveraccio s’è beccato una riproduzione del duomo di Milano sul grugno e, naturalmente secondo Cicchitto e tutto il clan del Cavaliere, il gesto non sarebbe da attribuire alle cazzate che va dicendo in giro da tempo, né alle minacce più o meno esplicite lanciate a destra e a manca all’intero spettro del dissenso, che potrebbero in qualche modo aver esasperato l’animo di qualche psicolabile, ma, - udite, udite!, - alla propaganda sovversiva di la Repubblica, di Santoro e di Travaglio. Non c’è che dire: se l’attentato al premier è avvenuto per mano di uno psicolabile, la teoria sui mandanti morali è parimenti da neurodeliri.
Non v’è dubbio alcuno che con queste follie e questi personaggi è difficile immaginare un progresso significativo verso la normalizzazione della vita politica e sociale del paese. Per certi versi, più che parlare di formule d’immunità più incisive per i parlamentari, sarebbe doveroso parlare di cancellazione di un assurdo privilegio di stampo feudale, in base al quale qualunque idiota ha diritto di sparare le minchiate che gli passano per il capoccione, certo della totale impunità.
Per quanto ci riguarda, riteniamo che un paese posizionato su un piano pericolosamente inclinato e dunque instabile, nel quale da troppo tempo si sta irresponsabilmente giocando una guerra di nervi e d’usura, non è consigliabile continuare in uno scontro che potrebbe rivelarsi preludio di ben altre conseguenze. Sarebbe invece opportuno tentare la strada di un ritrovato senso di civiltà di confronto nel rispetto delle diversità, poiché chi si espone o si fa autore di campagne di odio deve attendersi, prima o poi, una reazione esasperata di popolo, che non è pacifico debba manifestarsi solo con il lancio di santini di marmo.
Ma se a queste categorie disgraziate si associano i furbi mestatori, gli agitatori professionisti, quelli che lamentano inesistenti aggressioni, al solo scopo di giustificare la ragione per la quale girano armati di spranghe verbali per menare fendenti di inaudita cattiveria agli avversari, allora il gioco si fa veramente duro e il pericolo di derive violente assume molto più corpo.
Costoro escono al mattino da casa armati di poderose clave e menano fendenti da orbi a tutti coloro che incontrano sul loro cammino e, quando viene chiesto loro la ragione di tale atteggiamento, denunciano antichi quanto inesistenti motivi di provocazione subita a giustificazione del pestaggio sistematico che perpetrano ai danni altrui.
Queste categorie sono assai numerose tra le file degli addetti in servizio permanente del PdL, dove l’hobby dell’aggressione sistematica all’avversario è molto diffusa e, per certi versi, è divenuto strumento sistematico di confronto-scontro: si insultano gli avversari per provocarne una reazione che giustifichi una successiva aggressione, motivata da legittima difesa. Ovviamente v’è chi usa lo strumento in modo plateale se non maldestramente, ma v’è pure chi dell’uso del randello ha fatto un’arte vera e propria e lo manovra con tale maestria da fare invidia ad un pittore di talento.
A questi virtuosi della mazza appartiene Fabrizio Cicchitto, ex socialista dell’era craxiana, balzato come cavalletta sul carro berlusconiano al tramonto della stella del suo leader. A lui si debbono le affermazioni più forti e gli slogan più sanguinolenti e velenosi della campagna di propaganda di Forza Italia, ieri, e del PdL oggi, contro magistrati, media non addomesticati, istituzioni in dissenso con le linee imposte dalla maggioranza di governo, giornalisti non inclusi nel libro paga del potere dominante e così discorrendo. Ieri, per esempio, ha tuonato contro una presunta trimurti che, a suo giudizio, avrebbe grandi responsabilità morali nell’avere armato la mano del feritore di Berlusconi. «A condurre questa campagna» – ha asserito – «è un network composto dal gruppo editoriale “la Repubblica-L’Espresso”», - per intendersi, quello al quale il suo padrone deve un risarcimento di 780 milioni di euro in virtù di una sentenza di condanna connessa alla corruzione nella vicenda Mondadori, - «da quel mattinale delle Procure che è il Fatto, da una trasmissione di Santoro e da un terrorista mediatico di nome Travaglio, oltre che da alcuni pubblici ministeri, che hanno nelle mani processi tra i più delicati sul terreno del rapporto mafia-politica e che vanno in tv a demonizzare Berlusconi».
Se tutto questo non bastasse, l’intrepido pestatore calca ulteriormente la mano aggiungendo: «Capiamo come, dopo quello che è accaduto, ci sia chi ha la coscienza sporca e sia alla ricerca di un alibi e quindi di un altro bersaglio. Nessuna intimidazione e anche nessun “fuoco amico” ci chiuderà la bocca» – dice Cicchitto. - «Detto tutto questo, l'evocazione dell'attacco alla libertà di stampa [da parte de “la Repubblica”, ndr] è l'ennesima mistificazione: una catena editoriale sviluppa contro un leader politico una forsennata campagna di stampa, ma se qualcuno osa rispondere allora la medesima catena editoriale grida all'attentato alla libertà di stampa. Sulla base di questa logica “la Repubblica” ha licenza di attacco e coloro che sono oggetto di esso dovrebbero solo accettare, riverenti, insulti e scomuniche e poi ringraziare per l'onore ricevuto», e con queste conclusioni il prode alfiere delle ragioni di casa PdL motiva il proprio sconsiderato attacco a coloro che ritiene acerrimi nemici, con evidente indifferenza per l’appello a contenere i toni sia di Napolitano che dello steso Fini.
Che il personaggio Berlusconi, che adesso si vuol far passare per vittima non solo di un folle isolato, ma di una congiura ben orchestrata, abbia in passato affermato che per fare il magistrato bisogna essere malati di mente e dovrebbe essere prevista una periodica visita psichiatrica per gli appartenenti a questa funzione; che i membri della corte costituzionale emettono sentenze tese a ribaltare il voto popolare perché di sinistra; che il presidente Napolitano è stato membro del PCI e dei suoi derivati sino alla elezione a capo dello stato; che non bisogna dare lavoro a coloro che dissentono dalle posizioni del governo (nella fattispecie, pubblicità ai giornali non allineati, ndr); che le procure (ovviamente quelle che non si piegano al condizionamento del suo potere) sono covi di sovversivi di sinistra; è del tutto irrilevante. Il poveraccio s’è beccato una riproduzione del duomo di Milano sul grugno e, naturalmente secondo Cicchitto e tutto il clan del Cavaliere, il gesto non sarebbe da attribuire alle cazzate che va dicendo in giro da tempo, né alle minacce più o meno esplicite lanciate a destra e a manca all’intero spettro del dissenso, che potrebbero in qualche modo aver esasperato l’animo di qualche psicolabile, ma, - udite, udite!, - alla propaganda sovversiva di la Repubblica, di Santoro e di Travaglio. Non c’è che dire: se l’attentato al premier è avvenuto per mano di uno psicolabile, la teoria sui mandanti morali è parimenti da neurodeliri.
Non v’è dubbio alcuno che con queste follie e questi personaggi è difficile immaginare un progresso significativo verso la normalizzazione della vita politica e sociale del paese. Per certi versi, più che parlare di formule d’immunità più incisive per i parlamentari, sarebbe doveroso parlare di cancellazione di un assurdo privilegio di stampo feudale, in base al quale qualunque idiota ha diritto di sparare le minchiate che gli passano per il capoccione, certo della totale impunità.
Per quanto ci riguarda, riteniamo che un paese posizionato su un piano pericolosamente inclinato e dunque instabile, nel quale da troppo tempo si sta irresponsabilmente giocando una guerra di nervi e d’usura, non è consigliabile continuare in uno scontro che potrebbe rivelarsi preludio di ben altre conseguenze. Sarebbe invece opportuno tentare la strada di un ritrovato senso di civiltà di confronto nel rispetto delle diversità, poiché chi si espone o si fa autore di campagne di odio deve attendersi, prima o poi, una reazione esasperata di popolo, che non è pacifico debba manifestarsi solo con il lancio di santini di marmo.
(nella foto, Fabrizio Cicchitto)
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