Porci senza ali
Martedì, 8 dicembre 2009
Quantunque la politica al di là delle apparenze sia sempre stata un pratica umana fatta di sordide lotte, un’arte nella quale consumare vendette e ricatti contro nemici dichiarati e amici insospettabili, almeno su un aspetto aveva mantenuto nel tempo un elemento di connotazione preciso: una sorta di rispetto formale verso l’avversario, rappresentato da un linguaggio raramente scurrile e offensivo. A questo elemento caratterizzante, si è sempre associato un palese rispetto assoluto verso le istituzioni, - magistratura, presidenza della repubblica, presidenze di camera e senato, chiesa, ecc. - raramente venuto meno, nonostante non siano mancate le occasioni di diatriba e di dissenso.
Nella politica attuale, quella alla quale ci hanno abituato i parvenu appropriatisi dello scenario dell’ultimo quindicennio, l’approccio è mutato e dalla politica del velluto si è passati alla politica del bassofondo, a quella dell’insulto, della scurrilità, della minaccia, a quella che non ha più alcun rispetto né per la dignità personale né per le istituzioni.
E’ la politica dei guappi, degli spacconi, dei bulli di periferia, degli emarginati sociali, che per affermare il proprio potere e il proprio prestigio ritengono di dover ricorrere ad ogni tipo di violenza, verbale e forse anche fisica, dato che all’invettiva fanno seguire sovente la minaccia. Si assiste così al trionfo di un rinnovato squadrismo di triste memoria, dal quale emergono intrecci pericolosi e inconfessabili tra potere politico e potere malavitoso, in un continuum solidale, alleati in un tragico patto di reciproco sostegno per il governo del sistema a danno della collettività, che non solo assiste inerte allo scempio, ma è persino incapace di cogliere il senso del patto scellerato e le sue conseguenze.
Sembrerebbe la concretizzazione di una politica in stile Porci con le ali, per il linguaggio triviale ed esplicito cui si abbandona senza pudore. In realtà qui non c’è un movimento di pensiero teso a ribaltare archetipi e categorie storiche decisamente desuete, ma un nichilismo senza speranza e, soprattutto, senza un’alternativa, che punta solo ad affermare se stesso come sede di un potere assoluto, cui è consentito non solo distruggere l’avversario o chiunque appaia tale, ma altresì imporre stile di vita, metodi di sopravvivenza, etica e morale, in una combinazione trash del tutto inedita. E’ un clan di porci senza ali, convinto di detenere potere di vita e di morte dei cittadini; di porsi al di sopra della legge e del giudizio degli uomini; di poter commettere impunemente qualunque crimine, anche il più efferato, esente da conseguenze; di poter scegliere tra i propri compagni di viaggio anche spietati assassini, - da loro definiti, senza minimo rispetto persino per se stessi, “eroi”; - di poter manipolare a proprio piacimento la legge non solo degli uomini, ma anche di Dio.
Così persino la chiesa e i suoi uomini possono incorrere nella loro animalesca persecuzione, allor quando questa mostri di non volersi omologare nel privilegiare gli argomenti delle loro campagne violente e razziste, mentre un’intera generazione di servi della legge, - che in verità non ha mai brillato per vera obiettività e trasparente capacità di amministrare con equità il proprio ufficio, - viene offesa e vilipesa e persino sospettata di prezzolare i rari intrepidi che osano denunciare i crimini di chi governa, quasi che le evidenti nudità del re siano folli visioni o sapienti costruzioni computerizzate.
Qualcuno ebbe già a denunciare che quello in essere è la traduzione nei fatti del disegno di tale Licio Gelli, disegno che prevedeva l’aggiogamento dell’intera società e l’asservimento totale dei cittadini ad un potere assoluto. In realtà ciò che preoccupa non è l’aderenza della realtà al modello teorico di questo o quel criminale golpista, quanto l’inerzia con la quale un popolo subisce le angherie di una sparuta minoranza che ha occupato il potere, spacciando quest’occupazione per effettiva scelta popolare, e ha infettato i gangli vitali della democrazia e della convivenza sociale. Spaventa l’opera titanica di ricostruzione che sarà necessario avviare allorché questo corrotto clan affaristico comunque verrà falciato dalla riguadagnata presa di coscienza popolare: l’opera di distruzione dei valori e dei principi di civile convivenza è tale da richiedere moltissimi anni prima che il paese possa riacquisire una propria dignità morale e un’immagine internazionale di credibilità.
Quantunque la politica al di là delle apparenze sia sempre stata un pratica umana fatta di sordide lotte, un’arte nella quale consumare vendette e ricatti contro nemici dichiarati e amici insospettabili, almeno su un aspetto aveva mantenuto nel tempo un elemento di connotazione preciso: una sorta di rispetto formale verso l’avversario, rappresentato da un linguaggio raramente scurrile e offensivo. A questo elemento caratterizzante, si è sempre associato un palese rispetto assoluto verso le istituzioni, - magistratura, presidenza della repubblica, presidenze di camera e senato, chiesa, ecc. - raramente venuto meno, nonostante non siano mancate le occasioni di diatriba e di dissenso.
Nella politica attuale, quella alla quale ci hanno abituato i parvenu appropriatisi dello scenario dell’ultimo quindicennio, l’approccio è mutato e dalla politica del velluto si è passati alla politica del bassofondo, a quella dell’insulto, della scurrilità, della minaccia, a quella che non ha più alcun rispetto né per la dignità personale né per le istituzioni.
E’ la politica dei guappi, degli spacconi, dei bulli di periferia, degli emarginati sociali, che per affermare il proprio potere e il proprio prestigio ritengono di dover ricorrere ad ogni tipo di violenza, verbale e forse anche fisica, dato che all’invettiva fanno seguire sovente la minaccia. Si assiste così al trionfo di un rinnovato squadrismo di triste memoria, dal quale emergono intrecci pericolosi e inconfessabili tra potere politico e potere malavitoso, in un continuum solidale, alleati in un tragico patto di reciproco sostegno per il governo del sistema a danno della collettività, che non solo assiste inerte allo scempio, ma è persino incapace di cogliere il senso del patto scellerato e le sue conseguenze.
Sembrerebbe la concretizzazione di una politica in stile Porci con le ali, per il linguaggio triviale ed esplicito cui si abbandona senza pudore. In realtà qui non c’è un movimento di pensiero teso a ribaltare archetipi e categorie storiche decisamente desuete, ma un nichilismo senza speranza e, soprattutto, senza un’alternativa, che punta solo ad affermare se stesso come sede di un potere assoluto, cui è consentito non solo distruggere l’avversario o chiunque appaia tale, ma altresì imporre stile di vita, metodi di sopravvivenza, etica e morale, in una combinazione trash del tutto inedita. E’ un clan di porci senza ali, convinto di detenere potere di vita e di morte dei cittadini; di porsi al di sopra della legge e del giudizio degli uomini; di poter commettere impunemente qualunque crimine, anche il più efferato, esente da conseguenze; di poter scegliere tra i propri compagni di viaggio anche spietati assassini, - da loro definiti, senza minimo rispetto persino per se stessi, “eroi”; - di poter manipolare a proprio piacimento la legge non solo degli uomini, ma anche di Dio.
Così persino la chiesa e i suoi uomini possono incorrere nella loro animalesca persecuzione, allor quando questa mostri di non volersi omologare nel privilegiare gli argomenti delle loro campagne violente e razziste, mentre un’intera generazione di servi della legge, - che in verità non ha mai brillato per vera obiettività e trasparente capacità di amministrare con equità il proprio ufficio, - viene offesa e vilipesa e persino sospettata di prezzolare i rari intrepidi che osano denunciare i crimini di chi governa, quasi che le evidenti nudità del re siano folli visioni o sapienti costruzioni computerizzate.
Qualcuno ebbe già a denunciare che quello in essere è la traduzione nei fatti del disegno di tale Licio Gelli, disegno che prevedeva l’aggiogamento dell’intera società e l’asservimento totale dei cittadini ad un potere assoluto. In realtà ciò che preoccupa non è l’aderenza della realtà al modello teorico di questo o quel criminale golpista, quanto l’inerzia con la quale un popolo subisce le angherie di una sparuta minoranza che ha occupato il potere, spacciando quest’occupazione per effettiva scelta popolare, e ha infettato i gangli vitali della democrazia e della convivenza sociale. Spaventa l’opera titanica di ricostruzione che sarà necessario avviare allorché questo corrotto clan affaristico comunque verrà falciato dalla riguadagnata presa di coscienza popolare: l’opera di distruzione dei valori e dei principi di civile convivenza è tale da richiedere moltissimi anni prima che il paese possa riacquisire una propria dignità morale e un’immagine internazionale di credibilità.
Nel frattempo, continuiamo questo mesto cammino di stenti e di frustrazioni, nell’attesa che la storia compia il suo tempo e ci liberi di quanto peggio sia mai capitato a questo disgraziato paese dalla sua ultracentenaria unità.
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