Le leccate al potere
Lunedì, 7 dicembre 2009
Quella odierna per il popolo meneghino è una data importante, infatti a Milano oggi si celebra la festa del patrono, Sant’Ambrogio, contraddistinta da importanti appuntamenti legati all’evento: l’annuale prima della Scala e l’assegnazione degli Ambrogini d’Oro, il tutto nella cornice della tradizionale fiera degli O’Bei, O’Bei, il mercatino natalizio della città lombarda.
L’Ambrogino d’Oro, in particolare, consiste nel conferimento di una medaglia d’oro o in un attestato di civica benemerenza, - rispettivamente, 30 medaglie 40 attestati annui, - a cittadini o associazioni che si siano particolarmente distinti nel corso dell’anno precedente nei vari settori delle attività umane (arte, scienze, civismo, solidarietà, ecc.), scelti ad insindacabile giudizio dall’ufficio di presidenza del consiglio comunale tra quanti ritenuti potenzialmente meritevoli.
E fin qui non vi sarebbe niente da eccepire, considerato che si potrà non essere d’accordo sui nomi proposti al riconoscimento o su quelli degli esclusi, ma difficilmente è capitato che il riconoscimento sia stato conferito a persona comunque priva di merito.
Certo, se l’esclusione è motivata da ragioni che esulano la semplice graduazione del merito e scivolano su motivi d’opportunità politica, allora la questione assume tutt’altra connotazione, per divenire un’occasione di meschine vendette politiche o di squallido lecchinaggio, vergognosi sentimenti ai quali non sembra indenne la decantata città della madunina e del panetun. Chi non ricorda, infatti, le volgari speculazioni sul nome di Enzo Biagi, escluso lo scorso anno dal conferimento della medaglia alla memoria per il solo fatto di non comparire tra i reggipila del signor Berlusconi e di cui ci occupammo a suo tempo?
Alla stessa maniera quest’anno tra i premiati figura il nome di una manager potentissima, che risponde al nome di Marina Berlusconi, le cui qualità valutate dall’obiettivo giudizio dell’ufficio di presidenza del comune ci sembrano più di natura anagrafica che non documentate da quella dirompente imprenditorialità, effettivo requisito dell’interessata.
Né il sospetto che il riconoscimento a Marina sia il classico colpo di lingua alle terga del signor Berlusconi viene meno per il fatto che in passato qualche Ambrogino sia andato a personaggi come Dario Fo o Natalia Aspesi, che tradizionalmente non hanno avuto grandi sintonie con le locali amministrazioni milanesi. A nostro avviso, Marina Berlusconi è un’emerita signora nessuno, piazzata lì dove si trova e circondata dal fior fiore di una strapagata consulenza, solo per il fatto d’esser figlia del padrone, che guarda caso, per gestire il proprio tornaconto, s’è dato alla politica e, per evitare la platealità del conflitto d’interessi, ha dovuto affidare a “terzi” l’azienda di famiglia. Questa è cosa che, da che mondo è mondo, è stata fatta in ogni epoca e in ogni dinastia che si rispetti. L’hanno fatta in casa Pesenti, Bonomi, De Benedetti, Agnelli, Ligresti e così via e i risultati talvolta hanno confermato la bontà della scelta, mentre talora l’hanno smentita, ma da qui a concludere che il solo portare un nome fosse di per sé titolo di garanzia di capacità oltre la media e, pertanto, presupposto per conferire premi e cotillon è aspetto che ha coinvolto esclusivamente il solito giro di lacchè di cui i potenti amano circondarsi.
E se le argomentazioni a sostegno della tesi che questi Ambrogino sono oramai divenuti strumento nepotistico e clientelare per ingraziarsi il potente di turno o per conferire riconoscimenti a personaggi che hanno brillato nelle campagne in difesa degli interessi di quello stesso potente non fossero convincenti, vale la pena segnalare che tra i beneficiati dell’onorificenza, oltre alla predetta figlia d’arte, figurano tal Maurizio Belpietro e tal Mario Calabresi, rispettivamente direttore di Libero e de La Stampa, che sul piano strettamente professionale non ci pare abbiano meritato più di quanto fosse dovuto al grande Biagi.
Quella odierna per il popolo meneghino è una data importante, infatti a Milano oggi si celebra la festa del patrono, Sant’Ambrogio, contraddistinta da importanti appuntamenti legati all’evento: l’annuale prima della Scala e l’assegnazione degli Ambrogini d’Oro, il tutto nella cornice della tradizionale fiera degli O’Bei, O’Bei, il mercatino natalizio della città lombarda.
L’Ambrogino d’Oro, in particolare, consiste nel conferimento di una medaglia d’oro o in un attestato di civica benemerenza, - rispettivamente, 30 medaglie 40 attestati annui, - a cittadini o associazioni che si siano particolarmente distinti nel corso dell’anno precedente nei vari settori delle attività umane (arte, scienze, civismo, solidarietà, ecc.), scelti ad insindacabile giudizio dall’ufficio di presidenza del consiglio comunale tra quanti ritenuti potenzialmente meritevoli.
E fin qui non vi sarebbe niente da eccepire, considerato che si potrà non essere d’accordo sui nomi proposti al riconoscimento o su quelli degli esclusi, ma difficilmente è capitato che il riconoscimento sia stato conferito a persona comunque priva di merito.
Certo, se l’esclusione è motivata da ragioni che esulano la semplice graduazione del merito e scivolano su motivi d’opportunità politica, allora la questione assume tutt’altra connotazione, per divenire un’occasione di meschine vendette politiche o di squallido lecchinaggio, vergognosi sentimenti ai quali non sembra indenne la decantata città della madunina e del panetun. Chi non ricorda, infatti, le volgari speculazioni sul nome di Enzo Biagi, escluso lo scorso anno dal conferimento della medaglia alla memoria per il solo fatto di non comparire tra i reggipila del signor Berlusconi e di cui ci occupammo a suo tempo?
Alla stessa maniera quest’anno tra i premiati figura il nome di una manager potentissima, che risponde al nome di Marina Berlusconi, le cui qualità valutate dall’obiettivo giudizio dell’ufficio di presidenza del comune ci sembrano più di natura anagrafica che non documentate da quella dirompente imprenditorialità, effettivo requisito dell’interessata.
Né il sospetto che il riconoscimento a Marina sia il classico colpo di lingua alle terga del signor Berlusconi viene meno per il fatto che in passato qualche Ambrogino sia andato a personaggi come Dario Fo o Natalia Aspesi, che tradizionalmente non hanno avuto grandi sintonie con le locali amministrazioni milanesi. A nostro avviso, Marina Berlusconi è un’emerita signora nessuno, piazzata lì dove si trova e circondata dal fior fiore di una strapagata consulenza, solo per il fatto d’esser figlia del padrone, che guarda caso, per gestire il proprio tornaconto, s’è dato alla politica e, per evitare la platealità del conflitto d’interessi, ha dovuto affidare a “terzi” l’azienda di famiglia. Questa è cosa che, da che mondo è mondo, è stata fatta in ogni epoca e in ogni dinastia che si rispetti. L’hanno fatta in casa Pesenti, Bonomi, De Benedetti, Agnelli, Ligresti e così via e i risultati talvolta hanno confermato la bontà della scelta, mentre talora l’hanno smentita, ma da qui a concludere che il solo portare un nome fosse di per sé titolo di garanzia di capacità oltre la media e, pertanto, presupposto per conferire premi e cotillon è aspetto che ha coinvolto esclusivamente il solito giro di lacchè di cui i potenti amano circondarsi.
E se le argomentazioni a sostegno della tesi che questi Ambrogino sono oramai divenuti strumento nepotistico e clientelare per ingraziarsi il potente di turno o per conferire riconoscimenti a personaggi che hanno brillato nelle campagne in difesa degli interessi di quello stesso potente non fossero convincenti, vale la pena segnalare che tra i beneficiati dell’onorificenza, oltre alla predetta figlia d’arte, figurano tal Maurizio Belpietro e tal Mario Calabresi, rispettivamente direttore di Libero e de La Stampa, che sul piano strettamente professionale non ci pare abbiano meritato più di quanto fosse dovuto al grande Biagi.
La verità e che nella circostanza di lacchè ce n’erano da vendere, essendo il comune di Milano in mano ad una coalizione PdL-Lega, con tanto di signora Letizia Moratti, - già fallimentare ministro della pubblica istruzione del primo governo Berlusconi, - a rappresentare la città. Con questi presupposti, rifiutare un atto d’omaggio al principale, beatificandogli la figlia e promuovendo faziosi mestieranti a geni del giornalismo, così facendo perno sull’arcinoto sciovinismo del Cavalier Viagra, è stato quasi un colpo da maestri. Questi lacchè, magari, non avranno l’alito buono quando apriranno bocca, ma se non altro con queste iniziative si sono garantiti una certa riconoscenza da parte del superbo di Arcore e, con questa, un posticino all’ombra assicurato al prossimo giro elettorale o alla prossima distribuzione di prebende.
(nella foto, Marina Berlusconi)
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