Quando la magistratura è sovversiva
Venerdì, 11 dicembre 2009
E chi lo sentirà Alfano! Sino a poche ore fa ha inveito contro quella categoria di fannulloni e mangiapane a tradimento dei magistrati, che preferiscono la tv alle aule dei tribunali e agli uffici loro assegnati, e che, persino quelle rare volte in cui fingono di lavorare, perdono tempo inventandosi minchiate allucinanti ai danni del nemico politico di turno.
Questa volta è proprio troppo, - dobbiamo convenire con il bravissimo ministro della giustizia Alfano, che sembrerà un preside burbero e puntiglioso, ma è del tutto vero che ha da gestire una scolaresca indisciplinata e svogliata e qualche canaglia refrattaria a ogni richiamo.
Si prenda a conferma di questa situazione di grande difficoltà di gestione della magistratura proprio dall’ultimo caso in ordine di tempo, quello che ha visto protagonista il sottosegretario all’economia Nicola Cosentino, avvocato di Caserta e, a detta di qualche velenosa malalingua, referente politico della famigerata cosca camorristica dei Casalesi. Delle indagini si è occupato un certo Giandomenico Lepore, procuratore a Napoli, che evidentemente accecato dall’odio atavico che contrappone magistratura e politica, ha costruito un castello di fantomatiche accuse ai danni del sottosegretario, in base al quale ha inviato alla Camera una richiesta di autorizzazione a procedere con tanto di provvedimento d’arresto.
Nella ricostruzione fantasiosa di Lepore si sosterrebbe che, o’Mericano, - questo sarebbe il pittoresco appellativo affibbiato dai Casalesi o’guaglione Nicola, - sarebbe il referente della cosca più sanguinaria e feroce dello scenario criminale campano, grazie agli intrecci costruiti negli anni tra la famiglia di Cosentino, in affari con gli Americani nel settore energetico, e imparentatasi con qualche esponente di spicco della cosca. Di queste accuse infamanti Cosentino si è sempre difeso con tutte le sue forze. Anzi ha persino denunciato un tentativo di metterlo in gravi difficoltà da parte delle opposizioni politiche e degli stessi amici di partito, gelosi del fortissimo potere acquisito a livello locale, - ben 137 sindaci e tre provincie conquistate grazie alla sua pastorale opera politica, - che avrebbe dovuto consentirgli di presentarsi quale candidato unico del PdL alle prossime elezioni per la conquista del governatorato campano.
Invece arriva un magistrato, magari aizzato da qualche «frocetto di Roma», - come Cosentino ebbe a qualificare il capogruppo alla Camera del PdL Italo Bocchino, che aveva espresso dubbi sulla sua candidatura alle elezioni campane, - che gli spedisce un avviso di garanzia per concorso esterno in associazione mafiosa per una questione di smaltimento rifiuti, che avrebbe visto favorite imprese legate ai Casalesi.
Naturalmente la Camera, - alla quale tocca decidere in merito alla richiesta della magistratura e che notoriamente non solo ha una indiscussa competenza in tema di indagini di polizia, ma, soprattutto, ha sempre dimostrato un’esemplare obiettività decisionale, non guardando in faccia a nessuno, come si suole dire, - s’è presa immediatamente in carico la pratica e, prima in Giunta per le autorizzazioni a procedere, poi in seduta ordinaria, ha respinto con 360 no e 226 si la richiesta della procura di Napoli, restituendo al malcapitato di turno l’aureola di sant’uomo che per qualche ora un gruppo di congiurati aveva tentato di strappargli.
Adesso toccherà al paziente e infaticabile Alfano prendere gli opportuni provvedimenti nei confronti di Lepore e il suo clan, che dopo la mancata autorizzazione ha dichiarato altezzoso: «Rispettiamo l'autonomia della Camera, ma le indagini continueranno». E a chi incalzandolo gli ha chiesto se questo no alla richiesta d'arresto di Cosentino, non rappresenti una sconfitta, Lepore ha risposto: «Assolutamente no. Non c'è alcun antagonismo con la Camera. Ognuno fa il proprio lavoro, e noi continueremo a fare il nostro», gettando così le premesse per generare nuovo scompiglio nella già turbolenta convivenza tra politica e giustizia.
A nostro avviso il bravo ministro, a parte inviare un’immediata quanto opportuna ispezione alla procura interessata, farebbe bene a richiedere al CSM di prendere al più presto in esame il caso in questione, per l’assunzione di adeguati provvedimenti di censura, se non addirittura di comprovata incompatibilità ambientale e conseguente trasferimento dell’indisciplinato.
Certo, ci rendiamo conto che rivolgersi al CSM per il ministro equivarrebbe al comportamento di un agnello che invoca l’intervento del lupo contro un altro lupo e, dunque, la cosa appare assai improbabile. Allo stesso tempo bisogna prendere atto della stanchezza dell’opinione pubblica, che non ne può più di questa quotidiana guerra tra politica e magistratura, che vede sistematicamente perdente la politica, la cui immagine è giorno dopo giorno ingiustamente squalificata e il cui lavoro di altissima ed esemplare dedizione è messo a repentaglio da bande di irrecuperabili fannulloni contro i quali non ha potuto alcunché persino il castigamatti Brunetta.
C’è da augurarsi, pertanto, che presto questo governo di uomini straordinari come quelli di un famoso film di successo attui quella riforma della giustizia tanto preannunciata quanto agognata dai cittadini, magari cancellando del tutto codici e processi, - che hanno dimostrato di servire a poco, - ritornando alle sane leggi del vecchio west, nel quale la giustizia era sommaria e immediata e non intasava i tribunali o foraggiava perditempo diditi a cercare e costruire prove di innocenza e colpevolezza. D’altra parte le politica così facendo finalmente non avrebbe nulla da temere: basterebbe dotare di kalashnikov o di altra ferraglia simile autisti e guardaspalle per prevenire l’insania di nemici e oppositori e salvaguardare la propria incolumità.
E chi lo sentirà Alfano! Sino a poche ore fa ha inveito contro quella categoria di fannulloni e mangiapane a tradimento dei magistrati, che preferiscono la tv alle aule dei tribunali e agli uffici loro assegnati, e che, persino quelle rare volte in cui fingono di lavorare, perdono tempo inventandosi minchiate allucinanti ai danni del nemico politico di turno.
Questa volta è proprio troppo, - dobbiamo convenire con il bravissimo ministro della giustizia Alfano, che sembrerà un preside burbero e puntiglioso, ma è del tutto vero che ha da gestire una scolaresca indisciplinata e svogliata e qualche canaglia refrattaria a ogni richiamo.
Si prenda a conferma di questa situazione di grande difficoltà di gestione della magistratura proprio dall’ultimo caso in ordine di tempo, quello che ha visto protagonista il sottosegretario all’economia Nicola Cosentino, avvocato di Caserta e, a detta di qualche velenosa malalingua, referente politico della famigerata cosca camorristica dei Casalesi. Delle indagini si è occupato un certo Giandomenico Lepore, procuratore a Napoli, che evidentemente accecato dall’odio atavico che contrappone magistratura e politica, ha costruito un castello di fantomatiche accuse ai danni del sottosegretario, in base al quale ha inviato alla Camera una richiesta di autorizzazione a procedere con tanto di provvedimento d’arresto.
Nella ricostruzione fantasiosa di Lepore si sosterrebbe che, o’Mericano, - questo sarebbe il pittoresco appellativo affibbiato dai Casalesi o’guaglione Nicola, - sarebbe il referente della cosca più sanguinaria e feroce dello scenario criminale campano, grazie agli intrecci costruiti negli anni tra la famiglia di Cosentino, in affari con gli Americani nel settore energetico, e imparentatasi con qualche esponente di spicco della cosca. Di queste accuse infamanti Cosentino si è sempre difeso con tutte le sue forze. Anzi ha persino denunciato un tentativo di metterlo in gravi difficoltà da parte delle opposizioni politiche e degli stessi amici di partito, gelosi del fortissimo potere acquisito a livello locale, - ben 137 sindaci e tre provincie conquistate grazie alla sua pastorale opera politica, - che avrebbe dovuto consentirgli di presentarsi quale candidato unico del PdL alle prossime elezioni per la conquista del governatorato campano.
Invece arriva un magistrato, magari aizzato da qualche «frocetto di Roma», - come Cosentino ebbe a qualificare il capogruppo alla Camera del PdL Italo Bocchino, che aveva espresso dubbi sulla sua candidatura alle elezioni campane, - che gli spedisce un avviso di garanzia per concorso esterno in associazione mafiosa per una questione di smaltimento rifiuti, che avrebbe visto favorite imprese legate ai Casalesi.
Naturalmente la Camera, - alla quale tocca decidere in merito alla richiesta della magistratura e che notoriamente non solo ha una indiscussa competenza in tema di indagini di polizia, ma, soprattutto, ha sempre dimostrato un’esemplare obiettività decisionale, non guardando in faccia a nessuno, come si suole dire, - s’è presa immediatamente in carico la pratica e, prima in Giunta per le autorizzazioni a procedere, poi in seduta ordinaria, ha respinto con 360 no e 226 si la richiesta della procura di Napoli, restituendo al malcapitato di turno l’aureola di sant’uomo che per qualche ora un gruppo di congiurati aveva tentato di strappargli.
Adesso toccherà al paziente e infaticabile Alfano prendere gli opportuni provvedimenti nei confronti di Lepore e il suo clan, che dopo la mancata autorizzazione ha dichiarato altezzoso: «Rispettiamo l'autonomia della Camera, ma le indagini continueranno». E a chi incalzandolo gli ha chiesto se questo no alla richiesta d'arresto di Cosentino, non rappresenti una sconfitta, Lepore ha risposto: «Assolutamente no. Non c'è alcun antagonismo con la Camera. Ognuno fa il proprio lavoro, e noi continueremo a fare il nostro», gettando così le premesse per generare nuovo scompiglio nella già turbolenta convivenza tra politica e giustizia.
A nostro avviso il bravo ministro, a parte inviare un’immediata quanto opportuna ispezione alla procura interessata, farebbe bene a richiedere al CSM di prendere al più presto in esame il caso in questione, per l’assunzione di adeguati provvedimenti di censura, se non addirittura di comprovata incompatibilità ambientale e conseguente trasferimento dell’indisciplinato.
Certo, ci rendiamo conto che rivolgersi al CSM per il ministro equivarrebbe al comportamento di un agnello che invoca l’intervento del lupo contro un altro lupo e, dunque, la cosa appare assai improbabile. Allo stesso tempo bisogna prendere atto della stanchezza dell’opinione pubblica, che non ne può più di questa quotidiana guerra tra politica e magistratura, che vede sistematicamente perdente la politica, la cui immagine è giorno dopo giorno ingiustamente squalificata e il cui lavoro di altissima ed esemplare dedizione è messo a repentaglio da bande di irrecuperabili fannulloni contro i quali non ha potuto alcunché persino il castigamatti Brunetta.
C’è da augurarsi, pertanto, che presto questo governo di uomini straordinari come quelli di un famoso film di successo attui quella riforma della giustizia tanto preannunciata quanto agognata dai cittadini, magari cancellando del tutto codici e processi, - che hanno dimostrato di servire a poco, - ritornando alle sane leggi del vecchio west, nel quale la giustizia era sommaria e immediata e non intasava i tribunali o foraggiava perditempo diditi a cercare e costruire prove di innocenza e colpevolezza. D’altra parte le politica così facendo finalmente non avrebbe nulla da temere: basterebbe dotare di kalashnikov o di altra ferraglia simile autisti e guardaspalle per prevenire l’insania di nemici e oppositori e salvaguardare la propria incolumità.
(nella foto, Nicola Cosentino, sottosegretario all'economia per il quale è stata negata l'autorizzazione a procedere)
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