Il disperato e i finti (?) tonti
Giovedì, 10 dicembre 2009
L’articolo 3 della Carta Costituzionale della Repubblica recita al primo comma “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Questo enunciato avrebbe dovuto essere più che sufficiente per smorzare ogni velleità a quanti, - avvocati, docenti di materie giuridiche, luminari del diritto (sic!), sino a saccenti, giullari, comici e musicati, - si sono sbizzarriti nell’ultimo decennio nel disperato tentativo di rendere immune da processo e da eventuale galera il cittadino Silvio Berlusconi da Arcore. Le manovre di questi aedi dell’impunità sono cominciate con il caso del signor Cesare Previti da Roma, conclamato complice del signor Berlusconi, che nonostante i tentativi funamboleschi degli scribi impiegati nella stesura di fantasiosi testi di legge, alla fine s’è fatto qualche giorno di gattabuia e poi è finito nelle mani dei servizi sociali per un’operazione d’improbabile recupero alternativa al carcere.
Nonostante il plateale fallimento, i tentativi di inserire una qualche norma per mondare il signor Berlusconi, - nel frattempo ringalluzzito dalla nuova investitura popolare alla guida del governo, - non si sono arrestati. Anzi, sull’onda rinvigorita della baldanza e dell’arrogante convinzione di poter perpetrare scempio dell’ordine costituito, i seguaci e i lacchè del soggetto in questione, - peraltro ormai sputtanato, e con lui l’Italia intera, a livello internazionale per la tigna con la quale insiste nel suo proposito, - hanno partorito prima un lodo, detto Alfano dal suo fiero propositore, che dans l’éspace d’un matin è stato bocciato tra mille polemiche dalla Corte Costituzionale e poi una nuova proposta con la quale qualunque indagine non seguita da processo concluso nei due anni successivi dal suo avvio rende imperseguibile l’indagato. Ovviamente, la proposta prevede una serie di distinguo che non riguardano il personaggio per la quale è stata pensata, ma che paradossalmente dovrebbero conferirle una parvenza di serietà e applicabilità a pochi e individuati casi.
Tutto ciò avrebbe anche un senso qualora in prima istanza non ci trovassimo nel paese in cui siamo, afflitto da una strategica lentezza della giustizia, grazie alla quale la prescrizione è una regola abbastanza diffusa e ineluttabile per la maggior parte dei processi. In questa prospettiva, pretendere con una legge salva premier che i processi debbano essere istruiti e conclusi in un paio d’anni è semplicemente una buffonata e, la diffusa conoscenza di questa regola, rende la proposta un’assoluta stupidaggine.
Secondariamente, aver escluso dal beneficio i soggetti recidivi, i processi d’appello ed alcuni reati comunque ininfluenti per il signor Berlusconi – immigrazione clandestina, terrorismo, ecc., - ma comunque zuppa per i biscottini della Lega, ha determinato l’insorgenza di una nuova palese violazione del principio d’eguaglianza tutelato dall’articolo 3 della Carta Costituzionale.
In terza e ultima istanza il sospetto che i soggetti, - non solo nel significato di personaggi, ma altresì di assoggettati, - di cui il signor Berlusconi si circonda siano reduci da un corso accelerato di diritto e dottrine giuridiche al CEPU, nella circostanza, è definitivamente rimosso per divenire incontrovertibile certezza, poiché solo un digiuno di legge avrebbe potuto partorire un’idiozia come quella in questione senza farsi sfiorare dal dubbio che difficilmente avrebbe superato indenne un esame sommario di legittimità costituzionale.
Di fronte a questa situazione, a giustificazione della gretta ignoranza dei proponenti, non vale certamente il pressing esercitato dal potenziale beneficiario del provvedimento, al quale la sensazione di calore alle terga sicuramente continua a giocare bruttissimi scherzi ogni giorno che passa. Nello steso tempo, la tesi della stoltezza dei proponenti appare forse un po’ troppo scolastica e semplice, avendo contezza di trovarci d’innanzi ad un drappello di furbi di più cotte ai quali difficilmente sfugge il senso della scellerata figura che rischiano di fare nei confronti della pubblica opinione sostenendo proposte come quella in disamina.
Allora è molto più probabile che le minchiate, - per dirla con il termine sdoganato dalla stampa pubblicitaria di casa Berlusconi, - le abbia sostenute proprio il previsto beneficiario e i lacchè, anziché metterlo in guardia, abbiano furbescamente acconsentito a preparargli la pietanza, consapevoli delle proteste degli avversari e degli esiti negativi dell’analisi preventiva di legittimità, al solo scopo di infliggere un ulteriore colpo mortale all’appannata immagine di un uomo disperato che appare sempre più alla deriva politica e dell’intelletto.
Non è facile presagire cosà accadrà alla complessa questione e, dunque, quale mai saranno le conclusioni che potrà trarne Berlusconi e il suo sgangherato governo. Certo sembra che difficilmente il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, cui spetta la promulgazione delle leggi dello stato, apporrà la propria firma su un provvedimento che puzza di illegittimità più di quanto non lo facesse il famigerato lodo Alfano. E un ulteriore errore del Presidente questa volta difficilmente potrebbe venir perdonato e interpretato dall’opinione pubblica come il tentativo di smorzare le durissime polemiche in atto nella vita politica.
(nella foto, una seduta del Consiglio Superiore della Magistratura, che ha già rilasciato un parere di incostituzionalità sulla proposta di processo breve in discussione alla Camera)
L’articolo 3 della Carta Costituzionale della Repubblica recita al primo comma “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Questo enunciato avrebbe dovuto essere più che sufficiente per smorzare ogni velleità a quanti, - avvocati, docenti di materie giuridiche, luminari del diritto (sic!), sino a saccenti, giullari, comici e musicati, - si sono sbizzarriti nell’ultimo decennio nel disperato tentativo di rendere immune da processo e da eventuale galera il cittadino Silvio Berlusconi da Arcore. Le manovre di questi aedi dell’impunità sono cominciate con il caso del signor Cesare Previti da Roma, conclamato complice del signor Berlusconi, che nonostante i tentativi funamboleschi degli scribi impiegati nella stesura di fantasiosi testi di legge, alla fine s’è fatto qualche giorno di gattabuia e poi è finito nelle mani dei servizi sociali per un’operazione d’improbabile recupero alternativa al carcere.
Nonostante il plateale fallimento, i tentativi di inserire una qualche norma per mondare il signor Berlusconi, - nel frattempo ringalluzzito dalla nuova investitura popolare alla guida del governo, - non si sono arrestati. Anzi, sull’onda rinvigorita della baldanza e dell’arrogante convinzione di poter perpetrare scempio dell’ordine costituito, i seguaci e i lacchè del soggetto in questione, - peraltro ormai sputtanato, e con lui l’Italia intera, a livello internazionale per la tigna con la quale insiste nel suo proposito, - hanno partorito prima un lodo, detto Alfano dal suo fiero propositore, che dans l’éspace d’un matin è stato bocciato tra mille polemiche dalla Corte Costituzionale e poi una nuova proposta con la quale qualunque indagine non seguita da processo concluso nei due anni successivi dal suo avvio rende imperseguibile l’indagato. Ovviamente, la proposta prevede una serie di distinguo che non riguardano il personaggio per la quale è stata pensata, ma che paradossalmente dovrebbero conferirle una parvenza di serietà e applicabilità a pochi e individuati casi.
Tutto ciò avrebbe anche un senso qualora in prima istanza non ci trovassimo nel paese in cui siamo, afflitto da una strategica lentezza della giustizia, grazie alla quale la prescrizione è una regola abbastanza diffusa e ineluttabile per la maggior parte dei processi. In questa prospettiva, pretendere con una legge salva premier che i processi debbano essere istruiti e conclusi in un paio d’anni è semplicemente una buffonata e, la diffusa conoscenza di questa regola, rende la proposta un’assoluta stupidaggine.
Secondariamente, aver escluso dal beneficio i soggetti recidivi, i processi d’appello ed alcuni reati comunque ininfluenti per il signor Berlusconi – immigrazione clandestina, terrorismo, ecc., - ma comunque zuppa per i biscottini della Lega, ha determinato l’insorgenza di una nuova palese violazione del principio d’eguaglianza tutelato dall’articolo 3 della Carta Costituzionale.
In terza e ultima istanza il sospetto che i soggetti, - non solo nel significato di personaggi, ma altresì di assoggettati, - di cui il signor Berlusconi si circonda siano reduci da un corso accelerato di diritto e dottrine giuridiche al CEPU, nella circostanza, è definitivamente rimosso per divenire incontrovertibile certezza, poiché solo un digiuno di legge avrebbe potuto partorire un’idiozia come quella in questione senza farsi sfiorare dal dubbio che difficilmente avrebbe superato indenne un esame sommario di legittimità costituzionale.
Di fronte a questa situazione, a giustificazione della gretta ignoranza dei proponenti, non vale certamente il pressing esercitato dal potenziale beneficiario del provvedimento, al quale la sensazione di calore alle terga sicuramente continua a giocare bruttissimi scherzi ogni giorno che passa. Nello steso tempo, la tesi della stoltezza dei proponenti appare forse un po’ troppo scolastica e semplice, avendo contezza di trovarci d’innanzi ad un drappello di furbi di più cotte ai quali difficilmente sfugge il senso della scellerata figura che rischiano di fare nei confronti della pubblica opinione sostenendo proposte come quella in disamina.
Allora è molto più probabile che le minchiate, - per dirla con il termine sdoganato dalla stampa pubblicitaria di casa Berlusconi, - le abbia sostenute proprio il previsto beneficiario e i lacchè, anziché metterlo in guardia, abbiano furbescamente acconsentito a preparargli la pietanza, consapevoli delle proteste degli avversari e degli esiti negativi dell’analisi preventiva di legittimità, al solo scopo di infliggere un ulteriore colpo mortale all’appannata immagine di un uomo disperato che appare sempre più alla deriva politica e dell’intelletto.
Non è facile presagire cosà accadrà alla complessa questione e, dunque, quale mai saranno le conclusioni che potrà trarne Berlusconi e il suo sgangherato governo. Certo sembra che difficilmente il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, cui spetta la promulgazione delle leggi dello stato, apporrà la propria firma su un provvedimento che puzza di illegittimità più di quanto non lo facesse il famigerato lodo Alfano. E un ulteriore errore del Presidente questa volta difficilmente potrebbe venir perdonato e interpretato dall’opinione pubblica come il tentativo di smorzare le durissime polemiche in atto nella vita politica.
(nella foto, una seduta del Consiglio Superiore della Magistratura, che ha già rilasciato un parere di incostituzionalità sulla proposta di processo breve in discussione alla Camera)
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