La hit parade dei dittatori
Venerdì, 5 febbraio 2010
La legge sul legittimo impedimento in fase di approvazione parlamentare rappresenta un passo significativo verso la stabilizzazione della dittatura nel nostro paese.
La legge, che prevede la facoltà per presidente del consiglio in carica e ministri di opporre il proprio rifiuto alla magistratura di sottoporli a procedimento giudiziario, su semplice diniego dell’interessato, costituisce per gli uomini del potere la scappatoia per sfuggire alle maglie della giustizia, che non ha precedenti nella storia repubblicana né nella prassi democratica dei paesi occidentali. Non v’è traccia di un simile provvedimento neanche nei documenti storici feudali o di borbonica memoria.
La legge, che le indagini demoscopiche danno per invisa ad oltre il 60% dei cittadini, è una forzatura senza precedenti e segna un profondo e definitivo solco tra il popolo e la casta: l’uno è soggetto alla legge, la seconda è a suo piacimento indenne da qualunque “ingerenza” e censura in nome di un mistificato concetto di governabilità, che nel suo lessico è sinonimo di licenza di delinquere.
Quel che provoca l’irrefrenabile voltastomaco non è l’impunità per i reati eventuali commessi nell’espletamento dell’incarico pubblico, quanto la pretesa di mantenere esente da perseguibilità anche gli eventuali reati commessi prima di assumere la carica istituzionale. Ciò vuol dire utilizzare la politica come passaporto per l’impunità, che richiama alla memoria la sinistra realtà francese antecedente la presa della Bastiglia, sebbene oggi non si tratti di nobiltà e clero a godere di favoritismi, ma di un’espressione affaristico-delinquenziale che c’è da augurarsi subisca la stessa sorte.
Berne, è a questa casta vile e miserabile che abusa del proprio potere che deve obbedienza cieca chi a suo tempo ha votato Berlusconi & C.; e ci sarebbe persino da desiderare per costoro abusi e umiliazioni di ogni specie da parte del suo beniamino e accoliti. La tragedia sta nel fatto che, com’era purtroppo prevedibile, l’olio di ricino scorre a fiumi ed è distribuito indifferentemente ad amici, simpatizzanti, avversari e nemici, pur se le dosi per il dissenso son sempre le più massicce.
Con questa legge il premier entra di diritto nella hit parade dei dittatori di fine secolo e d’inizio millennio, associando il proprio nome e quello dell’Italia a personaggi e paesi che mai avremmo pensato fosse possibile eguagliare in quanto a mortificazione delle regole democratiche di libertà e giustizia.
Ecco il triste elenco al quale da oggi possiamo associare il nome dell’Italia:
Vladimir Lenin (Russia Sovietica, URSS), Josif Vissarionovič Džugašvili Stalin (URSS), Aleksandr Lukashenko (Russia), Leonid Brežnev (URSS), Todor Zhivkov (Bulgaria), Wojciech Witold Jaruzelski (Polonia), Gustáv Husak (Cecoslovacchia), Janos Kadar (Ungheria), Ante Pavelic (Croazia), Tito (Jugoslavia), Slobodan Milošević (Serbia), Enver Hoxa (Albania), Gheorghe Gheorghiu-Dej (Romania), Nicolae Ceauşescu (Romania), Saparmyrat Ataýewiç Nyýazow (Turkumenistan), Islom Karimov (Uzbekistan), Adolf Hitler (Germania), Walter Ulbricht (Germania Democratica), Erich Honecker (Germania Democratica), Tassos Papadopulos (Cipro), Benito Mussolini (Italia), António de Oliveira Salazar (Portogallo), Francisco Franco (Spagna), Mustafa Kemal Atatürk (Turchia), Abdul Aziz Al-Saud (Arabia Saudita), Isa bin Salman Al Khalifah (Bahrain), Bo Ne Win (Birmania), Than Shwe (Birmania), Hassanal Bolkiah Mu'izzaddin Waddaulah (Brunei), Saloth Sar Pol Pot (Cambogia), Mao Tse-tung (Cina), Deng Xiaoping (Cina), Chiang Kai-shek (Cina Pop.), Kim Il Sung (Corea del Nord), Kim Yong II (Corea del Nord), Chun Doo-hwan (Corea del Sud), Ferdinand Edralin Marcos (Filippine), Haji Mohammad Suharto (Indonesia), Mohammad Reza Pahlavi (Iran), Mahmoud Ahmadinejad (Iran), Saddam Hussein (Iraq), Muhammad Zia ul-Haq (Pakistan), Ho Chi Minh (Viet-nam), Lee Kuan Yew (Singapore), Hafiz al-Asad (Siria), Bashar Al Assad (Siria), Juan Domingo Perón Sosa (Argentina), Jorge Rafael Videla Redondo (Argentina), Roberto Eduardo Viola (Argentina), Leopoldo Fortunato Galtieri Castelli (Argentina), Reynaldo Benito Bignone (Argentina), Hugo Banzer Suárez (Bolivia), Augusto José Ramón Pinochet Ugarte (Cile), Fidel Alejandro Castro Ruz (Cuba), François Duvalier (Haiti), Anastasio Somoza García (Nicaragua), Alfredo Stroessner Matiauda (Paraguay), Alberto Kenya Fujimori (Perù), Rafael Leónidas Trujillo Molina (Santo Domingo), Peter Gomez (Venezuela), Hugo Rafael Chávez Frías (Venezuela), Houari Boumédiène (Algeria), Hosni Mubarak (Egitto), Hassan II (Marocco), Mu'ammar Gheddafi (Libia), Hissène Habré (Ciad), Jean-Bédel Bokassa (Repubblica Centrafricana), Joseph Kabila Kabange (Congo), Joseph-Désiré Mobutu (Zaire), Amin Dada (Uganda), Robert Mugabe (Zimbabwe), Kenneth Kaunda (Rhodesia), Kamizu Banda (Malawi), Didier Ratsiraka (Madagascar), Hailé Selassié (Etiopia), Hailé Mariam Menghistu (Etiopia), Maxamed Siyaad Barre (Somalia), Omar Hasan Ahmad al-Bashir (Sudan), Omar Bongo Ondimba (Gabon), Ahmed Sékou Touré (Ghana), Gnassingbé Eyadéma (Togo), Félix Houphouët-Boigny (Costa d'Avorio), Laurent Gbabo (Costa d'Avorio), Charles “Chuckie” Taylor (Liberia), Moussa Traorè (Mali),
Non c’è che dire, un’edificante compagnia di cui essere orgogliosi.
La legge sul legittimo impedimento in fase di approvazione parlamentare rappresenta un passo significativo verso la stabilizzazione della dittatura nel nostro paese.
La legge, che prevede la facoltà per presidente del consiglio in carica e ministri di opporre il proprio rifiuto alla magistratura di sottoporli a procedimento giudiziario, su semplice diniego dell’interessato, costituisce per gli uomini del potere la scappatoia per sfuggire alle maglie della giustizia, che non ha precedenti nella storia repubblicana né nella prassi democratica dei paesi occidentali. Non v’è traccia di un simile provvedimento neanche nei documenti storici feudali o di borbonica memoria.
La legge, che le indagini demoscopiche danno per invisa ad oltre il 60% dei cittadini, è una forzatura senza precedenti e segna un profondo e definitivo solco tra il popolo e la casta: l’uno è soggetto alla legge, la seconda è a suo piacimento indenne da qualunque “ingerenza” e censura in nome di un mistificato concetto di governabilità, che nel suo lessico è sinonimo di licenza di delinquere.
Quel che provoca l’irrefrenabile voltastomaco non è l’impunità per i reati eventuali commessi nell’espletamento dell’incarico pubblico, quanto la pretesa di mantenere esente da perseguibilità anche gli eventuali reati commessi prima di assumere la carica istituzionale. Ciò vuol dire utilizzare la politica come passaporto per l’impunità, che richiama alla memoria la sinistra realtà francese antecedente la presa della Bastiglia, sebbene oggi non si tratti di nobiltà e clero a godere di favoritismi, ma di un’espressione affaristico-delinquenziale che c’è da augurarsi subisca la stessa sorte.
Berne, è a questa casta vile e miserabile che abusa del proprio potere che deve obbedienza cieca chi a suo tempo ha votato Berlusconi & C.; e ci sarebbe persino da desiderare per costoro abusi e umiliazioni di ogni specie da parte del suo beniamino e accoliti. La tragedia sta nel fatto che, com’era purtroppo prevedibile, l’olio di ricino scorre a fiumi ed è distribuito indifferentemente ad amici, simpatizzanti, avversari e nemici, pur se le dosi per il dissenso son sempre le più massicce.
Con questa legge il premier entra di diritto nella hit parade dei dittatori di fine secolo e d’inizio millennio, associando il proprio nome e quello dell’Italia a personaggi e paesi che mai avremmo pensato fosse possibile eguagliare in quanto a mortificazione delle regole democratiche di libertà e giustizia.
Ecco il triste elenco al quale da oggi possiamo associare il nome dell’Italia:
Vladimir Lenin (Russia Sovietica, URSS), Josif Vissarionovič Džugašvili Stalin (URSS), Aleksandr Lukashenko (Russia), Leonid Brežnev (URSS), Todor Zhivkov (Bulgaria), Wojciech Witold Jaruzelski (Polonia), Gustáv Husak (Cecoslovacchia), Janos Kadar (Ungheria), Ante Pavelic (Croazia), Tito (Jugoslavia), Slobodan Milošević (Serbia), Enver Hoxa (Albania), Gheorghe Gheorghiu-Dej (Romania), Nicolae Ceauşescu (Romania), Saparmyrat Ataýewiç Nyýazow (Turkumenistan), Islom Karimov (Uzbekistan), Adolf Hitler (Germania), Walter Ulbricht (Germania Democratica), Erich Honecker (Germania Democratica), Tassos Papadopulos (Cipro), Benito Mussolini (Italia), António de Oliveira Salazar (Portogallo), Francisco Franco (Spagna), Mustafa Kemal Atatürk (Turchia), Abdul Aziz Al-Saud (Arabia Saudita), Isa bin Salman Al Khalifah (Bahrain), Bo Ne Win (Birmania), Than Shwe (Birmania), Hassanal Bolkiah Mu'izzaddin Waddaulah (Brunei), Saloth Sar Pol Pot (Cambogia), Mao Tse-tung (Cina), Deng Xiaoping (Cina), Chiang Kai-shek (Cina Pop.), Kim Il Sung (Corea del Nord), Kim Yong II (Corea del Nord), Chun Doo-hwan (Corea del Sud), Ferdinand Edralin Marcos (Filippine), Haji Mohammad Suharto (Indonesia), Mohammad Reza Pahlavi (Iran), Mahmoud Ahmadinejad (Iran), Saddam Hussein (Iraq), Muhammad Zia ul-Haq (Pakistan), Ho Chi Minh (Viet-nam), Lee Kuan Yew (Singapore), Hafiz al-Asad (Siria), Bashar Al Assad (Siria), Juan Domingo Perón Sosa (Argentina), Jorge Rafael Videla Redondo (Argentina), Roberto Eduardo Viola (Argentina), Leopoldo Fortunato Galtieri Castelli (Argentina), Reynaldo Benito Bignone (Argentina), Hugo Banzer Suárez (Bolivia), Augusto José Ramón Pinochet Ugarte (Cile), Fidel Alejandro Castro Ruz (Cuba), François Duvalier (Haiti), Anastasio Somoza García (Nicaragua), Alfredo Stroessner Matiauda (Paraguay), Alberto Kenya Fujimori (Perù), Rafael Leónidas Trujillo Molina (Santo Domingo), Peter Gomez (Venezuela), Hugo Rafael Chávez Frías (Venezuela), Houari Boumédiène (Algeria), Hosni Mubarak (Egitto), Hassan II (Marocco), Mu'ammar Gheddafi (Libia), Hissène Habré (Ciad), Jean-Bédel Bokassa (Repubblica Centrafricana), Joseph Kabila Kabange (Congo), Joseph-Désiré Mobutu (Zaire), Amin Dada (Uganda), Robert Mugabe (Zimbabwe), Kenneth Kaunda (Rhodesia), Kamizu Banda (Malawi), Didier Ratsiraka (Madagascar), Hailé Selassié (Etiopia), Hailé Mariam Menghistu (Etiopia), Maxamed Siyaad Barre (Somalia), Omar Hasan Ahmad al-Bashir (Sudan), Omar Bongo Ondimba (Gabon), Ahmed Sékou Touré (Ghana), Gnassingbé Eyadéma (Togo), Félix Houphouët-Boigny (Costa d'Avorio), Laurent Gbabo (Costa d'Avorio), Charles “Chuckie” Taylor (Liberia), Moussa Traorè (Mali),
Non c’è che dire, un’edificante compagnia di cui essere orgogliosi.
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