mercoledì, gennaio 20, 2010

Processo breve o dittatura lunga?

Mercoledì, 20 gennaio 2010
Qualche ora fa nel Senato della Repubblica (del Viagra) s’è consumato l’ultimo affronto ai principi minimi della democrazia e, con ogni probabilità, ha traghettato l’Italia, - non più paese disgraziato, ma infame espressione geografica come sosteneva Metternich, - tra la lista dei paesi canaglia, quelli nei quali i principi fondamentali di libertà e del diritto sono solo un ricordo.
Il Senato ha infatti approvato la legge sul processo breve, quel provvedimento odioso che non è solo un regalo ai delinquenti incalliti, che vedranno improvvisamente svanire ogni pendenza a loro carico per decorrenza dei termini processuali, ma azzera definitivamente i processi a carico di Berlusconi, che finalmente si potrà presentare ai suoi fan ed elettori fresco come una rosa e senza macchia.
Sebbene il provvedimento debba adesso superare l’approvazione della Camera e la firma del Capo dello Stato, c’è da credere che a palazzo Grazioli, dimora romana del premier, si sia brindato all’atteso successo e si sia pasteggiato a base di cannoli siciliani, giusto per rispettare la tradizione.
Ciò non significa che nel paese non ci fosse l’esigenza di regolamentare una materia che nel tempo ha generato insopportabili lungaggini nell’amministrazione della giustizia e nelle conclusioni processuali. Ma considerare il provvedimento in questione il colpo d’ala tanto atteso costituirebbe un vulnus all’intelligenza del cittadino medio, che non può non individuare nelle modalità quasi da guerra civile con le quali si è giunti al varo della legge il violento colpo di mano inferto da una maggioranza serva del suo leader agli interessi processuali del capo del governo.
Non resta che sperare nell’auspicabile buon senso di Napolitano, dato che la Camera, la cui maggioranza è saldamente schierata sulle posizioni del premier-padrone difficilmente si esprimerà diversamente da quanto ha fatto il Senato, pur se da più parti, e non certo di sinistra, non sono mancati i richiami alla palese incostituzionalità del provvedimento medesimo.
Questo non vuol dire che Napolitano abbia un potere d’interdizione che travalica i suoi poteri costituzionali, ma potrà sempre avvalersi del rinvio al parlamento del provvedimento quanto questo sarà sottoposto alla sua firma per un’ulteriore ratifica. Il rinvio del provvedimento alla Camere renderebbe il ruolo del Capo dello Stato trasparente e rivaluterebbe le sue prerogative di garante della costituzione e degli interessi dei cittadini, che in larga parte dissentono da questa azione di ennesima mortificazione di credibilità delle istituzioni.Oggi è un giorno nero per la storia repubblicana: le lancette dell’orologio della storia sono tornate tragicamente indietro per riportarci all’epoca dei tristemente noti abusi dittatoriali che sembravano definitivamente seppelliti.

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