giovedì, gennaio 14, 2010

Le armi di "distrazione" di massa

Giovedì, 14 gennaio 2010
Oggi le tasse non si possono più ridurre. C’è la crisi che attanaglia, che non da respiro, che non permette di varare serenamente manovre così impegnative per le casse statali.
Ieri, invece, si poteva. Due livelli d’imposta, 22 e 33, per i redditi sino a centomila euro e quelli al di sopra.
«Siamo in balia di un pazzo... o meglio di qualcuno che utilizza scientemente le armi di 'distrazione' di massa, per distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dai temi importanti: la critica situazione economica del paese, e le presunte riforme della giustizia (leggi norme ad personam per salvare il Premier dai processi). L'informazione (Corsera compreso) dovrebbe evidenziare chiaramente questa manovra, offensiva per l'intelligenza dei cittadini, indipendentemente dal loro colore politico. Cittadini che sono stufi di un premier che impegna le istituzioni (anzi, le occupa) per risolvere i problemi personali con la giustizia e con le sue aziende, disinteressandosi dei problemi reali del paese in balia della crisi...».
Così scrive un lettore sconcertato, - tale Alex69, - sul sito de la Repubblica alla notizia che il premier oggi ha cambiato idea a proposito della sbandierata riforma del fisco strimpellata un paio di giorni or sono e sulla quale, - almeno a leggere i giornali allineati, - tutti sembravano d’accordo, da Tremonti a La Russa, da Scajola a Bonaiuti.
Cosa sarà mai accaduto di così improvviso e imprevedibile da obbligare il Grande Illusionista di Arcore a fare retromarcia? Probabilmente questa domanda non avrà mai una risposta. Silvio Berlusconi approfitta della conferenza stampa dopo il Consiglio dei Ministri per sgomberare il campo da ogni equivoco sulla riforma fiscale: «Con la crisi attuale» - è il succo del suo discorso - «una riduzione delle tasse è fuori discussione». Il Cavaliere è netto: «Non intendiamo assolutamente introdurci in questa campagna elettorale per le elezioni regionali e amministrative con delle promesse di riduzioni delle imposte», che lascia intendere come debba essere accaduto qualcosa nel corso delle ultime ore in grado di fargli cambiare repentinamente idea sull’uso di un piatto assai appetitoso per gli elettori di tutte le estrazioni.
La cosa più probabile e che, contrariamente alle attese, i sondaggi segreti seguiti alla boutade sulla riforma fiscale debbono aver reso risultati preoccupanti, nel senso che la gente è sostanzialmente stanca di farsi sfottere da questo furbetto di provincia, che distrae l’attenzione dai continui tentativi di salvarsi le terga ricorrendo ad improponibili soluzioni legislative ad personam, - pur se adesso s’è inventato ad libertatem, omettendo il meam a conclusione di questo nuovo slogan. Allora cosa fa? Ma se il Quirinale gli boccia l’ennesima ipotesi di provvedimento per congelare i processi, suo compreso, non ha più molto senso insistere sulla questione della riforma fiscale, non essendoci niente e nessuno di cui deviare l’attenzione.
In ogni caso, - per quanto il dover pagare le tasse, specialmente sapendo che grande parte dei loro proventi serviranno a pagare gli appannaggi della casta malefica che ci governa e che occupa le istituzioni senza alcun vantaggio per il cittadino, non possa non provocare un conato di vomito, - la riforma ventilata da Berlusconi sembra un’appendice dello scudo fiscale ancora in essere e in fase di produzione dei suoi effetti. Pertanto deve ritenersi improponibile, almeno nei termini nei quali è stata presentata. Rischia, infatti, di diventare l’ulteriore regalo ai ricchi e agli evasori, - magari adesso preoccupati di come occultare ciò che grazie allo scudo fiscale sono riusciti a far rientrare e rendere del tutto lecito, - che non saranno più chiamati a contribuire secondo le “loro capacità”, come recita la Costituzione, ma in maniera forfettaria, grazie all’impiego di un’aliquota beffa.
Il risultato di questa tanto declamata riforma sarà che, per far fronte alle minori entrate, il sistema dovrà ricorrere all’innalzamento degli oneri indiretti, che - a scanso di equivoci - andranno a colpire i generi di prima necessità e non certo quelli di lusso appannaggio della classe benestante, e quindi al di sotto della soglia di convenienza di un eventuale ritocco d’imposizione. Nella sostanza, con manovra sulla tassazione indiretta si vanificherà progressivamente l’effetto della riduzione fiscale, ma il Grande Illusionista di Arcore potrà pensare di passare alla storia come artefice di una riforma epocale, di cui gli sprovveduti gli dovranno eterna gratitudine.
Nonostante questo spettacolo farsesco che dà di sé il sodalizio attualmente al governo, non c’è da farsi grandi illusioni su risultati elettorali delle prossime regionali che possano in qualche maniera indicare un’inversione di rotta. Il PD, pur se nelle mani di quel povero diavolo di Bersani, dimostra di non essere affatto all’altezza di guidare in modo serio e attendibile l’opposizione: troppe anime al suo interno, compresa quella di qualche ex presidente del consiglio, svenduta a suo tempo al demonio, e mancanza di una linea chiara di concreto rinnovamento, come lascia intendere l’appoggio alla candidatura Bonino nel Lazio. L’UDC di Casini è troppo piccola per potersi assumere il ruolo di capofila di un progetto d’alternativa, oltre a mostrare irrisolti i problemi di sempre: predicare bene, ma razzolare malissimo, tenendosi in seno qualche delinquente conclamato di troppo. Di Pietro, infine, ha già i suoi problemi a tenere in piedi l’alleanza con il PD, quantunque non perda occasione per sottolineare pericolosi distinguo, che, se da un lato servono a scongiurare sudditanze ed egemonie, non trasmettono segnali di affidabilità e continuità a quel popolo della sinistra ormai stanco delle interminabili stagioni d’antagonismo che ne hanno contrassegnato la storia.
E così andiamo avanti, con la disperazione dei senza lavoro, con i conflitti violenti con l’opposizione, con la magistratura costantemente sotto attacco e vilipesa nell’immagine, con le promesse e le illusioni continue per confondere la visuale.

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