sabato, gennaio 16, 2010

Forca Italia ovvero IdV


Sabato, 16 gennaio 2010
La tesi è semplice al punto da fare apparire uno sprovveduto il signor Giuseppe Portonera, blogger di blogsicilia.it, che, pur condendo di apprezzabili passaggi ironici le considerazioni sulla genesi e la parabola discendente, - a suo giudizio, - del partito di Di Pietro, conclude con la quasi certezza che tra l’IdV, “cespuglio centrista e moderato” alla sua fondazione, e il PdL, definito il “non partito”, visto che somiglierebbe molto più ad una congregazione di affaristi al seguito di un signore che “si fa gli affari suoi”, non vi siano grandi differenze.
Il PdL è palesemente un partito personale, nel quale il suo leader detta legge, impone il percorso, assolve e scomunica, ma avendo chiaro l’obiettivo di salvaguardare i propri interessi personali, che vanno dalla conservazione dell’ingente ricchezza accumulata all’immunità da eventuali condanne per i molteplici reati nei quali è incappato nell’accumulare quella ricchezza.
Di Pietro, gestirebbe invece un partito ad personam, nel senso che non avrebbe un interesse immediato di tutela di privilegi acquisiti, ma sarebbe piuttosto una vera e propria attività imprenditoriale dalla quale il Tonino nazionale ricaverebbe i mezzi di sostentamento, - ovviamente si fa per dire, dato che parliamo di proventi mensili milionari, - per sé, la sua famiglia e un gruppo di fedeli amici che lo hanno seguito nell’avventura politica.
Dimostrerebbe questa natura imprenditiva la monoproduzione di un atiberlusconismo di bandiera con il quale si esaurisce ruolo e significato dell’organizzazione IdV, che con l’imminente celebrazione del suo primo congresso nazionale rischia di far venire al pettine i molti nodi da sciogliere. “Lo pregano tutti di sciogliere il suo partito e di rifondarlo dalle basi, ancorandolo stabilmente a sinistra e scacciando i vari amministratori locali che sono l’unica rete reale del partito”, rivela Portonera, per quanto non fornisca alcuna ragione comprensibile per la quale Di Pietro dovrebbe procedere su questa strada, né indichi quali siano le colpe che gli si attribuiscono consequenziali di tale provvedimento. Non pare d’altra parte motivo plausibile l’abbandono di Pino Pisicchio, Giuseppe Astore, Giuseppe Giulietti, Bruno Cesario, che secondo Portonera “si sono tutti trovati una più comoda casa centrista”, allo scioglimento del movimento politico, che, contrariamente al de profundis cantatogli dal nostro blogger, registra, - come deve ammettere anche Portonera, - un balzo felino in avanti di consensi nell’arco temporale di poco più d’un lustro, con una variazione dal 2 al 8%.
Suggestiva poi l’ipotesi sulla congiura radical chic, che coinvolgerebbe Paolo Flores d’Arcais, Marco Travaglio, Andrea Camilleri, Michele Santoro e qualche altro congiurato rimasto nell’anonimato o sfuggito alla penna dell’acuto critico, il quale evidentemente finge di sottovalutare il peso di personaggi come Tremonti, Fini, La Russa, Scajola e chi più ne ha più ne metta, che compongono il codazzo di Berlusconi. Certo, se ha pensato al peso di Brunetta, sia fisico che della qualità dell’azione politica, non possiamo dargli torto. Ma il caso ci sembrerebbe macroscopicamente esagerato per consentirgli di fare di tutta l’erba un fascio, sebbene nel tripudio di Gasparri e di qualche inguaribile nostalgico.
Più solida appare la critica sulla coerenza di certe azioni e certe scelte. “A fronte, infatti, di problemi giudiziari (come la vicenda del figlio del leader, Cristiano), ce ne sono anche di natura politica. Che posso mettere alla luce molto più semplicemente. Primo fra tutti: l’assoluta inconsistenza culturale e ideologica del partito. In Europa l’IdV, infatti, aderisce all’ALDE, il gruppo dei liberali e dei democratici.In poche parole, dei garantisti antilegalitari per eccellenza. E se in Italia Di Pietro urla tanto, in Europa il suo gruppo vota tranquillamente le varie richieste d’immunità; spesso si trova in sintonia con il PPE (in cui siedono PDL e UDC) e, se qui da noi critica la presunta politica dei due forni, in Europa ha scelto il gruppo centrista per eccellenza che si offre ogni volta o ai popolari o ai socialisti del PSE. Mica male sotto il profilo della coerenza… Idem anche per l’inconsistenza reale del partito.”
Al di là della prosa, probabilmente zoppicante per l’eccesso di sdegno, se si può convenire circa l’esigenza per un partito come quello di Di Pietro di fornire costantemente prove intellegibili di coerenza, le accuse d’inconsistenza reale del partito suonano non solo fuori luogo perché non supportate da elementi esemplificativi probanti, ma in quanto trasudano un accanimento verbale basato su motivazioni fatue e sull’evidente antipatia che il buon Portonera nutre verso il leader dell’IdV.
A chi scrive, queste prese di posizione riportano alla memoria i tragici epiloghi di mani pulite, acclamata e appoggiata dalle masse quando prese il via e demolita nella credibilità dai bombardamenti mediatici della controffensiva. Così Borrelli, D’Ambrosio, lo stesso Di Pietro, - contro il quale, non si dimentichi, furono inventati casi giudiziari incredibili, finiti tutti in una bolla di sapone, da eroi nazionali, divennero nell’arco di pochi anni persecutori, giustizialisti, killer, comunisti conclamati e tutto ciò che poteva indurre la pubblica opinione a maturare sospetto e disgusto per un’azione di pulizia rimasta incompiuta.
E questa amara considerazione si evince dalle conclusioni di Portonera, che suggerisce a Di Pietro di mutare il nome del suo partito da Italia dei valori in Forca Italia. Sono queste boutade che rivalutano l’aforisma di un grande della storia: rispetto l’ignoranza, ma ho grande disprezzo per la stupidità.

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