domenica, febbraio 14, 2010

La protezione incivile e il guardiano della latrina


Domenica, 14 febbraio 2010
Piaccia o meno il paese è ormai ridotto ad un bordello, un sordido lupanare aperto 24 ore al giorno, frequentato dal gotha della politica e degli affari.
Dopo le belle di giorno e di notte del premer, i travestiti di Sircana e i trans di Marrazzo, adesso è la volta di Bertolaso, quel Guido Bertolaso che s’è guadagnato i gradi di grande esperto di catastrofi e d’emergenze nella spazzatura di Napoli, nel fango dell’Aquila e di Gianpileri, nelle rovine di Haiti, al punto da restarne imbrattato. E poi, che stress quei cumuli di mondezza! Aggirarsi tra le rovine delle case crollate e tra i lamenti dei moribondi sepolti dalle macerie farebbe salare i nervi anche al più coriaceo supereroe avvezzo ad ogni nefandezza. Allora, che c’è di male se anche questo superuomo, questo gigante delle catastrofi, ogni tanto sente il bisogno di “ripassare” una gentile signorina per scrollarsi quelle visioni dalla mente? Niente di male, direbbe qualcuno. Sarà un superuomo, ma si trascina le debolezze di qualunque travet, un qualunque anonimo signor Rossi impiegato delle poste, che a fine giornata spera d’annegare la stanchezza mentale tra le morbide curve di qualche buona samaritana.
La differenza sta nel fatto che il povero travet la samaritana molto spesso se la sogna e lì finisce e, quando comunque può concedersela, se la paga di tasca sua, magari tra mille rimorsi per aver sottratto qualche decina di euro alla spesa di casa o libri del figlio. Per il superuomo è diverso. La gnocca è gratis, per giunta di prim’ordine, servita su un piatto d’argento, di quelle che si vedono solo al cinema o nei rotocalchi, adeguato omaggio al suo rango di generosi “amici”, - lenoni o ruffiani sono termini desueti e comunque non adatti al blasone dei tomber de femmes blasonati, - i quali a loro volta riceveranno per presente un appalto, una raccomandazione o qualche volo, rigorosamente gratuito, su aerei privati messi a disposizione dagli amici degli amici. Poi non è mica detto che la scappatella debba figurare come frequentazione di misere mignotte. All’occorrenza si potrà sempre dire che si trattava di massaggiatrici, professioniste di shatzu e altre miracolose diavolerie manipolatorie, tanto non è mica doveroso precisare dove ti facevano le applicazioni.
Ma il problema non è solo questo, che se la questione si potesse recintare a sottane e slippini ci troveremmo di fronte ad un probabile ingerenza in faccende sì piccanti ma comunque personali. Invece con il nuovo caso ci troviamo davanti ad una scena da basso impero, dove amici, parenti, profittatori, corruttori e altre sottospecie umane avevano messo in piedi un sistema di favori e tangenti che sfuggiva ad ogni controllo, profittando del grande grado di libertà delegato alla protezione civile e al suo responsabile. E così, via nello spartirsi appalti, auto di lusso, telefonini, aerei, puttane, danaro e quanto d’inimmaginabile, al punto da far dire a qualcuno a conoscenza dei meccanismi banditeschi ma escluso dalla spartizione delle torte che questa’organizzazione delinquenziale “rubava tutto ciò ch’era rubabile”.
Questa non è più un’Italia degna di sedere nelle assisi internazionali e parlare a testa alta, - salvo dover presto o tardi scoprire che anche i suoi interlocutori, sotto un bigotto perbenismo, celavano la stessa pasta. Questa è ormai una latrina immonda nella quale la casta e suoi lacchè consumano i bisogni più innominabili, alla faccia di terremotati, morti e disgraziati, che rischiano malattie e infezioni a causa della sporcizia altrui che s’accumula giorno dopo giorno al loro uscio, tra l’indifferenza di chi dovrebbe intervenire o per consentire a quegl’indifferenti di lucrare mazzette e privilegi nelle trattative con le organizzazioni mafiose che gestiscono lo smaltimento dei rifiuti e le discariche.
In questa ennesima miserabile vicenda che vede coinvolto adesso Bertolaso e il suo entourage, - che ci augureremmo fosse solo una sgradevole bufala, quantunque gli elementi probatori provenienti da intercettazioni telefoniche non lascino molte speranze al fraintendimento, - due sono gli aspetti, persino più sgradevoli delle gravi accuse mosse al capo della protezione civile: il comportamento del solito Berlusconi e il perdurante silenzio del capo dello stato Giorgio Napolitano.
«I Pm si vergognino, Bertolaso non si tocca», ha tuonato il presidente del consiglio come un guappo a cui hanno riferito dell’arresto di un suo guaglione, «tutte queste cose qui sono assolutamente non accertate, non vere e infondate», quasi che le sue affermazioni, del tutto gratuite e prive del minimo elemento di controprova fossero oro colato. «Se una persona opera bene al 100% e poi c'è l'1% discutibile, quell'1% deve essere messo da parte. Mi sembra una cosa di buon senso che è difficile non capire». Una tesi che il Cavaliere rafforza con una certezza: «Se uno mette il telefono sotto controllo per due anni si alzi in piedi chi pensa che non possa uscire qualcosa di scandaloso». Naturalmente quest’assoluzione incondizionata, proveniente da un conclamato organizzatore di crapule, va tenuta in debito conto: la predica proviene da un pulpito talmente accreditato da non consentire discussione contraria alcuna. D’altra parte non va trascurato che a suo tempo il nome di Bertolaso venne fuori a proposito di certi incontri del premier con la Daddario, presenza mai smentita e, soprattutto, mai chiarita: forse il capo della protezione civile sarebbe stato lì presente per prevenire un eventuale crollo rovinoso del suo datore di lavoro o per reggergli il moccolo?
Infine, - a scanso d’ogni dubbio e giusto per non perdere l’occasione di strumentalizzare a proprio vantaggio ogni argomento, - l’assolutore Silvio ha concluso con la tiritera sull’aggressione continua al suo governo, quello su un clima politico «imbarbarito» e «difficile da sopportare» cui bisogna attribuire le cattiverie sul conto del suo protetto, - un leit motiv con il quale non ingannerebbe più manco uno scolaro della materna.
Dal lato della Presidenza della Repubblica, stupisce il perdurare di un silenzio ingiustificato sui continui attacchi alla magistratura di cui lo stesso Napolitano è presidente. Su questo fronte è assolutamente inconcepibile che il Capo dello stato consenta uno svillaneggiamento perpetuo di una categoria costituzionale impegnata solo a fare il proprio dovere, indagando senza riguardi e timori reverenziali sul comportamento illecito di cittadini che ricoprono delicatissimi incarichi in seno ad altrettanti delicatissimi apparati dello stato. Né può accettarsi che un presidente del consiglio perseveri nella più assoluta mancanza di rispetto istituzionale verso organi dello stato che hanno pari dignità alla sua, - se non addirittura superiore, considerati gli spettacoli indegni cui s’abbandona con sistematicità, - nel silenzio di colui che, per ruolo, è il tutore della legalità costituzionale e della democrazia.
Senza voler anticipare giudizi di colpevolezza su Bertolaso, cui è sperabile si lasci provvedere la magistratura, la cornice nella quale si sviluppano gli accadimenti è assai preoccupante e da tempo ha travalicato il limite dall’allarme per la democrazia. La verità e che, in queste condizioni, il nostro non è più uno stato, con regole e doveri a tutti i livelli delle sue istituzioni. E’ ormai qualcosa che sempre più somiglia alle latrine di certi autogrill d’infima categoria, dove gli avventori possono anche farla fuori dal cesso, sotto l’occhio distratto, o al più bonario e comprensivo, del guardiano addetto e magari del gestore, certi entrambi che tanto la gente di passaggio continuerà a fermarsi.

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