RAI, un esempio d’informazione indipendente
Domenica, 14 marzo 2010
Che la RAI sia il ricovero dei raccomandati e dei servi del potere è cosa risaputa. Da sempre i soldi dei contribuenti-abbonati, peraltro forzosamente come si conviene alla “democrazia delle banane”, finiscono per foraggiare i lauti stipendi di amici, amici degli amici, guitti, mezze tacche spacciate per opinion leader, nobili decaduti e, soprattutto, scribacchini contrabbandati per giornalisti indipendenti e garanti dell’obiettività e del pluralismo.
Le magliette a via Teulada sono tali e tante da poter organizzare un vero e proprio campionato di calcio, da fare invidia per numero di squadre partecipanti all’attuale serie A, ovviamente con tanto di squadra favorita dai pronostici per gli investimenti impiegati dal patron di turno.
Qualcuno dirà che, fin qui, non c’è elemento di novità. La RAI in assenza di una grande televisione di contrasto è sempre stata utilizzata dalla politica al potere per plagiare gli ascoltatori cittadini-elettori e, dunque, il suo controllo ha sempre implicato lotte all’arma bianca per la conquista del presidio di trasmissioni e fasce orarie in cui il megafono è in grado di raggiungere l’audience massima. Ma, come disgraziatamente è ormai storia consolidata, con l’avvento di Berlusconi in politica mai s’era visto sul piccolo schermo un imbarbarimento così pronunciato della lottizzazione, come quello al quale assistiamo da qualche tempo, al confronto del quale il manuale Cencelli sembra un banalissimo Monopoli.
Si sa, la critica è sempre stata sgradita al potere. Ma nessun potere nella storia democratica del paese è mai giunto al punto di lanciare diktat contro trasmissioni o singoli conduttori come ha fatto Berlusconi, al quale non è bastato aver creato grazie a connivenze compiacenti tre reti televisive sotto il suo totale controllo, ma ha lanciato una campagna di pulizia etnica anche nella tv di regime per garantirsi a trecentosessanta gradi la possibilità d’indirizzare e condizionare la convinzioni degli ascoltatori.
Così al servo Mimum, passato prontamente e ufficialmente nella scuderia Fininvest al momento del benservito ricevuto in RAI, con il ritorno di Berlusconi e delle sue sturm truppen è stato insediato alla direzione del TG1, - storicamente il più seguito come indice d’ascolto, - tal Augusto Minzolini, controverso giornalista con trascorsi al La Stampa e Panorama, già in odore d’equivoco quando nel ’96 smentisce di aver effettuato un’intervista a Luciano Violante, all’epoca presidente della Commissione Antimafia, nella quale gli erano state attribuite dichiarazioni circa coinvolgimenti di Berlusconi e Dell’Utri in affari con il famigerato boss della mafia catanese Nitto Santapaola, in seguito alle quali dovette dimettersi.
Il personaggio già nella sua breve permanenza al timone del telegiornale di RAI 1 non ha smentito se stesso, confermando un asservimento a Berlusconi quasi ossessivo, al punto da azzardare persino l’omissione e la manipolazione subdola dell’informazione, pur di compiacere come un fido maggiordomo il suo padrone. Così al TG da lui diretto non si parla degli scandali sessuali in cui è coinvolto Berlusconi, in quanto, secondo il valente giornalista, nel suo telegiornale non devono trovare spazio notizie fondate solo sul gossip. Alla stessa stregua, l’imperseguibilità di Mills, - l’avvocato inglese rinviato a giudizio in concorso don Berlusconi e due volte condannato per corruzione e falsa testimonianza, - per prescrizione dei termini, diventa per ordine di Minzolini un’assoluzione a tutti gli effetti, con l’evidente obiettivo di imbrogliare gli ascoltatori facendo credere loro che il correo Berlusconi sia innocente e, dunque, dall’ingiusto processo in corso a suo carico uscirà sicuramente assolto.
In questi giorni Minzolini torna alla ribalta della cronaca per essere implicato in un triangolo vergognoso con Berlusconi e Giancarlo Innocenzi, ex Publitalia e attuale commissario dell’Agcom, teso a far fuori Anno Zero, Ballarò e Parla con me e rispettivi conduttori, rei d’aver trattato temi sgraditissimi all’inquilino di Palazzo Chigi o di aver ospitato personaggi invisi a Berlusconi.
Contrariamente a Innocenzi e Berlusconi, Minzolini comunque non appare ancora indagato per questi fatti, quantunque abbia ammesso di aver parlato con il premier, confermando quanto risultato dalle intercettazioni telefoniche. E come accade a chi fortunosamente ha a disposizione un’occasione per ribaltare anni di sospetti, ha utilizzato la smentita della procura di Trani presso la quale sono in corso le indagini, per esternare il suo “profondo sdegno” per gli attacchi subiti dai media, confidando così di potersi ricucire un’improbabile verginità.
«Oggi è uscita la notizia che io non sono indagato, ma per un giorno il frullatore è partito contro di me.», - ha dichiarato con fare tra il crucciato e l’offeso in un editoriale televisivo, - «Ho provato quella che è la gogna mediatico-giudiziaria. La mia colpa? Aver parlato con Berlusconi al telefono, come hanno fatto tutti i direttori del Tg1 prima di me. E dove sta lo scandalo? Dove sta il reato? La verità è che mi vogliono muto e sordo, ma io muto e sordo non lo sarò mai. O, come dice qualcuno, "cacciato a pedate", un linguaggio che usò Mussolini con Giovanni Amedola. Mi vogliono dimezzato, ma non sarò mai dimezzato nel rispetto della mia storia e di quella del Tg1. Voglio continuare a offrire ai telespettatori un'informazione libera e completa».
Povero Minzolini, anima senza macchia, a rischio gogna mediatica per aver parlato con Berlusconi al telefono, magari di cose innocenti, di qualche gitarella fuori porta da organizzare per il fine settimana o di altre amenità. E per questo lo si vorrebbe “cacciato a pedate”? Lo si vorrebbe dimezzato?
Su, via, Minzolini, non abbia timore, nessuno riuscirà a colpirla, almeno sino a quando i suoi santi protettori veglieranno sul suo sonno. E poi non si lamenti per il linguaggio da ventennio: è in perfetto stile da bieco gerarca resuscitato dal suo mentore, a cui non basta averci già provato con Santoro e Biagi ai tempi dall’editto bulgaro. Adesso alza il tiro e punta a Floris e Dandini, oltre che all’indomabile terrorista Santoro e al suo consigliere fraudolento Travaglio, anche se capisco che per la schiera dei “cialtroni” appena detta un calcio dove non batte il sole non meriti censura, ma provochi la sua sollevazione se solo si promette a lei. Anche la preoccupazione circa un suo dimezzamento ci sembra del tutto infondata, poiché la stragrande maggioranza di chi, mi creda, non l’apprezza affatto, non proverebbe maggior sollievo dal dover sopportare solo il 50% delle scorrettezze che perpetra ai danni di un’informazione trasparente.
Crediamo che le indagini in corso e la delicatezza del tema che tratta, avrebbero dovuto suggerirle maggiore cautela, anziché stimolarla a vestire i panni della vittima perseguitata, peraltro non del tutto inedita nel copione della fazione che le fa da stampella. Sa, questo è un paese, come ha rilevato più volte il suo dante causa, nel quale la magistratura, quella che indaga e che ficca il naso negli affari che dovrebbero restare riservati, è comunista e allora non può escludersi che qualche talebano, qualche irriducibile invidioso del suo successo, prima o poi inventi dei riscontri per lei imbarazzanti, dai quali sarebbe più difficile non tanto difendersi quanto salvare la faccia dopo la sua predica televisiva autoassolutoria.
(Ndr, al fine di meglio valutare il significato pericolosissimo di una stampa asservita al potere e ridotta a suo megafono, può risultare istruttiva la lettura dell’editoriale di Eugenio Scalfari su la Repubblica di oggi)
http://www.repubblica.it/politica/2010/03/14/news/peggio_di_mccarthy-2647807/
Che la RAI sia il ricovero dei raccomandati e dei servi del potere è cosa risaputa. Da sempre i soldi dei contribuenti-abbonati, peraltro forzosamente come si conviene alla “democrazia delle banane”, finiscono per foraggiare i lauti stipendi di amici, amici degli amici, guitti, mezze tacche spacciate per opinion leader, nobili decaduti e, soprattutto, scribacchini contrabbandati per giornalisti indipendenti e garanti dell’obiettività e del pluralismo.
Le magliette a via Teulada sono tali e tante da poter organizzare un vero e proprio campionato di calcio, da fare invidia per numero di squadre partecipanti all’attuale serie A, ovviamente con tanto di squadra favorita dai pronostici per gli investimenti impiegati dal patron di turno.
Qualcuno dirà che, fin qui, non c’è elemento di novità. La RAI in assenza di una grande televisione di contrasto è sempre stata utilizzata dalla politica al potere per plagiare gli ascoltatori cittadini-elettori e, dunque, il suo controllo ha sempre implicato lotte all’arma bianca per la conquista del presidio di trasmissioni e fasce orarie in cui il megafono è in grado di raggiungere l’audience massima. Ma, come disgraziatamente è ormai storia consolidata, con l’avvento di Berlusconi in politica mai s’era visto sul piccolo schermo un imbarbarimento così pronunciato della lottizzazione, come quello al quale assistiamo da qualche tempo, al confronto del quale il manuale Cencelli sembra un banalissimo Monopoli.
Si sa, la critica è sempre stata sgradita al potere. Ma nessun potere nella storia democratica del paese è mai giunto al punto di lanciare diktat contro trasmissioni o singoli conduttori come ha fatto Berlusconi, al quale non è bastato aver creato grazie a connivenze compiacenti tre reti televisive sotto il suo totale controllo, ma ha lanciato una campagna di pulizia etnica anche nella tv di regime per garantirsi a trecentosessanta gradi la possibilità d’indirizzare e condizionare la convinzioni degli ascoltatori.
Così al servo Mimum, passato prontamente e ufficialmente nella scuderia Fininvest al momento del benservito ricevuto in RAI, con il ritorno di Berlusconi e delle sue sturm truppen è stato insediato alla direzione del TG1, - storicamente il più seguito come indice d’ascolto, - tal Augusto Minzolini, controverso giornalista con trascorsi al La Stampa e Panorama, già in odore d’equivoco quando nel ’96 smentisce di aver effettuato un’intervista a Luciano Violante, all’epoca presidente della Commissione Antimafia, nella quale gli erano state attribuite dichiarazioni circa coinvolgimenti di Berlusconi e Dell’Utri in affari con il famigerato boss della mafia catanese Nitto Santapaola, in seguito alle quali dovette dimettersi.
Il personaggio già nella sua breve permanenza al timone del telegiornale di RAI 1 non ha smentito se stesso, confermando un asservimento a Berlusconi quasi ossessivo, al punto da azzardare persino l’omissione e la manipolazione subdola dell’informazione, pur di compiacere come un fido maggiordomo il suo padrone. Così al TG da lui diretto non si parla degli scandali sessuali in cui è coinvolto Berlusconi, in quanto, secondo il valente giornalista, nel suo telegiornale non devono trovare spazio notizie fondate solo sul gossip. Alla stessa stregua, l’imperseguibilità di Mills, - l’avvocato inglese rinviato a giudizio in concorso don Berlusconi e due volte condannato per corruzione e falsa testimonianza, - per prescrizione dei termini, diventa per ordine di Minzolini un’assoluzione a tutti gli effetti, con l’evidente obiettivo di imbrogliare gli ascoltatori facendo credere loro che il correo Berlusconi sia innocente e, dunque, dall’ingiusto processo in corso a suo carico uscirà sicuramente assolto.
In questi giorni Minzolini torna alla ribalta della cronaca per essere implicato in un triangolo vergognoso con Berlusconi e Giancarlo Innocenzi, ex Publitalia e attuale commissario dell’Agcom, teso a far fuori Anno Zero, Ballarò e Parla con me e rispettivi conduttori, rei d’aver trattato temi sgraditissimi all’inquilino di Palazzo Chigi o di aver ospitato personaggi invisi a Berlusconi.
Contrariamente a Innocenzi e Berlusconi, Minzolini comunque non appare ancora indagato per questi fatti, quantunque abbia ammesso di aver parlato con il premier, confermando quanto risultato dalle intercettazioni telefoniche. E come accade a chi fortunosamente ha a disposizione un’occasione per ribaltare anni di sospetti, ha utilizzato la smentita della procura di Trani presso la quale sono in corso le indagini, per esternare il suo “profondo sdegno” per gli attacchi subiti dai media, confidando così di potersi ricucire un’improbabile verginità.
«Oggi è uscita la notizia che io non sono indagato, ma per un giorno il frullatore è partito contro di me.», - ha dichiarato con fare tra il crucciato e l’offeso in un editoriale televisivo, - «Ho provato quella che è la gogna mediatico-giudiziaria. La mia colpa? Aver parlato con Berlusconi al telefono, come hanno fatto tutti i direttori del Tg1 prima di me. E dove sta lo scandalo? Dove sta il reato? La verità è che mi vogliono muto e sordo, ma io muto e sordo non lo sarò mai. O, come dice qualcuno, "cacciato a pedate", un linguaggio che usò Mussolini con Giovanni Amedola. Mi vogliono dimezzato, ma non sarò mai dimezzato nel rispetto della mia storia e di quella del Tg1. Voglio continuare a offrire ai telespettatori un'informazione libera e completa».
Povero Minzolini, anima senza macchia, a rischio gogna mediatica per aver parlato con Berlusconi al telefono, magari di cose innocenti, di qualche gitarella fuori porta da organizzare per il fine settimana o di altre amenità. E per questo lo si vorrebbe “cacciato a pedate”? Lo si vorrebbe dimezzato?
Su, via, Minzolini, non abbia timore, nessuno riuscirà a colpirla, almeno sino a quando i suoi santi protettori veglieranno sul suo sonno. E poi non si lamenti per il linguaggio da ventennio: è in perfetto stile da bieco gerarca resuscitato dal suo mentore, a cui non basta averci già provato con Santoro e Biagi ai tempi dall’editto bulgaro. Adesso alza il tiro e punta a Floris e Dandini, oltre che all’indomabile terrorista Santoro e al suo consigliere fraudolento Travaglio, anche se capisco che per la schiera dei “cialtroni” appena detta un calcio dove non batte il sole non meriti censura, ma provochi la sua sollevazione se solo si promette a lei. Anche la preoccupazione circa un suo dimezzamento ci sembra del tutto infondata, poiché la stragrande maggioranza di chi, mi creda, non l’apprezza affatto, non proverebbe maggior sollievo dal dover sopportare solo il 50% delle scorrettezze che perpetra ai danni di un’informazione trasparente.
Crediamo che le indagini in corso e la delicatezza del tema che tratta, avrebbero dovuto suggerirle maggiore cautela, anziché stimolarla a vestire i panni della vittima perseguitata, peraltro non del tutto inedita nel copione della fazione che le fa da stampella. Sa, questo è un paese, come ha rilevato più volte il suo dante causa, nel quale la magistratura, quella che indaga e che ficca il naso negli affari che dovrebbero restare riservati, è comunista e allora non può escludersi che qualche talebano, qualche irriducibile invidioso del suo successo, prima o poi inventi dei riscontri per lei imbarazzanti, dai quali sarebbe più difficile non tanto difendersi quanto salvare la faccia dopo la sua predica televisiva autoassolutoria.
(Ndr, al fine di meglio valutare il significato pericolosissimo di una stampa asservita al potere e ridotta a suo megafono, può risultare istruttiva la lettura dell’editoriale di Eugenio Scalfari su la Repubblica di oggi)
http://www.repubblica.it/politica/2010/03/14/news/peggio_di_mccarthy-2647807/
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