Casta ladrona
Mercoledì, 12 maggio 2010
Da più parti si grida ormai ad una nuova tangentopoli, con tanto di corrotti e corruttori alacremente intenti ad incassare mazzette in cambio di appalti milionari.
Ma questa volta, - premettendo che con ogni probabilità il sistema della corruzione non è mai stato debellato nel nostro Paese, endemico come la malaria in certe zone d’Africa - l’unico punto di sovrapposizione tra la tangentopoli del ’92 e l’attuale è solo l’esistenza di un malaffare che coinvolge gli stessi attori, i politici che occupano posti di governo in grado di decidere impieghi di pubblico denaro e gli imprenditori che debbono le loro fortune all’acquisizione degli appalti dall’esecuzione di opere pubbliche. Mentre nel ’92 fu tolto il coperchio ad un sistema di meccanismi che serviva a foraggiare le ingenti spese sostenute dai partiti, oggi la corruzione è solo funzionale all’arricchimento personale di quanti ne mettono in pratica il sistema.
D’altra parte, in un Paese nel quale le maglie dei controlli sono assai larghe e la trasparenza è un concetto flebile se non del tutto sconosciuto, era quasi inevitabile che certe cose potessero accadere. Basti pensare che lo stesso capo del governo, coinvolto in decine di processi e inchieste giudiziarie, ma ancora in sella grazie alle leggi ad personam che si è ritagliato con la complicità di un Parlamento subalterno e addomesticato, non è certo l’esempio da citare in tema di correttezza e trasparenza. Anzi, v’è il dubbio che l’appoggio ricevuto per dirimere le imbarazzanti questioni personali abbia psicologicamente costretto a lasciare un eccessivo grado di libertà a qualche malintenzionato nel gestire i fondi messi a disposizione al suo ministero dal pubblico bilancio, con ingiustificabile disinvoltura.
La vessata questio della Protezione Civile, con il tentativo di spacciare importanti opere pubbliche per emergenza, con relativa libertà di spendere e spandere, è la chiara spia di un sistema gravemente malato, nel quale anche la costruzione di una caserma per i carabinieri, - soggetta normalmente alle procedure di aggiudicazione contemplate dalle norme europee, - viene stralciata e inserita nel fascio delle iniziative qualificate d’emergenza e, dunque, svincolata dal rispetto delle normali procedure. Il colpo a sorpresa finale, avrebbe dovuto essere la trasformazione in SpA della Protezione Civile, probabilmente per conseguire il duplice risultato di consacrare il potere discrezionale assoluto, che compete al privato nell’esecuzione di un’opera, e di separare la natura delle responsabilità connesse con la trasparenza imposta al settore pubblico da quelle previste in capo a qualunque amministratore di privata società. E ciò nel malaugurato evento che dalla gestione di quel danaro potessero emergere distrazioni di qualunque natura.
Così il Paese si ritrova con un ministro (ex, bontà sua!) sul quale sono in corso accertamenti per l’acquisto di un prestigioso appartamento a prezzi da liquidazione, per la cui compravendita un signore con le mani in pasta in decine di appalti pubblici sospetti, paga di tasca propria (?) un contributo pari ad una volta e mezza ciò che il ministro dice di aver scucito di tasca sua, con assegni di valore tale da dover sfuggire ad ogni tracciatura e sembra consegnati ai venditori dallo stesso ministro interessato. Ovviamente il ministro, richiesto di fornire spiegazioni, non solo dichiara di non saperne niente, ma s’indigna e preannuncia querele a danno di chi mette in dubbio la sua onorabilità.
V’è poi un altro ministro, che non ha potuto fare a meno di servirsi dell’impareggiabile scienza di un signore già coinvolto e condannato per reati di corruzione nella vecchia tangentopoli. Il delinquente conclamato ha delega fiduciaria nella gestione dei soldi del ministero delle Infrastrutture e si occupa, come aveva fatto già con un altro ministro dello stesso ministero, di alta velocità, sebbene questa volta con un incarico formale ed organico. Questo signore cosa fa nei confronti del generoso ministro, ignaro sui suoi trascorsi? Ritorna al vecchio vizietto e sembra porti a casa una mazzetta da 520 milioni, sulla quale indaga la magistratura.
Magistratura, - ovviamente prezzolata dalla sinistra, come al colmo del ridicolo sostiene ineffabile il capo del governo, - che indaga anche su un signore sottosegretario in odore di camorra (ha solo qualche parente affiliato ad una delle cosche campane più sanguinarie e pare sia stato eletto con il loro appoggio), che ancora qualche settima fa reclamava a gran voce il diritto di candidarsi a presidente della Regione Campania.
C’è poi un ministro pugliese indagato e rinviato a giudizio per gravissimi reati contro la fede pubblica, ma che imperterrito continua la sua opera pastorale in seno al governo. Senza tralasciare uno dei coordinatori nazionali del partito di maggioranza, accusato di essere in affari, ovviamene sporchi, con un noto pregiudicato già coinvolto nelle vicende giudiziarie dalla Rizzoli alcuni anni or sono e nell’omicidio di un noto banchiere, che non era certo uno stinco di santo, oltre che con un senatore della sua coalizione già condannato per mafia e in attesa del verdetto d’appello e che qualche settimana fa ebbe a dichiarare serafico: «Rimango in Parlamento per non andare in gattabuia. E’ l’unico sistema che m’è rimasto per difendermi».
E che dire del capo della Protezione Civile? Il sant’uomo è sospettato di nefandezze multiple, che vanno dalla sospetta corruzione allo squallido nepotismo, dato che ha infilato parenti, amici e amici degli amici in posti profumatamente compensati, sebbene giuri di non saperne niente. E c’è da credergli, impegnato com’era a farsi teneramente massaggiare in un centro sportivo nel quale gli veniva curato un pernicioso mal di schiena. Certo, che il centro fosse stato realizzato con i soldi messi a disposizione dal suo quasi-ministero e tra decine di violazioni di leggi urbanistiche, di tutela del paesaggio e quant’altro, resta cosa accessoria e insignificante. D’altra parte, sicuramente non sapeva anche in questo caso.
Tuttavia, in omaggio alle regole clientelari, collocare un valente barbiere, per quanto con laurea in ingegneria, alla direzione lavori del restauro degli Uffizi, sol perché fratello di un noto sottosegretario alla presidenza del consiglio, è apparso un affronto senza precedenti e pertanto imperdonabile. Rimane comunque un dubbio. Non è che con quella nomina si volesse mettere a disposizione della cosiddetta Cricca un signore in grado di pettinare loro il vistoso pelo che hanno dimostrato d’avere sullo stomaco? Perché in questo caso la scelta non solo avrebbe senso, ma sarebbe persino meritevole di giusto apprezzamento.
Comunque e per rispondere a certi inarrendevoli bigotti, cosa può pretendersi da un sistema pronto a premiere escort, stallieri, camerieri, massaggiatrici ed estetiste ed altra variegata fauna in virtù non della loro competenza politica, quanto in ragione dei discutibili e bassi (nel senso letterale in qualche caso) favori resi?
Né appaiono giustificati la stizza e il livore di coloro che in nome dei sacrifici imposti da questa politica accorta e fondata sull’austerità hanno perso il lavoro, hanno dovuto posticipare il pensionamento, hanno perso la casa per l’insostenibilità delle rate di mutuo e così via. Costoro debbono piangere esclusivamente le loro miserie, visto che non sono stati in grado di trovare un benefattore (e il mondo ne è pieno!) che regalasse loro un appartamento; di conservarsi il posto lavoro magari mettendo un obolo pro-propietari nella cassetta delle offerte accanto all’obliteratrice dei cartellini presenza; di imparare per tempo ad addestrare cavalli; di strizzare l’occhio lascivo a qualche anziano e bavoso uomo di potere (vale per uomini e donne, dati i tempi che corrono). E se grazie alla santa riforma dell’età pensionabile non hanno potuto andare in pensione, sappiano che le colpe sono da imputare ai loro genitori che provvidero a concepirli per tempo: i soldi che l’INPS risparmia sono dello stato e servono per opere più meritorie, come mazzette e affini. E’ un giro virtuoso, con il quale in fondo si creano posti di lavoro per carpentieri, muratori, autosaloni, produttori di telefonini, croceristi e così via, dato che chi incassa le mazzette poi in qualche nodo spende
E infine (si fa per dire, dato che la lista sarebbe assai più lunga), il caso Sicilia, serbatoio di consensi dell’attuale coalizione e, comunque, di una destra conservatrice e traffichina.
Oggi si apprende che il già inquisito per mafia presidente della Regione rischia misura restrittive della libertà, poiché secondo i magistrati inquirenti (di certo di sinistra, come di prassi) starebbe fattivamente lavorando per inquinare le prove a suo carico. C’è da augurarsi che prima che tali misure scattino il nostro ci faccia sapere se predilige cannoli, come colui che l’ha preceduto e finito allo stesso modo, o qualche atra leccornia, - almeno ci si potrà attrezzare per tempo. Certo, se l’eventualità per caso dovesse investire un noto sottosegretario alla presidenza del consiglio, con fratello barbiere-ingegnere, di dubbi magari ce ne sarebbero di meno.
(nella foto, Diego Anemone, principale indagato delle inchieste di corruzione politica in corso)
Da più parti si grida ormai ad una nuova tangentopoli, con tanto di corrotti e corruttori alacremente intenti ad incassare mazzette in cambio di appalti milionari.
Ma questa volta, - premettendo che con ogni probabilità il sistema della corruzione non è mai stato debellato nel nostro Paese, endemico come la malaria in certe zone d’Africa - l’unico punto di sovrapposizione tra la tangentopoli del ’92 e l’attuale è solo l’esistenza di un malaffare che coinvolge gli stessi attori, i politici che occupano posti di governo in grado di decidere impieghi di pubblico denaro e gli imprenditori che debbono le loro fortune all’acquisizione degli appalti dall’esecuzione di opere pubbliche. Mentre nel ’92 fu tolto il coperchio ad un sistema di meccanismi che serviva a foraggiare le ingenti spese sostenute dai partiti, oggi la corruzione è solo funzionale all’arricchimento personale di quanti ne mettono in pratica il sistema.
D’altra parte, in un Paese nel quale le maglie dei controlli sono assai larghe e la trasparenza è un concetto flebile se non del tutto sconosciuto, era quasi inevitabile che certe cose potessero accadere. Basti pensare che lo stesso capo del governo, coinvolto in decine di processi e inchieste giudiziarie, ma ancora in sella grazie alle leggi ad personam che si è ritagliato con la complicità di un Parlamento subalterno e addomesticato, non è certo l’esempio da citare in tema di correttezza e trasparenza. Anzi, v’è il dubbio che l’appoggio ricevuto per dirimere le imbarazzanti questioni personali abbia psicologicamente costretto a lasciare un eccessivo grado di libertà a qualche malintenzionato nel gestire i fondi messi a disposizione al suo ministero dal pubblico bilancio, con ingiustificabile disinvoltura.
La vessata questio della Protezione Civile, con il tentativo di spacciare importanti opere pubbliche per emergenza, con relativa libertà di spendere e spandere, è la chiara spia di un sistema gravemente malato, nel quale anche la costruzione di una caserma per i carabinieri, - soggetta normalmente alle procedure di aggiudicazione contemplate dalle norme europee, - viene stralciata e inserita nel fascio delle iniziative qualificate d’emergenza e, dunque, svincolata dal rispetto delle normali procedure. Il colpo a sorpresa finale, avrebbe dovuto essere la trasformazione in SpA della Protezione Civile, probabilmente per conseguire il duplice risultato di consacrare il potere discrezionale assoluto, che compete al privato nell’esecuzione di un’opera, e di separare la natura delle responsabilità connesse con la trasparenza imposta al settore pubblico da quelle previste in capo a qualunque amministratore di privata società. E ciò nel malaugurato evento che dalla gestione di quel danaro potessero emergere distrazioni di qualunque natura.
Così il Paese si ritrova con un ministro (ex, bontà sua!) sul quale sono in corso accertamenti per l’acquisto di un prestigioso appartamento a prezzi da liquidazione, per la cui compravendita un signore con le mani in pasta in decine di appalti pubblici sospetti, paga di tasca propria (?) un contributo pari ad una volta e mezza ciò che il ministro dice di aver scucito di tasca sua, con assegni di valore tale da dover sfuggire ad ogni tracciatura e sembra consegnati ai venditori dallo stesso ministro interessato. Ovviamente il ministro, richiesto di fornire spiegazioni, non solo dichiara di non saperne niente, ma s’indigna e preannuncia querele a danno di chi mette in dubbio la sua onorabilità.
V’è poi un altro ministro, che non ha potuto fare a meno di servirsi dell’impareggiabile scienza di un signore già coinvolto e condannato per reati di corruzione nella vecchia tangentopoli. Il delinquente conclamato ha delega fiduciaria nella gestione dei soldi del ministero delle Infrastrutture e si occupa, come aveva fatto già con un altro ministro dello stesso ministero, di alta velocità, sebbene questa volta con un incarico formale ed organico. Questo signore cosa fa nei confronti del generoso ministro, ignaro sui suoi trascorsi? Ritorna al vecchio vizietto e sembra porti a casa una mazzetta da 520 milioni, sulla quale indaga la magistratura.
Magistratura, - ovviamente prezzolata dalla sinistra, come al colmo del ridicolo sostiene ineffabile il capo del governo, - che indaga anche su un signore sottosegretario in odore di camorra (ha solo qualche parente affiliato ad una delle cosche campane più sanguinarie e pare sia stato eletto con il loro appoggio), che ancora qualche settima fa reclamava a gran voce il diritto di candidarsi a presidente della Regione Campania.
C’è poi un ministro pugliese indagato e rinviato a giudizio per gravissimi reati contro la fede pubblica, ma che imperterrito continua la sua opera pastorale in seno al governo. Senza tralasciare uno dei coordinatori nazionali del partito di maggioranza, accusato di essere in affari, ovviamene sporchi, con un noto pregiudicato già coinvolto nelle vicende giudiziarie dalla Rizzoli alcuni anni or sono e nell’omicidio di un noto banchiere, che non era certo uno stinco di santo, oltre che con un senatore della sua coalizione già condannato per mafia e in attesa del verdetto d’appello e che qualche settimana fa ebbe a dichiarare serafico: «Rimango in Parlamento per non andare in gattabuia. E’ l’unico sistema che m’è rimasto per difendermi».
E che dire del capo della Protezione Civile? Il sant’uomo è sospettato di nefandezze multiple, che vanno dalla sospetta corruzione allo squallido nepotismo, dato che ha infilato parenti, amici e amici degli amici in posti profumatamente compensati, sebbene giuri di non saperne niente. E c’è da credergli, impegnato com’era a farsi teneramente massaggiare in un centro sportivo nel quale gli veniva curato un pernicioso mal di schiena. Certo, che il centro fosse stato realizzato con i soldi messi a disposizione dal suo quasi-ministero e tra decine di violazioni di leggi urbanistiche, di tutela del paesaggio e quant’altro, resta cosa accessoria e insignificante. D’altra parte, sicuramente non sapeva anche in questo caso.
Tuttavia, in omaggio alle regole clientelari, collocare un valente barbiere, per quanto con laurea in ingegneria, alla direzione lavori del restauro degli Uffizi, sol perché fratello di un noto sottosegretario alla presidenza del consiglio, è apparso un affronto senza precedenti e pertanto imperdonabile. Rimane comunque un dubbio. Non è che con quella nomina si volesse mettere a disposizione della cosiddetta Cricca un signore in grado di pettinare loro il vistoso pelo che hanno dimostrato d’avere sullo stomaco? Perché in questo caso la scelta non solo avrebbe senso, ma sarebbe persino meritevole di giusto apprezzamento.
Comunque e per rispondere a certi inarrendevoli bigotti, cosa può pretendersi da un sistema pronto a premiere escort, stallieri, camerieri, massaggiatrici ed estetiste ed altra variegata fauna in virtù non della loro competenza politica, quanto in ragione dei discutibili e bassi (nel senso letterale in qualche caso) favori resi?
Né appaiono giustificati la stizza e il livore di coloro che in nome dei sacrifici imposti da questa politica accorta e fondata sull’austerità hanno perso il lavoro, hanno dovuto posticipare il pensionamento, hanno perso la casa per l’insostenibilità delle rate di mutuo e così via. Costoro debbono piangere esclusivamente le loro miserie, visto che non sono stati in grado di trovare un benefattore (e il mondo ne è pieno!) che regalasse loro un appartamento; di conservarsi il posto lavoro magari mettendo un obolo pro-propietari nella cassetta delle offerte accanto all’obliteratrice dei cartellini presenza; di imparare per tempo ad addestrare cavalli; di strizzare l’occhio lascivo a qualche anziano e bavoso uomo di potere (vale per uomini e donne, dati i tempi che corrono). E se grazie alla santa riforma dell’età pensionabile non hanno potuto andare in pensione, sappiano che le colpe sono da imputare ai loro genitori che provvidero a concepirli per tempo: i soldi che l’INPS risparmia sono dello stato e servono per opere più meritorie, come mazzette e affini. E’ un giro virtuoso, con il quale in fondo si creano posti di lavoro per carpentieri, muratori, autosaloni, produttori di telefonini, croceristi e così via, dato che chi incassa le mazzette poi in qualche nodo spende
E infine (si fa per dire, dato che la lista sarebbe assai più lunga), il caso Sicilia, serbatoio di consensi dell’attuale coalizione e, comunque, di una destra conservatrice e traffichina.
Oggi si apprende che il già inquisito per mafia presidente della Regione rischia misura restrittive della libertà, poiché secondo i magistrati inquirenti (di certo di sinistra, come di prassi) starebbe fattivamente lavorando per inquinare le prove a suo carico. C’è da augurarsi che prima che tali misure scattino il nostro ci faccia sapere se predilige cannoli, come colui che l’ha preceduto e finito allo stesso modo, o qualche atra leccornia, - almeno ci si potrà attrezzare per tempo. Certo, se l’eventualità per caso dovesse investire un noto sottosegretario alla presidenza del consiglio, con fratello barbiere-ingegnere, di dubbi magari ce ne sarebbero di meno.
(nella foto, Diego Anemone, principale indagato delle inchieste di corruzione politica in corso)
0 Commenti:
Posta un commento
Iscriviti a Commenti sul post [Atom]
<< Home page