Politica del fango o fango della politica?
Mercoledì, 5 maggio 2010
Se Claudio Scajola ha commesso reati, e dunque è colpevole, dovrà stabilirlo la magistratura, che indaga sull’acquisto di un prestigioso appartamento da parte del’ex ministro a Roma.
Ciò che è certo è che, politicamente, Scajola è colpevole senza appello, sebbene tardivamente e tra mille polemiche abbia deciso di lasciare l’incarico di governo “per potersi meglio difendere” come ha dichiarato in un’intervista dopo le dimissioni e come, con incredibile faccia tosta, ha auspicato il premier Silvio Berlusconi, - che di analoghe ragioni per dimettersi ne ha da vendere, ma che rimane attaccato alla poltrona come l’edera, forse perché la sua difesa dai reati di cui è accusato sarebbe molto più ardua e le immunità/impunità che s’è costruito, abusando del potere che gestisce come capo del governo, sono una garanzia maggiore delle traballanti chiacchiere spendibili davanti ai magistrati.
In ogni caso il premier ha perso l’ennesima occasione per tacere sulla vicenda giudiziaria nella quale è coinvolto il suo ex ministro, piuttosto che rilasciare le solite melense e opportunistiche dichiarazioni, che a quanto pare vanno bene per gli altri e non per lui.
Ma ciò che sconcerta nell’intera vicenda, ennesima di uno scenario politico in clima da basso impero, è la protervia volgare con la quale i soliti giullari di corte attaccano le opposizioni, che, a gran voce, avevano puntato il dito su Scajola, evidenziandone l’incompatibilità morale con l’incarico di governo da lui espletato.
Così il picchiatore Sallusti, vice direttore del foglio della famiglia Berlusconi, osa persino paragonare il caso Scajola, - che, non dimentichiamo, avrebbe acquistato un appartamento non solo dichiarandone al fisco solo un quarto del valore effettivo, ma con denaro sospettato provenire da mazzette, - a quello di D’Alema, accusato anni fa di godere di un privilegio ingiustificato nell’occupare un appartamento concessogli in locazione ad equo canone e che prontamente lasciò sull’onda di una scandalizzata campagna di stampa.
E’ evidente che il picchiatore Sallusti, nell’improbabile tentativo di confondere il giudizio della pubblica opinione, abbia tentato di mettere in pratica il teorema che Moggi, ex direttore della Juventus ed indagato nella cosiddetta calciopoli, sta cercando di accreditare presso il tribunale di Napoli: tutti colpevoli, tutti innocenti. Disgraziatamente per Sallusti, il maldestro tentativo si infrange contro l’evidenza dei fatti: una cosa è pagare un canone irrisorio per un affitto, nel rispetto di quanto stabilito da una discutibile legge dello stato, - peraltro con soldi propri e non certo messi a disposizione attraverso infami bustarelle, - e un’altra cosa è acquisire la proprietà di una cosa con denaro d’illecita provenienza. Ma questa fragilità sillogica è, evidentemente, troppo ardita per il picchiatore Sallusti, secondo il quale vale il principio del tutto fa brodo in omaggio al vecchio slogan pubblicitario di un noto dado, che con la sua provocazione ha tentato di far passare D’Alema per bigotto moralista.
Ma ciò che va oltre lo sconcerto è la situazione nella quale si è oramai consolidata l’immagine del governo in carica, che passa giorno dopo giorno da uno scandalo all’altro sotto gli occhi indifferenti della pubblica opinione e, quel che più conta, di un elettorato mentecatto che continua ad esprimergli il proprio voto a favore.
A prescindere da un premier plurindagato, non s’è mai visto un governo nel quale v’è un capo della Protezione Civile, con il rango assimilabile a quello di un ministro, coinvolto in storie di soldi, sesso e clientelismi vari. Un ministro beccato con il classico topo in bocca, travolto dallo scandalo e costretto a lasciare; dei ministri che, tra le altre dissacranti follie al senso dello stato, irridono all’unità del Paese e dichiarano che le celebrazioni per l’Unità d’Italia costituiscono uno sciocco rituale; un ministro che sistematicamente sberleffa i pubblici dipendenti, insulta i loro rappresentanti e minaccia stupidi quanto improbabili provvedimenti di moralizzazione, ma nei fatti non fa nulla; un ministro preposto alla gestione del patrimonio culturale del Paese che improvvisa provvedimenti omettendo di consultare chi quei provvedimenti dovrà subire; un ministro della Giustizia che, comportandosi come uno sceriffo da western di infima categoria, manda ispettori in gita inquisitoria ogni qualvolta si apra un qualche filone d’indagine sul suo mentore o sui sodali della coalizione che esprime; ministri al Turismo, alle Pari Opportunità ed altri ameni incarichi, che non s’è ancora capito cosa facciano, dato che se il loro dicastero fosse soppresso non se ne accorgerebbe alcuno.
E un carrozzone stupefacente che ha già fatto impallidire i fasti del Circo Barnum e rende sacrosanta la proposta di legge di vietare l’impiego di animali nell’attività circense, tanto ad attrarre e divertire il pubblico bastano i clown e le loro irresistibili gag.
E tutto ciò senza contare lo spettacolo indecoroso di lotte intestine all’interno della cosiddetta maggioranza, con le guerre tra Fini e lo stesso Berlusconi, supportato dai soliti Bondi, Capezzone, Cicchitto, Bonaiuti, adesso anche La Russa e Gasparri, e le sistematiche volgarità proferite alla volta degli oppositori e degli avversari, che rendono la politica, questa politica, una immensa discarica dall’odore soffocante.
Non è ancora chiaro se questo fango sia espressione del degrado della (ex) nobile arte della politica o siano gli interpreti di quella (ex) nobile arte che abbiano ormai definitivamente cooptato argomenti di fango per esercitarla. Rimane in ogni caso evidente come questo meschino modo di incedere abbia avvilito l’onore del Paese e lo abbia condotto su di un pendio scosceso e difficilmente reversibile, sebbene spes est ultima dea mori, come dicevano gli antichi Romani.
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