Pagare per i furti altrui
Lunedì, 17 maggio 2010
Il governo Prodi, che ha preceduto quello Berlusconi, è caduto a causa delle risse interne della sua maggioranza e perché, di fondo, nei suoi due anni di guida del Paese ha esercitato una politica di sacrifici pesantissimi a sostanziale danno delle classi più deboli, lavoratori e pensionati.
Questa politica di sacrifici, - di cui ormai si sente ininterrottamente parlare dai lontani anni ’70, al tempo dei governi DC, di centro-destra e centro-sinistra e socialisti poi, - hanno avuto sempre la propensione a raschiare il fondo del barile, colpendo lì dove era più facile drenare risorse, grazie alla certezza di redditi certificati e impossibilitati a sfuggire al prelievo fiscale. Modeste, se non addirittura misere, sono state le politiche di lotta all’evasione, concentrata tra liberi professionisti, artigiani, titolari di esercizi commerciali e grandi imprese, che costituiscono le metastasi di un sistema sociale ed economico gravemente malato e, comunque, espressione di quei potentati in grado di esprimere le proprie rappresentanze in parlamento, là dove avrebbero dovuto decidersi le misure di repressione contro l’evasione diffusa e massiccia.
Prodi e sodali, dunque, trovo un terreno dissodato quando, tradendo le attese di chi gli aveva concesso fiducia e speranza, sferrò un ulteriore colpo di maglio ai redditi delle classi già povere e dei ceti medi, spremendo salari, stipendi e pensioni, illudendosi che gli Italiani, - storicamente incapaci di alzare la testa, - avrebbero subito l’ennesimo scippo in nome di risanamento, equilibrio dei conti pubblici, promesse di sviluppo futuro e tante altri specchietti per le allodole che avrebbero dovuto motivare un ulteriore buco nella cintura.
Il colpo di grazia venne inferto con le pensioni. La vile legge Maroni, che imponeva un salto della quaglia improvviso di ben tre anni in una notte, considerata oltremodo ingiusta dalla stragrande maggioranza dei cittadini, avrebbe dovuto essere abolita da quel governo, così come da impegni con l’elettorato.
La storia è nota a tutta. Fu una farsa vomitevole, durata oltre diciotto mesi, tra mille distinguo persino di chi aveva giurato davanti agli elettori l’impegno a cancellare quel salto, che portò ad un demenziale sistema di scalini e quote, che, nei fatti, cambiavano ben poca cosa rispetto alla famigerata Maroni. Ancora una volta si ebbe la sensazione che la montagna avesse partorito il topolino.
Quantunque questa non sia stata la ragione della prematura scomparsa di Prodi e dei suoi sciagurati compagni d’avventura, pochi pensavano che le ripercussioni di quelle misure avrebbero prodotto uno stravolgimento epocale nello scenario della sinistra. Dimostrando per una volta un’inattesa capacità di reazione, gli Italiani punirono non solo Prodi, ma i Veltroni, D’Alema, Bertinotti, Pecoraro Scanio, Rizzo e via di seguito, alcuni usciti fortemente ridimensionati dal responso delle urne, altri cancellati definitivamente, probabilmente per sempre, dalla scena politica.
Certo, la trombatura di questi personaggi non produsse risultati migliorativi, - complice un’assurda legge elettorale che dà mano libera alle segreterie dei partiti nell’imporre i candidati, - e come accade nelle peggiori novelle d’appendice, gli elettori pur di fare il classico dispetto alla moglie traditrice, si buttarono nuovamente nelle braccia dei propri carnefici, riconoscendo maggioranze bulgare a Berlusconi e Lega, quella compagine che storicamente per estrazione ideologica ha sempre attuato politiche di palese protezionismo delle caste e degli strati più abbienti a danno di salariati e deboli in genere.
Ovviamente, la lezione non solo non è servita, ma la propensione a tirare la corda è divenuto uno sport praticato a man bassa da chi assume il potere, nella convinzione che il popolo sia senza spina dorsale e, nonostante qualche timido rimbrotto, sia disposto a subire ogni imposizione e violenza.
Così alla leadership di quattro scalcagnati traditori della fede pubblica, si è sostituita quella dei demagoghi, dei venditori di fumo e dell’ottimismo, che avrebbe dovuto ridurre tasse, creare milioni di posti di lavoro, risolvere i problemi dei giovani e dell’occupazione precaria, creare un nuovo sistema di welfare ammodernato con gli strumenti del federalismo fiscale.
Alla lunga, - e neanche troppo, - il vero volto di questa nuova casta di ciarlatani s’è disvelato drammaticamente, mettendo in luce le tante miserie ricorrenti nel nostro triste Paese, fatte di corruzione diffusa, arricchimento sfrenato a danno della collettività, impunità vergognosa per coloro che comandano, squallide vicende di ordinari intrighi con sesso, nepotismo e clientela, senza che sul fronte degli impegni declamati si sia vista iniziativa alcuna.
E com’era prevedibile anche in questo fango che travolge i nuovi profeti le conseguenze delle ruberie e dei privilegi dovranno essere pagati dai cittadini, mentre qualcuno degli esponenti di questo governo, incapace di percepire il ridicolo nel quale sguazza, simula sacro sdegno e stupore alla conta delle auto blu che infestano il Paese come luridi scarafaggi. Il conto sarà comunque a carico dei soliti noti, ai quali è stato fatto sapere per stretta via mediatica che si prepara una manovra per bloccare le pensioni, per limare i salari dei pubblici dipendenti e chissà quale altra diavoleria che consenta di far cassa per colmare i buchi prodotti dalle regalie di Bertolaso, dalle trame di Verdini, dagli omaggi immobiliari a Scajola e Pittorru, con annessa evasione fiscale, dai finanziamenti elargiti per garantire la carriera ad un guitto rampante di nome Balducci o ad un parrucchiere-ingegnere, il cui merito professionale risiede nella strettissima parentela con tale Miccichè, giusto per citare alcuni dei casi più recenti.
Cadrà anzitempo anche questo governo come accadde a quello precedente? Scatterà nei suoi confronti analoga reazione a quella riservata a Prodi ed al centro-sinistra? Difficile prevederlo al momento, anche se la coalizione attuale non naviga in acque tranquille. Noi comunque riteniamo che nessuno possa avere interesse a tirare troppo la corda: Craxi fu rispedito a casa tra sputi e lanci di monetine. Coi tempi che corrono c’è ragionevole convinzione per sospettare che al ripetersi di eventi simili ai danni di qualche eponimo di questo personaggio monetine da sprecare non ce ne saranno.
Il governo Prodi, che ha preceduto quello Berlusconi, è caduto a causa delle risse interne della sua maggioranza e perché, di fondo, nei suoi due anni di guida del Paese ha esercitato una politica di sacrifici pesantissimi a sostanziale danno delle classi più deboli, lavoratori e pensionati.
Questa politica di sacrifici, - di cui ormai si sente ininterrottamente parlare dai lontani anni ’70, al tempo dei governi DC, di centro-destra e centro-sinistra e socialisti poi, - hanno avuto sempre la propensione a raschiare il fondo del barile, colpendo lì dove era più facile drenare risorse, grazie alla certezza di redditi certificati e impossibilitati a sfuggire al prelievo fiscale. Modeste, se non addirittura misere, sono state le politiche di lotta all’evasione, concentrata tra liberi professionisti, artigiani, titolari di esercizi commerciali e grandi imprese, che costituiscono le metastasi di un sistema sociale ed economico gravemente malato e, comunque, espressione di quei potentati in grado di esprimere le proprie rappresentanze in parlamento, là dove avrebbero dovuto decidersi le misure di repressione contro l’evasione diffusa e massiccia.
Prodi e sodali, dunque, trovo un terreno dissodato quando, tradendo le attese di chi gli aveva concesso fiducia e speranza, sferrò un ulteriore colpo di maglio ai redditi delle classi già povere e dei ceti medi, spremendo salari, stipendi e pensioni, illudendosi che gli Italiani, - storicamente incapaci di alzare la testa, - avrebbero subito l’ennesimo scippo in nome di risanamento, equilibrio dei conti pubblici, promesse di sviluppo futuro e tante altri specchietti per le allodole che avrebbero dovuto motivare un ulteriore buco nella cintura.
Il colpo di grazia venne inferto con le pensioni. La vile legge Maroni, che imponeva un salto della quaglia improvviso di ben tre anni in una notte, considerata oltremodo ingiusta dalla stragrande maggioranza dei cittadini, avrebbe dovuto essere abolita da quel governo, così come da impegni con l’elettorato.
La storia è nota a tutta. Fu una farsa vomitevole, durata oltre diciotto mesi, tra mille distinguo persino di chi aveva giurato davanti agli elettori l’impegno a cancellare quel salto, che portò ad un demenziale sistema di scalini e quote, che, nei fatti, cambiavano ben poca cosa rispetto alla famigerata Maroni. Ancora una volta si ebbe la sensazione che la montagna avesse partorito il topolino.
Quantunque questa non sia stata la ragione della prematura scomparsa di Prodi e dei suoi sciagurati compagni d’avventura, pochi pensavano che le ripercussioni di quelle misure avrebbero prodotto uno stravolgimento epocale nello scenario della sinistra. Dimostrando per una volta un’inattesa capacità di reazione, gli Italiani punirono non solo Prodi, ma i Veltroni, D’Alema, Bertinotti, Pecoraro Scanio, Rizzo e via di seguito, alcuni usciti fortemente ridimensionati dal responso delle urne, altri cancellati definitivamente, probabilmente per sempre, dalla scena politica.
Certo, la trombatura di questi personaggi non produsse risultati migliorativi, - complice un’assurda legge elettorale che dà mano libera alle segreterie dei partiti nell’imporre i candidati, - e come accade nelle peggiori novelle d’appendice, gli elettori pur di fare il classico dispetto alla moglie traditrice, si buttarono nuovamente nelle braccia dei propri carnefici, riconoscendo maggioranze bulgare a Berlusconi e Lega, quella compagine che storicamente per estrazione ideologica ha sempre attuato politiche di palese protezionismo delle caste e degli strati più abbienti a danno di salariati e deboli in genere.
Ovviamente, la lezione non solo non è servita, ma la propensione a tirare la corda è divenuto uno sport praticato a man bassa da chi assume il potere, nella convinzione che il popolo sia senza spina dorsale e, nonostante qualche timido rimbrotto, sia disposto a subire ogni imposizione e violenza.
Così alla leadership di quattro scalcagnati traditori della fede pubblica, si è sostituita quella dei demagoghi, dei venditori di fumo e dell’ottimismo, che avrebbe dovuto ridurre tasse, creare milioni di posti di lavoro, risolvere i problemi dei giovani e dell’occupazione precaria, creare un nuovo sistema di welfare ammodernato con gli strumenti del federalismo fiscale.
Alla lunga, - e neanche troppo, - il vero volto di questa nuova casta di ciarlatani s’è disvelato drammaticamente, mettendo in luce le tante miserie ricorrenti nel nostro triste Paese, fatte di corruzione diffusa, arricchimento sfrenato a danno della collettività, impunità vergognosa per coloro che comandano, squallide vicende di ordinari intrighi con sesso, nepotismo e clientela, senza che sul fronte degli impegni declamati si sia vista iniziativa alcuna.
E com’era prevedibile anche in questo fango che travolge i nuovi profeti le conseguenze delle ruberie e dei privilegi dovranno essere pagati dai cittadini, mentre qualcuno degli esponenti di questo governo, incapace di percepire il ridicolo nel quale sguazza, simula sacro sdegno e stupore alla conta delle auto blu che infestano il Paese come luridi scarafaggi. Il conto sarà comunque a carico dei soliti noti, ai quali è stato fatto sapere per stretta via mediatica che si prepara una manovra per bloccare le pensioni, per limare i salari dei pubblici dipendenti e chissà quale altra diavoleria che consenta di far cassa per colmare i buchi prodotti dalle regalie di Bertolaso, dalle trame di Verdini, dagli omaggi immobiliari a Scajola e Pittorru, con annessa evasione fiscale, dai finanziamenti elargiti per garantire la carriera ad un guitto rampante di nome Balducci o ad un parrucchiere-ingegnere, il cui merito professionale risiede nella strettissima parentela con tale Miccichè, giusto per citare alcuni dei casi più recenti.
Cadrà anzitempo anche questo governo come accadde a quello precedente? Scatterà nei suoi confronti analoga reazione a quella riservata a Prodi ed al centro-sinistra? Difficile prevederlo al momento, anche se la coalizione attuale non naviga in acque tranquille. Noi comunque riteniamo che nessuno possa avere interesse a tirare troppo la corda: Craxi fu rispedito a casa tra sputi e lanci di monetine. Coi tempi che corrono c’è ragionevole convinzione per sospettare che al ripetersi di eventi simili ai danni di qualche eponimo di questo personaggio monetine da sprecare non ce ne saranno.
(nella foto, Denis verdini, coordinatore del PdL, indagato per corruzione)
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