Quando la propaganda distrugge la convivenza
Venerdì, 19 novembre 2010
La vita è un film, hanno scritto in vario modo parecchi autori. Ma chi s’illudesse che ciascuno sia in grado di potersi scegliere una parte sarebbe in grosso errore, poiché i ruoli non sono consapevolmente selezionati, ma dipendono dagli eventi in cui si è coinvolti e dalle caratteristiche individuali che sollecitano una risposta agli stimoli esterni. A questo va sommata la volontà del potere dominante di condizionare in larga misura il contesto di vita, lo scenario sociale di riferimento, nel quale riversa messaggi e valori ritenuti veri e condivisibili e interpretati come modelli attendibili di riferimento.
Questo presupposto, che probabilmente richiederebbe un più lungo e articolato approfondimento, è ciò che costituisce l’essenza dell’ideologia della politica: la dichiarazione più o meno palese di un modello di socialità nel quale le caratteristiche individuali consentono di riconoscersi, con tutto ciò che da questo deriva.
Per rendersi maggiormente conto dell’importanza di questi assunti basterà osservare le contrapposizioni ideologiche alla base delle ideologie dominanti la fine del novecento e l’inizio del secolo in corso. Da una parte una visione del sociale fatto di cooperativismo, di sostanziale equilibrio nella distribuzione della ricchezza tra categorie, stabilità dell’occupazione e conseguente sicurezza nelle programmazione del futuro personale, equità della legge e certezza del diritto, sicurezza personale, eguaglianza delle opportunità e di accesso a servizi qualitativamente adeguati, giustizia fiscale ed amministrativa, riconoscimento del merito come elemento di emersione sociale, onestà e dedizione dell’esercizio della politica.
Questi sintetici presupposti sono il fondamento di una visione sociale improntata al cosiddetto liberismo progressista, nel quale ciascuno è in grado di interpretare un ruolo di promozione e affermazione di se stesso nell’ambito di regole di convivenza definite e tutelate da un sistema politico forte e credibile.
A questo sistema si contrappone l’ideologia che nell’ultimo decennio sembra essere attecchita con particolare vigore: quella della destrutturazione dei valori di convivenza e di un falso liberismo fatto di fatui modelli estetici sostanzialmente privi di contenuto etico. Quest’ideologia è quella improntata al Grande Fratello, alla Fattoria, all’Isola dei Famosi, nella quale i valori dominanti sono l’individualismo, la spaccature delle regole, la supremazia di un certo apparire sull’essere, la condanna al ghetto di quanti non riassumano i parametri estetici della propaganda, la precarietà spacciata per flessibilità, la supremazia della corporalità sul contenuto culturale, l’evanescenza sul merito.
Questo new deal, costantemente pubblicizzato dalla televisione commerciale e promosso a modello di sistema sociale con l’avvento del berlusconismo, se da un lato ha positivamente consentito di scrollarsi di dosso i retaggi di una cultura clericale contrasegnata ad un eccessivo bigottismo dei costumi, ha nello stesso tempo determinato disastri difficilmente recuperabili sul piano dell’etica, poiché ha finito per inculcare la convinzione che il futuro appartenga ad un mondo immaginario fatto di un benessere inesistente e, comunque, fortemente disuguale, dove è premiante la capacità di arrampicarsi con ogni mezzo, lecito e illecito, possibilmente forti d'una spintarella, dove la spregiudicatezza, l’annientamento delle regole è di per se stesso regola.
In questo modello, la giustizia, il godimento di servizi come scuola, sanità, trasporto, sono sostanzialmente di censo, cioè fruibili solo da coloro che, in modo non sempre trasparente, hanno acquisito una capacità di accedervi, con l’ovvia esclusione della maggioranza dei cittadini, trasformata in massa amorfa e con diritti minimali. L’affarismo, il nepotismo, la clientela, il mercimonio di se stessi sono i valori nuovi, i presupposti sui quali si fonda un modello definito liberale, ma che lascia nei fatti solo la libertà di scegliere il ghetto più congeniale nel quale collocarsi.
E così schiere di ballerine, escort, trafficanti della peggiore specie, delinquenti reiterati e conclamati, capaci di emergere dalla mefitica palude nella quale avevano vissuto grazie al sistema delle connivenze, le dubbie fortune accumulata o la disponibilità a concedersi materialmente al potere, sono assurti a leader di questa nuova maschera di modello sociale, determinando in concreto una rivoluzione dei costumi e del pensare che ha frantumato ogni parvenza residua di coesione.
Lo stesso linguaggio della politica s’è trasformato, divenendo da diplomatico ed elitario, si più accessibile e immediato, ma grossolano e truce, sino a rasentare i confini della volgarità.
Difficile, al di là di ogni considerazione di parte, valutare se questo modello possa ritenersi comunque portatore di un futuro. Certo è che il trauma che ha inferto e sta infliggendo al tessuto connettivo è tale da non consentirne lo sdoganamento, essendo le lacerazioni prodotte talmente profonde da non lasciare prevedere nel breve periodo una loro rapida rimarginazione.
Questo presupposto, che probabilmente richiederebbe un più lungo e articolato approfondimento, è ciò che costituisce l’essenza dell’ideologia della politica: la dichiarazione più o meno palese di un modello di socialità nel quale le caratteristiche individuali consentono di riconoscersi, con tutto ciò che da questo deriva.
Per rendersi maggiormente conto dell’importanza di questi assunti basterà osservare le contrapposizioni ideologiche alla base delle ideologie dominanti la fine del novecento e l’inizio del secolo in corso. Da una parte una visione del sociale fatto di cooperativismo, di sostanziale equilibrio nella distribuzione della ricchezza tra categorie, stabilità dell’occupazione e conseguente sicurezza nelle programmazione del futuro personale, equità della legge e certezza del diritto, sicurezza personale, eguaglianza delle opportunità e di accesso a servizi qualitativamente adeguati, giustizia fiscale ed amministrativa, riconoscimento del merito come elemento di emersione sociale, onestà e dedizione dell’esercizio della politica.
Questi sintetici presupposti sono il fondamento di una visione sociale improntata al cosiddetto liberismo progressista, nel quale ciascuno è in grado di interpretare un ruolo di promozione e affermazione di se stesso nell’ambito di regole di convivenza definite e tutelate da un sistema politico forte e credibile.
A questo sistema si contrappone l’ideologia che nell’ultimo decennio sembra essere attecchita con particolare vigore: quella della destrutturazione dei valori di convivenza e di un falso liberismo fatto di fatui modelli estetici sostanzialmente privi di contenuto etico. Quest’ideologia è quella improntata al Grande Fratello, alla Fattoria, all’Isola dei Famosi, nella quale i valori dominanti sono l’individualismo, la spaccature delle regole, la supremazia di un certo apparire sull’essere, la condanna al ghetto di quanti non riassumano i parametri estetici della propaganda, la precarietà spacciata per flessibilità, la supremazia della corporalità sul contenuto culturale, l’evanescenza sul merito.
Questo new deal, costantemente pubblicizzato dalla televisione commerciale e promosso a modello di sistema sociale con l’avvento del berlusconismo, se da un lato ha positivamente consentito di scrollarsi di dosso i retaggi di una cultura clericale contrasegnata ad un eccessivo bigottismo dei costumi, ha nello stesso tempo determinato disastri difficilmente recuperabili sul piano dell’etica, poiché ha finito per inculcare la convinzione che il futuro appartenga ad un mondo immaginario fatto di un benessere inesistente e, comunque, fortemente disuguale, dove è premiante la capacità di arrampicarsi con ogni mezzo, lecito e illecito, possibilmente forti d'una spintarella, dove la spregiudicatezza, l’annientamento delle regole è di per se stesso regola.
In questo modello, la giustizia, il godimento di servizi come scuola, sanità, trasporto, sono sostanzialmente di censo, cioè fruibili solo da coloro che, in modo non sempre trasparente, hanno acquisito una capacità di accedervi, con l’ovvia esclusione della maggioranza dei cittadini, trasformata in massa amorfa e con diritti minimali. L’affarismo, il nepotismo, la clientela, il mercimonio di se stessi sono i valori nuovi, i presupposti sui quali si fonda un modello definito liberale, ma che lascia nei fatti solo la libertà di scegliere il ghetto più congeniale nel quale collocarsi.
E così schiere di ballerine, escort, trafficanti della peggiore specie, delinquenti reiterati e conclamati, capaci di emergere dalla mefitica palude nella quale avevano vissuto grazie al sistema delle connivenze, le dubbie fortune accumulata o la disponibilità a concedersi materialmente al potere, sono assurti a leader di questa nuova maschera di modello sociale, determinando in concreto una rivoluzione dei costumi e del pensare che ha frantumato ogni parvenza residua di coesione.
Lo stesso linguaggio della politica s’è trasformato, divenendo da diplomatico ed elitario, si più accessibile e immediato, ma grossolano e truce, sino a rasentare i confini della volgarità.
Difficile, al di là di ogni considerazione di parte, valutare se questo modello possa ritenersi comunque portatore di un futuro. Certo è che il trauma che ha inferto e sta infliggendo al tessuto connettivo è tale da non consentirne lo sdoganamento, essendo le lacerazioni prodotte talmente profonde da non lasciare prevedere nel breve periodo una loro rapida rimarginazione.
0 Commenti:
Posta un commento
Iscriviti a Commenti sul post [Atom]
<< Home page