mercoledì, maggio 04, 2011

Il fratellino di Sallusti

Mercoledì, 4 maggio 2011
C’è ancora chi è convinto in questi scorci di mini campagna elettorale per le amministrative che il vittimismo, vero cavallo di battaglia delle truppe pidielline, paghi e sia in grado di ribaltare il sentimento di rifiuto da che tempo serpeggia tra gli elettori di Berlusconi e della sua coalizione.
La tecnica è sempre quella: ribaltare l’evidenza ed attribuire agli avversari una volontà persecutoria, fatta di denigrazione e d’insulti che nulla ha di politico, ma che tende a screditare i vertici del PdL, con l’evidente obiettivo di battere il governo in carica con il vituperio e non con argomentazioni politiche in grado di rappresentarsi come un’alternativa.
Alle demenziali argomentazioni di Alessandro Sallusti e del suo il Giornale, - vero alfiere di una disinformazione sistematica quotidiana, - si associa questa settimana Giorgio Mulè, direttore di Panorama, settimanale Mondadori controllato dalla famiglia del premier e da tempo portavoce di una linea editoriale tesa a fiancheggiare l’azione della maggioranza di governo.
«In campagna elettorale è normale che i toni si alzino, che parole ed espressioni a effetto a volte prendano il sopravvento su ragionamenti altrimenti troppo arzigogolati e difficili quindi da trasmettere ai cittadini che spesso speso si rivelano più attenti agli slogan che ad approfondite analisi», scrive Giorgio Mulè sul numero 18 del settimanale. Ed usa queste argomentazioni non per esordire in un’autocritica sullo stile che da sempre contraddistingue le sortite del suo padrone Berlusconi, quanto per introdurre una serie di considerazioni sorprendenti sul modo con il quale gli avversari politici del Cavaliere, a suo giudizio, avrebbero impostato il metodo di confronto con l’asse Lega-PdL. Infatti, secondo Mulè, «Nel centrodestra questo atteggiamento è da addebitare soprattutto a un sentimento di frustrazione, a un continuo stillicidio di aggressione proveniente dal centrosinistra e soprattutto dai giornalisti militanti…… Nel marcare la differenza da quel fronte, Silvio Berlusconi ha spesso rivendicato alla propria parte politica il modo, certamente più tollerante e rispettoso, di considerare gli avversari. Tanto è vero che nessun “agguato” è stato mai organizzato durante i comizi della parte avversa, nessuna ingiuria (tranne che anche la definizione di comunisti non si debba annoverare tra queste) è stata mai lanciata all’indirizzo di chi si contrappone, nessuna offesa gratuita e men che mai si è fatto ricorso al dileggio personale».
Basterebbero già queste considerazioni per sollecitare il lettore di Panorama a chiudere il settimanale e ad archiviarlo lì dove si merita, nel cestino della carta straccia, poiché non è assolutamente ammissibile che, almeno per onestà intellettuale, si possa stravolgere la verità sino al punto da scrivere palesi menzogne. Né si può ammettere che siano sfuggiti al valente direttore Mulè le offese gratuite e sanguigne sputate addosso senza alcun ritegno da Silvio Berlusconi e dai suoi Bravi alla volta di Di Pietro, Bindi, magistrati vari e dissidenti, non ultimo quel Gianfranco Fini che ha osato attraversargli la strada. Salvo che dare sostanzialmente della racchia a Rosi Bindi, dell’analfabeta a Di Pietro o tacciare di perversione congenita gli omosessuali, per il signor Mulè non siano che affettuose espressioni di bonaria presa in giro e non piuttosto ignobili apostrofazioni di disprezzo. Sarebbe poi il caso di sentire Boffo, l’ex direttore di Avvenire, a proposito degli "innocenti" dossier costruiti dagli amici del perseguitato di Arcore per demolirne la credibilità e costringerlo alle dimissioni da un pulpito divento ormai scomodo per il senza macchia Silvio Berlusconi.
Rimane poi, ultima in ordine di tempo, la scandalosa campagna milanese contro i magistrati, a forza di infami tazebao che hanno assimilato la magistratura alle BR, - di cui, invece, per tanto tempo è rimasta vittima, pagando tributi di sangue non indifferenti.
«La formula più ricorrente è l’etichetta di servi o schiavi, di cani prezzolati per difendere il padrone, di vermi viscidi che strisciano ai piedi del capo….. E’ un metodo nazista, che insiste pervicacemente nella negazione della identità di una persona al solo scopo di annullarla. Questo martellamento indegno è oramai una prassi quotidiana sui giornali, nelle trasmissioni televisive, in Parlamento», si lamenta Mulè. E su questo forse è possibile riconoscergli un minimo di ragione, visto che se servi o schiavi sono qualifiche incontestabili per i gregari del gran capo, paragonare questa corte dei miracoli di venditori ambulanti di menzogne a soggetti faunistici, che una loro indiscussa utilità possiedono, è probabile significhi togliere valore a qualche elemento cui il buon Dio un compito utile comunque ha assegnato nell’equilibrio dei fattori naturali.
Il signor Mulè, che per difendere il suo dispensatore di croccantini usa argomenti più edulcorati del suo collega Sallusti, ma non per questo meno menzogneri e pericolosi, per rendere il lamento più credibile forse non avrebbe dovuto omettere di tenere nella giusta considerazione che Noemi Letizia, D’Addario, Ruby, Minetti e le tante galline del pollaio bunga bunga, nonché gli innumerevoli processi nei quali è coinvolto il suo idolo o i numerosissimi tentativi di stravolgere leggi ordinarie e costituzione pur di farla franca, non sono il frutto del malanimo degli avversari o di una magistratura con il vezzo della persecuzione, che s’inventa reati e prove di reato, ma sono il fardello criminale che si trascina dietro Silvio Berlusconi per fatti commessi anche prima di esordire in politica e che, anzi, rappresentano probabilmente la ragione vera per la quale s’è deciso d’investire in politica. Ecco, prima di prender penna ed ammannire un sermone ai gonzi, avrebbe dovuto avere il buon gusto di collocare le vicende che riguardano quelle persone nella giusta dimensione, magari dando qualche spiegazione di comodo, in qualche maniera credibile, che sgombrasse l'armadio dagli scheletri.
Senza dimenticare in ogni caso che quelli che gli si rammentano sono fatti dei quali il signor Mulè, se solo avesse la ventura di vedervisi coinvolto, sarebbe chiamato a rispondere senza “se” e senza “ma”, in quanto comune cittadino soggetto ai rigori della legge. Sostenere che i reati di cui Berlusconi è accusato siano solo invenzioni giuridiche volte a disarcionarlo e del tutto falso e chi gli regge il bordone in questa tragica e fantasiosa tesi è solo uno squallido complice, che non merita alcuna commiserazione per il dileggio cui è sottoposto dagli avversari a causa della sua palese malafede. Analoghe considerazioni valgono per chi fa prediche omettendo di commentare gli antefatti.
E in quanto a sentirsi «infinitamente superiori» grazie al «luccichio di libertà» cui ci si sente ispirati, - francamente ci pare più un abbaglio, - in contrapposizione al «tintinnio delle manette» che ispirerebbe i detrattori del suo capo, come il signor Mulè rammenta alla fine del suo melenso editoriale, concorrono i fatti e la loro certificazione storica, non le dichiarazioni emotive di chi comunque grufola nella greppia di villa S. Martino e, dunque, è di sospetta credibilità. Gli elettori non sono poi così idioti da farsi plagiare da lamentose argomentazioni di parte recitate da un fratellino di Sallusti.

(nella foto, Giorgio Mulè, direttore di Panorama)

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