lunedì, marzo 14, 2011

Le minchiate di Radio Londra

Lunedì, 14 marzo 2011
Sono anni che un Silvio Berlusconi che ha superato ogni limite di tollerabilità e di pazienza insulta, denigra e vilipende le istituzioni e la magistratura in particolare, in questo fiancheggiato da una schiera nutritissima di sicari, opportunisti e altra melma umana, che più o meno consapevolmente è pronta a reggergli bordone per ogni contumelia che proferisce.
Sebbene sia chiaro a tutti che questo attacco frontale ha l’unico scopo di delegittimare la magistratura e le istituzioni che ne difendono ruolo e prerogative al solo fine di poter infliggerle un micidiale colpo risolutivo, che cancelli definitivamente i suoi conti sospesi con la giustizia, la faccia tosta del premier, sempre più disperato e isolato nel contesto internazionale, vuole che vada avanti imperterrito. Come abbiamo più volte evidenziato la pubblicità è l’anima del commercio e, a forza di millantare per buone le proprietà inesistenti di un certo prodotto, qualcuno che lo compri ci sarà: il consenso è come l’olio, si versa e s’espande. Basta saperlo pilotare sulle vie più appropriate e, alla fine, il risultato è garantito.
A questo s’aggiunga la fragilità insospettabile della memoria umana, che tutto rimuove o, al peggio, rimodula al punto da far perdere peso determinante agli elementi negativi di certi fatti e così rivalutare persino l’improponibile. E chi non fosse convinto di questa tesi si interroghi in base a quali presupposti l’ex ministro Scajola s’è rifatto vivo proprio nelle ultime ore per reclamare un posto al sole, certo che le vicende cialtronesche della casa con vista Colosseo siano ormai nell’archivio dei ricordi sbiaditi.
Ma tornando alla questione magistrati, nella giornata di ieri c’è stata un’ulteriore presa di posizione di Berlusconi in difesa dell’obbrobrio messo in programma dal governo e presentato con il nome altisonante di riforma della giustizia. L’eroico presidente del consiglio, - così s’è autodefinito con la modestia che lo contraddistingue, - ha detto che i magistrati sono cittadini come gli altri e, dunque, se sbagliano debbono essere chiamati a pagare.
Il discorso non farebbe una grinza qualora a certi doveri corrispondessero diritti di peso equivalente. Ma così non è, in quanto i magistrati secondo le molto restrittive interpretazioni dei loro detrattori dovrebbero mutuare il motto dei Carabinieri, “usi obbedir tacendo”, e incassare ogni insulto da qualunque direzione provenga.
Questo è quello che ci ha ricordato ancora ieri sera Giuliano Ferrara, che, intervistato al TG1 del sodale Minzolini, non ha perso l’occasione per inveire contro il procuratore di Palermo Pietro Ingroia, colpevole di aver espresso la propria opinione non sulle fesserie che dice Berlusconi e il suo codazzo di cointeressati, ma sulla proposta di riforma della giustizia, quella giustizia che lui per primo, in quanto magistrato, dovrebbe poi amministrare.
«Se i magistrati fanno i comizi, i politici potrebbero anche fare le sentenze» ha sentenziato un Ferrara in evidente crisi di lucidità, che s’è sentito in dovere di richiamare persino il Capo dello Stato: «E' lui il presidente del Csm, dovrebbe dire qualcosa», quantunque questa richiesta non s’è capito bene se fosse indirizzata alle considerazioni espresse da Ingroia o alle elucubrazioni che lui si è lasciato sfuggire nello studio del TG1. Dopo di che, con l’eleganza che da sempre contraddistingue l’ingresso di un elefante in una rivendita di cristalli, ha lanciato lo slogan della sua trasmissione: «Sono schierato. Non come Santoro, Lerner, Dandini, Floris.», - ha aggiunto ironicamente, - «Dirò cose scomode; non dirle rende il paese più povero e anche più stupido», ha concluso con l’analoga protervia dell’uomo che difende. E a noi non resta che la speranza che il Paese, con le minchiate che ci racconterà Ferrara, non diventi ancora più povero e stupido di quanto non lo abbia ridotto 15 anni di presenza berlusconiana.
Ma la sortita di Ferrara non è stata la sola. Anche il presidente dei deputati del PdL, Fabrizio Cicchitto ha preteso di dire la sua: «Quello del procuratore Ingroia è un autentico caso. Un PM impegnato in indagini delicatissime concernenti i rapporti mafia-politica e che nel contempo partecipa a manifestazioni politiche, sviluppa attacchi politici. In sostanza è ormai un personaggio politico di prima fila e rappresenta una contraddizione devastante per l'equilibrio del sistema. Ci auguriamo che quanto prima, magari fra una pratica a tutela e l'altra, il Csm si occupi di questo caso gravissimo». Pare, in ogni caso che le sdegnose dichiarazioni del pidduista Cicchitto non abbiano trovato alcun consenso, se anche il vicepresidente del CSM, Michele Vietti, ha sentito il dovere di esprimere il suo pensiero, dissonante rispetto a quello di Cicchitto e in difesa di Ingroia: «Si deve consentire a tutti, anche ai magistrati, di dire ciò che pensano» della riforma costituzionale della giustizia. Tuttavia, - ha concluso Vietti, - «Raccomanderei su questa materia una grande prudenza, un grande equilibrio e una grande sobrietà a tutti, sia ai magistrati sia alla politica che ai giornalisti».
Come si vede ancora non è iniziato il dibattito parlamentare sulla questione giustizia, così come proposta dal governo, né tantomeno abbiamo ancora avuto l’immenso piacere di assistere allo show che ci riserva di certo un ringalluzzito e, soprattutto, schieratissimo Giuliano Ferrara, che già sono iniziate le schermaglie. Ma mentre le contrapposizione, le divergenze di opinioni, la dialettica, - per dirla con un termine solo, - quando abbia per oggetto il confronto sincero e disinteressato delle idee è l’anima della democrazia, ci chiediamo se un confronto sulla mistificazione della realtà e la promozione di squallidi interessi privati e di parte a interessi generali rientri ancora nei binari della democrazia.

(nella foto, Pietro Ingroia, PM antimafia di Palermo)

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