venerdì, aprile 01, 2011

Anche la rissa ormai è istituzionale

Venerdì, 1 aprile 2011
“Sono uomini o caporali?”, ci si potrebbe chiedere parafrasando una celebre battuta del mitico Totò. Certamente sono uomini, anche se il mandato che esercitano in parlamento, il tempio delle istituzioni repubblicane, dovrebbe imporre loro un contegno e un decoro al di sopra del comune. Invece negli anni abbiamo assistito a scene indecorose, a dichiarazioni e comportamenti che poco, se non nulla, hanno di rispettoso verso le istituzioni e che hanno messo a nudo lo squallore e la bassezza di chi ci rappresenta.
Risse verbali e fisiche, insulti e bivacchi con tanto di panini alla mortadella hanno dato il segno di come la politica, specialmente dopo l’avvento del berlusconismo, si sia trasformata in uno scontro volgare tra gnomi, un’umanità di terz’ordine, che ha anteposto l’interesse personale, spesso inconfessabile nel contenuto, a quello della collettività che, al contrario, avrebbe dovuto rappresentare.
Duole dover ribadire che tale degrado, inimmaginabile in altri tempi, ha subito una rapida escalation da quando, finita la cosiddetta prima repubblica, ha fatto la comparsa in parlamento Silvio Berlusconi e la banda dei suoi interessatissimi sostenitori, falangi di nullità sul piano politico e morale, imposte al parlamento grazie ad una legge elettorale che consente all’uomo di Arcore di piazzare a proprio capriccio guitti e saltimbanco con il compito di sfornare e votare leggi e provvedimenti che gli evitino processi, condanne ed annessa galera. Questo ribadire, frutto di un’osservazione obiettiva, è inevitabile e viene il dubbio che il Cavaliere e le sue truppe alimentino il clima al di là d’ogni inconfutabile colpevolezza, al solo scopo di poter sostenere che l’insistenza nell’essere additati come un cancro maligno della convivenza democratica conferma la litania sempre recitata d’essere al centro di un attacco scomposto delle sinistre e delle opposizioni, che vorrebbero ribaltare l’esito del voto popolare. E allora si rincara la dose, si dà spago alla protesta, ai detrattori, pur di poter passare per martiri e perseguitati.
L’ultima puntata di questo miserabile show s’è consumata ieri, con la discussione sul processo breve, che ha visto non solo lanci di oggetti vari da parte della maggioranza, messa in difficoltà dalle decisioni del Presidente della Camera, contro le opposizioni e lo stesso presidente, ma un Ignazio La Russa, ministro della Difesa, - ribattezzato ministro dell’offesa, con l’occasione, - sfanculare come un carrettiere alla volta di Fini.
Anche se la discussione sul processo breve è stata rinviata a martedì per placare gli animi, la gazzarra di questi giorni alla Camera può lasciare dietro di sé pesanti strascichi, tanto da indurre il presidente della Repubblica Napolitano a convocare i capigruppo di Camera e Senato per richiamarli all'ordine. Un richiamo dai toni duri, che ha messo in allarme Palazzo Chigi, preoccupato che si possa andare a elezioni anticipate. Un'ipotesi di cui non si è fatto cenno tra il Capo dello Stato e i capigruppo, ma che aleggia nell'aria. C'è anche un'ipotesi di data: il 12 giugno insieme al referendum.
Napolitano aveva espresso la sua preoccupazione per la situazione politica anche l'altro ieri in una lunga intervista pubblica nel corso della sua visita ufficiale negli USA. «Così non si può più andare avanti. Quello che sta accadendo da due giorni alla Camera è uno spettacolo intollerabile, che mette a rischio la credibilità delle istituzioni e sconcerta i cittadini. È il momento in cui ognuno, ogni forza politica, si deve assumere tutte le proprie responsabilità. Io non faccio commenti su nessuna personalità politica italiana. Parlo più in generale e dico» - aveva affermato il Capo dello Stato - «che il più grande problema della politica italiana è l'iper partigianeria che produce una guerriglia quotidiana e rende impossibile il dialogo ed il confronto, che determina una delegittimazione reciproca dei competitori politici». Da qui la preoccupazione ed alcuni richiami e consigli, formulati oggi, ad abbassare i toni ed al rispetto delle regole. Ieri sono saliti al Colle i presidenti dei gruppi di Pdl, Pd e Udc. Per domani sono previsti incontri, si rende noto sempre in ambienti parlamentari, con altre forze politiche. Il ministro Ignazio La Russa intanto dovrà aspettare martedì per sapere se il suo «vaffa» gli impedirà, come chiede il centrosinistra, di votare in Aula togliendo un voto alla maggioranza ogni giorno alle prese con i numeri. Il coordinatore Pdl conferma la sua versione, ma il collegio dei questori di Montecitorio ”deplora” il gesto del ministro dopo aver visionato i filmati della bagarre. D'altra parte è lo stesso senatur Umberto Bossi a riprendere La Russa che, a suo giudizio, «Ieri avrebbe dovuto star zitto».
Tocca al presidente della Camera Gianfranco Fini comunicare all'Aula che «quanto avvenuto ieri è senza precedenti». Proprio l'inesistenza di un precedente di un ministro che insulta spiega la difficoltà dell'ufficio di presidenza di decidere una sanzione. Per il centrosinistra, il ministro, in ragione dell’incarico di governo, potrebbe partecipare ai lavori dell'aula, ma, in quanto deputato sanzionato, gli dovrebbe essere impedito dell’esercizio del voto. La maggioranza, invece, vorrebbe solo una censura. La Russa, dal canto suo, si dice «dispiaciuto» ma ribadisce di non aver offeso Fini e comunque di essere stato ieri, quando è uscito a piazza Montecitorio, «vittima di un'incredibile aggressione organizzata». Ma, al di là delle sanzioni, la condanna politica per il coordinatore del Pdl va oltre i rilievi del centrosinistra. Bossi non gli risparmia ironia: «Doveva stare zitto, così si fa il gioco delle opposizioni. E poi se aveva paura, non doveva andare in piazza... ». Una stoccata che si unisce ai mal di pancia dentro il Pdl. Oggi l'ex ministro Claudio Scajola, che comunque ha bloccato la raccolta di firme promossa dai suoi per chiedere le dimissioni da coordinatore e da ministro di Ignazio La Russa, torna alla carica sostenendo: «Ieri alla Camera abbiamo visto uno spettacolo non degno». E se lo dice persino uno che con la storia della casa romana di spettacoli indegni sicuramente se ne intende…….
Ma qui la questione non è certo solo quella di reprimere comportamenti impropri e ricondurre nell’alveo della dignità e del decoro istituzionale l’esercizio della politica. Il problema è quello di rifondare la politica, affrancandola definitivamente da un conflitto d’interessi senza precedenti impersonato da Silvio Berlusconi: non si può approfittare di terremoti, discutibili alienazioni d’immobili da parte di avversari politici, invasioni di clandestini e profughi di guerre ai confini per sviare l’attenzione del Paese con illusioni di ricostruzioni rapide, case da gioco e campi da golf nel deserto, per tentare colpi di mano sotto forma di processi brevi, prescrizioni accelerate e altre indecenze simili. I trucchetti da magliaro con i quali s’intenderebbe trasformare una sgualdrina minorenne nella nipote di un capo di stato estero con tanto di decisione del parlamento, per evitare un processo per sfruttamento della prostituzione minorile, servono a far diventare l’Italia lo zimbello del mondo, ...... più di quanto non lo sia già.


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