mercoledì, aprile 20, 2011

Criminal Mind

Mercoledì, 20 aprile 2011
«Questo è un Paese a dir poco bizzarro» affermava alcuni giorni or sono Roberto Scarpinato, Procuratore della Repubblica di Caltanissetta, intervistato da RAI News 24. «Con un movimento di tangenti di ben 60 miliardi di euro ed un’evasione fiscale di oltre 120 miliardi, concentrata particolarmente nel Nord, rappresenta un’anomalia non solo in Europa, ma in tutto il mondo occidentale. Eppure è in corso in queste ore in Parlamento un dibattito per l’approvazione del processo breve e della prescrizione ridotta, che si pone in assoluta controtendenza con l’esigenza di sferrare una lotta serrata contro reati che incidono in maniera determinante nel processo di stabilizzazione dell’economia italiana. La prescrizione breve, qualora fosse approvata», puntualizzava Scarpinato, «cancellerebbe di colpo migliaia di processi in corso per reati connessi a tangenti ed evasione e costringerebbe il sistema ad attingere alla tassazione o al taglio della spesa sociale per far fronte ai minori introiti rappresentati da queste pratiche criminali».
E che il quadro sinteticamente descritto dal Procuratore di Caltanissetta sia inoppugnabile è del tutto evidente, così come è evidente che a Berlusconi e alle sue truppe non importa assolutamente nulla che lo stravolgimento delle attuali regole sulla prescrizione abbia posto una pietra tombale su processi nei quali la richiesta di giustizia è fortissima: il crollo della casa dello studente a l’Aquila o la truffa Parmalat, - giusto per citarne alcuni.
Un esempio di questa sfacciata strafottenza? Angelino Alfano, ministro della giustizia e fedele baciapile di Berlusconi al punto da essere stato da lui indicato come il suo successore, non ha avvertito alcun senso di vergogna nel raccontare agli italiani fandonie miserabili sugli effetti che il processo breve avrebbe avuto sui processi in corso: ricadute su appena lo 0,2% dei giudizi in atto. Naturalmente s’è ben guardato dal precisare che quella “risibile” percentuale rappresenta oltre 15 mila disgraziati in attesa di giustizia.
Ormai e almeno sino a quando ci sarà questa maschera equivoca di presidente del consiglio a palazzo Chigi ci si deve rassegnare ad un sistema che procede a strappi e solo in funzione della soddisfazione degli interessi del suo inquilino.
Dei gravissimi guasti che si sarebbero creati alla democrazia abbiamo detto innumerevoli volte e persino in tempi non sospetti, al punto da meritarci l’accusa di esser prevenuti nei confronti di Silvio Berlusconi. Ma che oggi ne abbia dovuto prendere atto persino il presidente della Repubblica, costretto ad intervenire davanti alle agghiaccianti demenzialità che vorrebbero le procure quale base logistica delle brigate rosse, francamente non appaga la nostra soddisfazione per lungimiranza dimostrata. Avremmo preferito cadere in errore, magari per apodittica faziosità, piuttosto che assistere a questo scempio delle istituzioni ad opera di un disperato palesemente disposto ad ogni follia pur di garantirsi l’impunità.
Gli attacchi alla magistratura sono stati tali e tanti da non ammettere neanche il minimo dubbio che dietro al “fuori le br dalle procure” ci sia una condensazione del pensiero di Silvio Berlusconi. Il suo silenzio nell’indignazione generale suscitata da questi ignobili cartelli apparsi a Milano è la prova provata che parlare di “brigatismo giudiziario”, come lui ha fatto, non può che condurre a scellerati sillogismi ad uso e consumo di propaganda sovversiva.
Ma sebbene questi ultimi avvenimenti siano il risultato delle azioni disperate di un uomo disperato, non ci si inganni sull’assenza di un disegno preciso che lega ciascuna iniziativa ad un'altra. L’uomo, infatti, si muove con una logica molto precisa, degna del serial televisivo criminal minds: innescare un’escalation di iniziative continue e ininterrotte in modo da tenere costantemente alta la tensione e consolidare l'idea di essere un soggetto senza macchia perseguitato da una giustizia in combutta strettissima con la politica avversaria.
L’ultimissima mossa in questa direzione è stata la ritrattazione delle norme sul ripristino del nucleare, soggette a referendum nel prossimo mese di giugno. Pochi hanno collegato l’annullamento delle iniziative sul nucleare ai problemi personali di Berlusconi, poiché hanno forse dimenticato che il referendum prossimo non si limita al solo nucleare, ma riguarda la privatizzazione dell’acqua e, che più importa, il castello delle norme sul legittimo impedimento messe in atto qualche mese fa dal parlamento sempre per permettere al premier di esimersi a piacimento dalla conseguenze della legge penale. Bene, è bastato acquisire i dati dell’eventuale partecipazione al referendum, - probabilmente negativo per il governo sull’onda delle vicende giapponesi, - per consigliare a Berlusconi di sacrificare le norme sul ripristino del nucleare pur di consentire l’annullamento del referendum, da ritenersi del tuto inutile per il venir meno delle norme contestate. Ovviamente i residui quesiti referendari che dovessero restare in piedi con ogni probabilità non raggiungerebbero il quorum necessario per validare la prevista consultazione popolare.
Mai nella storia d’Italia s’era assistito ad uno scempio della morale e dei principi della legge come da quando ha fatto esordio in politica Berlusconi, imprenditore d’assalto assai compromesso con la politica della cosiddetta prima repubblica, che, alla scomparsa degli uomini politici con i quali aveva intessuto strettissime relazioni tese ad avvantaggiare i suoi affari, non potuto fare a meno di esporsi nell’arena della politica per tutelare i frutti equivoci dell’impero che negli anni aveva costruito.
C’è da chiedersi, dunque, se non sia giunta l’ora di ridare agli elettori il diritto di esprimersi su tre anni e mezzo di (non) governo berlusconiano, contraddistinto solo per gli atti vandalici che ha compiuto contro le istituzioni piuttosto che per qualche decisione assunta in favore dell’economia e del sociale del Paese. Ma anche qui c’è l’altrettanto fondato sospetto che questa volta la consapevolezza di essere sconfitto suggerisca di evitare il responso delle urne.
Qualche dubbio su come potrebbe finire? Godiamoci i risultati delle prossime amministrative per rimuoverci ogni dubbio.

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