domenica, marzo 06, 2011

La giustizia a misura di Arcore

Domenica, 6 marzo 2011
Il ciarlatano/piazzista di Arcore è alla frutta, anzi, come mormora irriverente qualcuno dei suoi opportunisti lacchè, è all’amaro. Una spia più che evidente di questa disperazione è il rifiuto di andare all urne, dove sa di incassare una sconfitta massacrante, dopo aver minacciato per lungo tempo il ricorso al voto anticipato.
Anche la Lega, gli sboroni di Pontida sempre pronti a minacciare con stupidaggini galattiche ora la secessione, ora la mobilitazione di quattro pecorai valtellinesi, di elezioni non parla più. E non perché abbia portato a casa uno sgorbio orripilante di federalismo, che sarà duro da far digerire persino ai più sprovveduti elettori del Carroccio, quanto perché i teatranti di via Bellerio sanno che la gente padana ha capito che parano le terga al Cavalier Viagra solo per portarsi a casa uno stipendio principesco ala faccia degli sprovveduti che hanno creduto nella grinta rinnovatrice di Maroni, Bossi Borghezio e tutto il carrozzone carnascialesco che questi hanno messo in piedi negli anni.
Altro che Roma ladrona e ridicole repubbliche del nord. Qui si fa leva sul malcontento vero della gente per sistemare Trote e ampliare il potere personale in banche, fondazioni e altre latterie similari.
Nel frattempo un disperato Berlusconi non si perde convegno remoto del PdL per lanciare anatemi contro gli avversari o per fare vacua propaganda agli sconosciuti meriti del suo esecutivo.
«La sinistra ancora una volta non esita di fronte a nulla nell'ultimo disperato tentativo di ottenere con scorciatoie mediatico-giudiziarie quello che non riesce a ottenere nelle urne». Lo dice il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, in un messaggio inviato alla prima Conferenza nazionale sul lavoro e occupazione femminile del Pdl. E alla platea di donne manda l’incomprensibile messaggio demenziale: «Chi cerca di strumentalizzare politicamente le donne non le difende, ma le mortifica», che per chi ne conosce le debolezze non può che significare che le donne hanno valore solo se orizzontali.
I guai giudiziari rimangono comunque in cima alle preoccupazioni del premier, che attraverso il suo legale fa sapere di essere pronto a «difendersi in aula», ma senza precisare che per ciascuno dei quattro processi cui è attualmente coinvolto si presenterebbe davanti ai magistrati una volta al mese, il lunedì, nella convinzione così di poter pilotare i termini di prescrizione. Nella stessa occasione ha fatto sapere «Giovedì presenteremo la riforma della giustizia. E' una riforma che sarà epocale». E su questo c’è da giurarci sopra: come non potrebbe essere epocale una riforma della giustizia proposta da un uomo sostenuto da una congrega di complici sputtanati che ormai da 14 anni non fa che massacrare istituzioni e magistrati? Poi, giusto più per autoerotismo più che per sincera convinzione, aggiunge ad libitum «Nessun governo mai ha fatto così bene. Stiamo lavorando sulla riforma tributaria, è una cosa assolutamente importante, siamo rimasti a leggi di 40 anni fa e abbiamo poi in programma il piano per il Sud», omettendo di rammentare in coda a questa mirabolante ed inedita notizia che si tratta dell’ennesimo coup de théâtre, visto che dei piani per il Sud s’è perso il conto, e che ci sono legittime ragioni per ritenere che servirà ad ingrassare le pance di tanti amici con baffi e coppola e del raro esempio di buongoverno dell’allievo di Marcello Dell’Utri, Gianfranco Micciché.
Mentre si preannunciano queste riforme vitali per il futuro del Paese la disoccupazione sale, riparte la cassa integrazione, si preannunciano nuovi tagli nella scuola pubblica (si parla di 20 mila cattedre) accompagnati a inauditi bonus per la scuola privata, non si parla dei problemi veri della nazione, cioè di come affrontare un tentativo di serio rilancio dell’economia o far fronte all’insostenibile aumento dei prezzi, in particolare degli alimentari, sotto la spinta della nuova crisi petrolifera in atto.
Parlare di queste cose o rammentare l’urgenza di questi temi sarà da comunisti, come ama apostrofare stupidamente un velenoso presidente del consiglio, ma dal nostro punto di vista è criminale, se non addirittura sintomo di un palese tradimento del mandato popolare ricevuto tacerne la priorità o disinteressarsene, creando le condizioni per una mortificazione dell’esistenza senza precedenti.
Purtroppo in questa canagliesca commedia dell’omissione Silvio Berlusconi può contare sul fiancheggiamento di squalificatissimi quanto ben pagati maitre à penser che riescono a catturare l’approvazione di categorie di idioti inebetiti o di delinquenti acclarati che hanno tutto da guadagnare dal rimestamento dello sterco cui si dedicano pervicacemente. Basta guardare ai vari Minzolini, Belpietro, Sechi, Feltri, Sallusti, Facci e via dicendo, - la lista è pari ad un elenco telefonico, - ai quali nelle ultime ore s’è aggregato, guadagnandosi un appannaggio da nababbo in Rai grazie alle sortite, il mutandaro Giuliano Ferrara, grande campione di coerenza politica del XX secolo, passato dalle fiere file di Lotta Continua all’inzerbinimento verso il tirannello di Arcore.
Ma il quesito è su dove ci condurrà questa situazione in cui l’unica cosa che fa notizia sono le ribalderie del premier e i suoi eccessi di legittima difesa. E a quanti serbassero dubbi sul vero significato di democrazia o sull’esistenza di una preconcetta antipatia nei confronti di Silvio Berlusconi suggeriamo, come ha fatto una nostra amica di recente, di dedicarsi alla lettura di un documento vecchio di 2500 anni, il discorso di Pericle agli ateniesi del 461, dal quale, per quanto possa sembrare strano, emerge come persino gli antichi Greci avessero un concetto di democrazia più sviluppato del nostro primo ministro e dell’armata di venditori di fumo di cui si circonda.

(nella foto, il direttore de il Foglio, Giuliano Ferrara, neo-zerbino di Berlusconi)

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