martedì, maggio 17, 2011

La Waterloo del Cavalier Silvio

Martedì, 17 maggio 2011
Ha perso. E ha perso nel peggiore dei modi, rimettendoci la faccia e subendo un colpo mortale alla smisurata arroganza con la quale si è sempre confrontato con gli avversari. Aveva creduto che trasformare una tornata elettorale amministrativa in un referendum che consacrasse il suo gradimento ai Milanesi ed agli Italiani fosse l’occasione definitiva per infliggere una sconfitta agli avversari, per dargli la legittimazione per assestare un colpo di maglio al sistema giustizia, per portare definitivamente a casa il consenso alla sua impunità, e così la sconfitta gli ha provocato ferite talmente gravi da far ritenere che difficilmente la sua sopravvivenza politica possa avere futuro.
La scommessa sulla giustizia è persa. Dopo il voto di Milano, supposto che il governo regga, per Berlusconi diventerà difficilissimo portare avanti la sua vendetta contro i giudici. Per una ragione semplice: Milano era diventato l’emblema del Cavaliere “vittima” delle toghe. Lì, in aula per i suoi tre processi (Mills, Mediaset, Mediatrade) solo strumentalmente per poi fare comizi in strada, il premier ha chiesto ai cittadini di dargli un plebiscito per andare avanti spedito contro la magistratura. Voti per fare le sue leggi salva Silvio. Lui, in lista alle comunali. Lui, bocciato. Lui a pavoneggiarsi con il ricordo di 53.000 voti di preferenza e ad incassarne appena la metà. Adesso la prescrizione breve, il processo lungo, la legge bavaglio sulle intercettazioni, la riforma costituzionale della giustizia devono andare in soffitta.
Probabilmente lo pretenderà la stessa Lega, - altro sconfitto senza appello dalle urne, - a cui i cittadini, i suoi elettori di Milano, di Varese di Gallarate non hanno certo perdonato l’appoggio pedissequo che Bossi e soci hanno offerto ai deliri d’onnipotenza di Berlusconi. E ciò nonostante nelle ultime settimane i maggiorenti del Carroccio abbiano fatto qualche timido tentativo per sganciarsi dal cliché che si sono costruiti in un triennio di governo con il PdL: quello di movimento politico disposto persino alla revisione dei propri principi fondanti, - l’onestà, la trasparenza, la coerenza, - pur di salvare la poltrona di governo. E così non si possono sostenere tutte le imbecillità di un leader squalificato e palesemente sopra le righe in ogni circostanza in nome di un federalismo più di facciata che di contenuto.
Com’era già nelle previsioni, con Berlusconi perdono in tanti, a cominciare da quello staff di invasati opportunisti, come la Santanché, Ferrara, Sallusti, Belpietro, Cicchitto, Capezzone e altra giullaresca umanità contraddistintasi per il disprezzo con il quale ha sempre svillaneggiato l’opposizione e per aver fomentato gli atteggiamenti più volgari e prevaricatori del loro leader, convinti che il disorientamento delle sinistre fosse tale da aver demolito ogni barriera per un salto nell’autoritarismo del passato e per la riedizione di neo-dittatorialismo cortigiano.
Ovviamente la sconfitta dovrà essere metabolizzata e non è affatto detto che serva da monito definitivo a chi l’ha subita al punto da ridurlo a miti consigli e suggerirgli se non d’invertire almeno di variare di parecchi gradi la rotta. Ci sono i ballottaggi tra quindici giorni e pur se sarà inevitabile abbassare i toni occorre non disorientare coloro che comunque hanno dato il loro consenso ad una campagna elettorale basata sullo scontro feroce, a chi s’è lasciato suggestionare dall’idea che un ducetto sbruffone e con un irrefrenabile debole per le sottane rappresentasse il modello di leader vincente del terzo millennio.
Questa operazione di correzione di rotta non sarà né facile né dall’esito scontato. In primo luogo perché cozzerà contro le “certezze” maturate da coloro che il Cavaliera hanno abbandonato, perché stufi o stomacati da un periodo troppo lungo di proclami, dichiarazioni, minacce, promesse di fare piazza pulita di toghe rosse e nemici costruiti ad arte per legittimare l’escalation dello scontro e della tensione, che ha ormai coinvolto anche i rapporti con lo stimatissimo Capo dello Stato. In secondo luogo perché il cavallo sul quale ha puntato Berlusconi per incassare una vittoria a Milano, Letizia Moratti, è evidentemente bolso e, - peggio ancora, - ha ceduto alle lusinghe del “metodo Boffo” nella speranza di vincere, così consacrando definitivamente un rapporto di disistima diffusa con i Milanesi, che non hanno mai digerito la sua alterigia, la sua timidezza e la sua incapacità di imporsi con una linea propria nella realizzazione di quelle opere necessarie per mantenere alla città quella supremazia economica nel sistema Italia e quella posizione di prestigio nel contesto europeo.
C’è infine da prendere atto degli effetti della cosiddetta onda lunga che ha interessato la tornata amministrativa: l’affermazione della sinistra a Torino e Bologna e la mancata affermazione della coalizione di governo in città come Napoli. E quando arriva l’onda di tsunami non è mai possibile prevedere i disastri che procurerà.

(nella foto, Giuliano Pisapia, che andrà al ballottaggio con Letizia Moratti per la poltrona di sindaco di Milano, dopo aver vinto, surclassando al primo turno la stessa Moratti con il 48% dei consensi )

0 Commenti:

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page