Ecco perché siamo in una dittatura
Sabato, 11 giugno 2011
Quando si parla di dittatura viene in mente un sistema politico in cui le libertà d’espressione, di movimento, di confessione politica e persino religiosa sono sottoposte ad un controllo stringente dell’élite politica dominante, che determina la modalità con la quale quelle libertà si possono esercitare ed i meccanismi di censura cui sono sottoposti i cittadini nell’esercizio di quelle modalità.
Nulla qualifica il livello di intensità con il quale i cosiddetti regimi totalitari esercitano il controllo o applicano i limiti alle libertà suddette, poiché il grado di autoritarismo ha modalità diverse di esplicitarsi. Anzi nella maggioranza dei casi tenta di mascherarsi sotto forme di un falso democratismo attraverso il quale, in nome di un non meglio specificato ordine pubblico, pace sociale, principio di sicurezza generale, vieta comportamenti ritenuti destabilizzanti o classificando manifestazioni altrove ritenute di libertà come eversive dell’ordine costituito. In altri termini, l’autoritarismo assolutistico iraniano è ben altra cosa dell’autoritarismo siriano, quantunque, alla luce dei sommovimenti in corso in quest’ultimo Paese, sia oggi ben più difficile distinguere ed attribuire una maggiore ferocia repressiva all’uno o l’altro sistema. Per quanto esecrabili, queste forme di governo hanno il “pregio” di essere assolutamente visibili ed ai cittadini è lasciato l’onere di subirle o di organizzarsi anche in armi per rovesciarle.
Diverso è il caso delle dittature striscianti o delle false democrazie, nelle quali un’oligarchia assume il potere in virtù di libere elezioni e da quel momento perpetra un lento e continuato tentativo di stravolgimento delle regole democratiche per garantirsi con il paravento di quel consenso popolare una sopravvivenza duratura nel tempo.
Questo, com’è facile intuire, è il caso italiano, dove una coalizione politica, forte di una legge elettorale truffaldina e degna dei peggiori stati sudamericani, ha ritenuto persino “legittimo” ricorrere al mercato dei parlamentari e acquistare la maggioranza che, a causa di dissensi interni a quella coalizione, era venuta palesemente meno.
Peraltro, il “parlamentare-mercato” non è stata che l’ultima manifestazione di una modalità proterva e arrogante d’intendere l’esercizio del potere, poiché nel governo del neo-caudillo Silvio Berlusconi, si è assistito a numerosissimi fenomeni di esproprio delle prerogative parlamentari e ad uno sconfinamento sistematico dell’esecutivo nell’assunzione di decisioni in materie già disciplinate da leggi, persino costituzionali, e regolamenti che non avrebbero consentito le innovazioni imposte per iniziativa del consiglio dei ministri, per quanto poi ratificate da un parlamento chiaramente tenuto in ostaggio. Dimostrazione di questo sovversivo metodo di intendere ed esercitare la politica sono gli scontri istituzionali tra il presidente del consiglio, beneficiario di quei colpi di mano, e l’Alta Corte, la magistratura, la presidenza della Repubblica e la presidenza della Camera o i tentativi di estromettere il parlamento dal controllo democratico di ingenti e rilevanti capitoli di spesa pubblica, che s’intendeva affidare ad organismi fuori controllo come la Protezione Civile.
Parimenti, sono segnali di una deriva golpista strisciante i tentativi non andati a buon fine d’imbavagliare l’informazione o di condizionare pesantemente il servizio radiotelevisivo pubblico, attuando canagliesche epurazioni di personaggi ritenuti scomodi a causa del successo ottenuto nella conduzione di trasmissioni di denuncia della svolta autoritaria in atto. Michele Santoro è l'ultima vittima di questa purga culturale cui si sottopone la nazione.
Fra qualche ora si apriranno i seggi elettorali allestiti affinché i cittadini si esprimano a favore o contro ben quattro proposte referendarie. Anche questi referendum sono il frutto di una gestione del potere dittatoriale, poiché - ancorché non averli abbinati alle recenti tornate per le amministrative, con l’evidente obiettivo di indebolire la possibilità che si raggiunga il quorum necessario per la loro validità, moltiplicando peraltro scelleratamente gli oneri organizzativi, - il governo ha tentato sino all’ultimo di bloccarli, inventandosi norme truffaldine sul quesito più importante, quello sul nucleare, con una leggina varata in fretta e furia, che non cancellava il ricorso all’energia atomica, ma ne posticipava nel tempo ogni decisione.
Di fondo, deve esser chiaro che al governo Berlusconi con ogni probabilità non interessa nulla del risultato dei referendum sul nucleare e sull’acqua, ma l’obiettivo rimane salvaguardare le norme sottoposte a referendum che riguardano un pezzo di impunità del cittadino Silvio Berlusconi, quelle sul legittimo impedimento, che l’eventuale raggiungimento del quorum potrebbe far decadere lasciando il neo-caudillo in balia di quelle magistratura tanto odiata e definita spregevolmente “rossa” solo perché riluttante a sottomettersi al suo controllo.
Ed è questo che stringe la panoramica sul quadro: l’Italia non è più un paese democratico e non lo è più da tempo, segnatamente da quando Silvio Berlusconi, tycoon di discutibile successo, pidduista affiliato di Licio Gelli, esempio universale di gravissimo conflitto d’interessi ed improvvisato politico per squallido tornaconto, ha deciso di esordire nell’agone della politica, con l’unico scopo di poterla fare franca dalle innumerevoli responsabilità penali derivanti da atti compiuti ai tempi della cosiddetta prima repubblica, le cui conseguenze con la scomparsa dei suoi padrini del tempo potrebbero rivelarsi oggi esiziali per lui e per l’impero che gli è stato consentito di costruire.
Ecco perché la partecipazione al voto referendario è importante. Perché è forse l’ultima occasione per costringere questo personaggio ad andare via, per salvare il Paese dal definitivo salto nel buio che rischia di effettuare con la sua improvvida presenza, per dire basta con una dittatura di fatto che va sempre più radicandosi e che soffoca le libertà.
Nulla qualifica il livello di intensità con il quale i cosiddetti regimi totalitari esercitano il controllo o applicano i limiti alle libertà suddette, poiché il grado di autoritarismo ha modalità diverse di esplicitarsi. Anzi nella maggioranza dei casi tenta di mascherarsi sotto forme di un falso democratismo attraverso il quale, in nome di un non meglio specificato ordine pubblico, pace sociale, principio di sicurezza generale, vieta comportamenti ritenuti destabilizzanti o classificando manifestazioni altrove ritenute di libertà come eversive dell’ordine costituito. In altri termini, l’autoritarismo assolutistico iraniano è ben altra cosa dell’autoritarismo siriano, quantunque, alla luce dei sommovimenti in corso in quest’ultimo Paese, sia oggi ben più difficile distinguere ed attribuire una maggiore ferocia repressiva all’uno o l’altro sistema. Per quanto esecrabili, queste forme di governo hanno il “pregio” di essere assolutamente visibili ed ai cittadini è lasciato l’onere di subirle o di organizzarsi anche in armi per rovesciarle.
Diverso è il caso delle dittature striscianti o delle false democrazie, nelle quali un’oligarchia assume il potere in virtù di libere elezioni e da quel momento perpetra un lento e continuato tentativo di stravolgimento delle regole democratiche per garantirsi con il paravento di quel consenso popolare una sopravvivenza duratura nel tempo.
Questo, com’è facile intuire, è il caso italiano, dove una coalizione politica, forte di una legge elettorale truffaldina e degna dei peggiori stati sudamericani, ha ritenuto persino “legittimo” ricorrere al mercato dei parlamentari e acquistare la maggioranza che, a causa di dissensi interni a quella coalizione, era venuta palesemente meno.
Peraltro, il “parlamentare-mercato” non è stata che l’ultima manifestazione di una modalità proterva e arrogante d’intendere l’esercizio del potere, poiché nel governo del neo-caudillo Silvio Berlusconi, si è assistito a numerosissimi fenomeni di esproprio delle prerogative parlamentari e ad uno sconfinamento sistematico dell’esecutivo nell’assunzione di decisioni in materie già disciplinate da leggi, persino costituzionali, e regolamenti che non avrebbero consentito le innovazioni imposte per iniziativa del consiglio dei ministri, per quanto poi ratificate da un parlamento chiaramente tenuto in ostaggio. Dimostrazione di questo sovversivo metodo di intendere ed esercitare la politica sono gli scontri istituzionali tra il presidente del consiglio, beneficiario di quei colpi di mano, e l’Alta Corte, la magistratura, la presidenza della Repubblica e la presidenza della Camera o i tentativi di estromettere il parlamento dal controllo democratico di ingenti e rilevanti capitoli di spesa pubblica, che s’intendeva affidare ad organismi fuori controllo come la Protezione Civile.
Parimenti, sono segnali di una deriva golpista strisciante i tentativi non andati a buon fine d’imbavagliare l’informazione o di condizionare pesantemente il servizio radiotelevisivo pubblico, attuando canagliesche epurazioni di personaggi ritenuti scomodi a causa del successo ottenuto nella conduzione di trasmissioni di denuncia della svolta autoritaria in atto. Michele Santoro è l'ultima vittima di questa purga culturale cui si sottopone la nazione.
Fra qualche ora si apriranno i seggi elettorali allestiti affinché i cittadini si esprimano a favore o contro ben quattro proposte referendarie. Anche questi referendum sono il frutto di una gestione del potere dittatoriale, poiché - ancorché non averli abbinati alle recenti tornate per le amministrative, con l’evidente obiettivo di indebolire la possibilità che si raggiunga il quorum necessario per la loro validità, moltiplicando peraltro scelleratamente gli oneri organizzativi, - il governo ha tentato sino all’ultimo di bloccarli, inventandosi norme truffaldine sul quesito più importante, quello sul nucleare, con una leggina varata in fretta e furia, che non cancellava il ricorso all’energia atomica, ma ne posticipava nel tempo ogni decisione.
Di fondo, deve esser chiaro che al governo Berlusconi con ogni probabilità non interessa nulla del risultato dei referendum sul nucleare e sull’acqua, ma l’obiettivo rimane salvaguardare le norme sottoposte a referendum che riguardano un pezzo di impunità del cittadino Silvio Berlusconi, quelle sul legittimo impedimento, che l’eventuale raggiungimento del quorum potrebbe far decadere lasciando il neo-caudillo in balia di quelle magistratura tanto odiata e definita spregevolmente “rossa” solo perché riluttante a sottomettersi al suo controllo.
Ed è questo che stringe la panoramica sul quadro: l’Italia non è più un paese democratico e non lo è più da tempo, segnatamente da quando Silvio Berlusconi, tycoon di discutibile successo, pidduista affiliato di Licio Gelli, esempio universale di gravissimo conflitto d’interessi ed improvvisato politico per squallido tornaconto, ha deciso di esordire nell’agone della politica, con l’unico scopo di poterla fare franca dalle innumerevoli responsabilità penali derivanti da atti compiuti ai tempi della cosiddetta prima repubblica, le cui conseguenze con la scomparsa dei suoi padrini del tempo potrebbero rivelarsi oggi esiziali per lui e per l’impero che gli è stato consentito di costruire.
Ecco perché la partecipazione al voto referendario è importante. Perché è forse l’ultima occasione per costringere questo personaggio ad andare via, per salvare il Paese dal definitivo salto nel buio che rischia di effettuare con la sua improvvida presenza, per dire basta con una dittatura di fatto che va sempre più radicandosi e che soffoca le libertà.
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