Ed ora a Sant’Elena!
Martedì, 14 giugno 2011
Ha perso!, e di brutto.
Non vi sono scuse o alibi. Ha invitato gli Italiani ad andare al mare, come aveva fatto il suo padrino Bettino Craxi, nella speranza così di impedire che il quorum referendario potesse essere raggiunto, ma non ce l’ha fatta. Gli Italiani, quelli che non votano Pdl, ma anche parecchi di coloro che hanno a suo tempo votato per i partiti che costituiscono l’attuale coalizione di governo, hanno espresso con il voto il loro verdetto: quattro NO decisi, che non lasciano alcun margine ad interpretazioni strumentali o a manipolazioni di sorta. E insieme con lui, il tracotante Silvio Berlusconi, convinto sino alla fine di avere a che fare con un esercito di coglioni e di senza cervello, come lui stesso ha definito i dissenzienti dalla sua linea, gli hanno dato il benservito, hanno detto basta alla sue spericolate scorribande per sovvertire leggi, inquinare la fiducia nelle istituzioni, irridere gli avversari, farsi comodamente i fattacci suoi ed esimersi con ogni squallido stratagemma dal farsi giudicare per i reati che gli vengono da anni contestati.
E dire che sino a poche ore prima aveva persino provato a truccare la legge sottoposta a referendum, quella sul nucleare, nella convinzione che un make-up improvvisato, spacciato per modifica delle norme contestate, potesse impedire quel plebiscito popolare che lo condanna a lasciare senza appello lo scranno di presidente del consiglio e a ritirarsi, con le sue gambe prima che coattivamente, a vita privata.
Adesso non gli resta che restare al mare a prendere il bagno, quel mare dove aveva suggerito si recassero gli elettori, che per lui dovrebbe rappresentare un’alternativa più dignitosa di un eventuale bagno penale vero e proprio che non può escludersi alla luce della caduta di quel legittimo impedimento costruitosi ad arte proprio per rallentare il corso della giustizia. D’altra parte anche l’adombrato ricorso al processo breve, come surrogato del bocciato legittimo impedimento, appare adesso più improbabile, dato che Giorgio Napolitano è difficile possa firmare una legge di questa portata sulla scorta dell’inequivoco risultato del referendum. Votando anche per l’abrogazione del legittimo impedimento “ad premier e ministri”, il popolo italiano ha espresso un fragoroso no alle leggi ad personam. Alle leggi privilegio che hanno consentito a Silvio Berlusconi di godere della prescrizione o addirittura, come nel caso del processo All Iberian 2, di farla franca dall’accusa di falso in bilancio perché “il fatto non costituisce più reato”. Dunque, un ulteriore tentativo per farla franca finirebbe per mettere a repentaglio anche l’altissima credibilità che il Presidente della Repubblica s’è guadagnato nel quinquennio del suo mandato con atti di indubbio equilibrio ed equidistanza.
E allora non resta che Sant’Elena, un luogo remoto in cui ritirarsi per leccarsi le ferite e meditare sulla propria miseria morale, dove magari potersi finalmente concedere qualche Bunga Bunga ristoratore, al riparo da occhi indiscreti e da invidiosi bacchettoni.
Ma la caduta del caudillo Silvio non è priva di strascichi e di coinvolgimenti, poiché con lui precipitano definitivamente nella melma tanti cortigiani, a cominciare dai servi striscianti che lo hanno sostenuto e ne hanno difeso disperatamente le ragioni, ai soliti giullari che infestavano i vagoni della sua carovana, che troppo si sono esposti per poter pensare di scendere da quei carri e tentare la scalata a qualche altra carovana di passaggio.
La lista è lunghissima al punto da far ritenere che per il futuro si parlerà di terza Repubblica, poiché nella disfatta di Silvio Berlusconi sono coinvolti in tanti, anche personaggi della cosiddetta opposizione, che , se Berlusconi ha perso, non possono certo dire d’aver vinto.
Già, perché non bisogna dimenticare sotto l’euforia dei risultati referendari che non c’è compagine politica, a parte quella di Vendola e di Di Pietro, che possa cantar vittoria, avendo guardato ai referendum sino alla loro vigilia con un certo distacco o scetticismo. Non è infatti quella referendaria una vittoria di Bersani e del PD, né tantomeno di Fini e del Fli o di Casini e l’UDC. Quest’ultimo, poi, non va dimenticato come sia stato tra i suggeritori della demenziale legge sul legittimo impedimento, bocciata con il 96% dei voti popolari. C’è poi l’incredibile posizione di Bossi e della Lega, che da un lato è pienamente responsabile dello scempio istituzionale perpetrato da Silvio Berlusconi, ma dall’altro deve fare i conti con uno smaccato dissenso al suo interno, – Zaia, Maroni, Cota e soprattutto il popolo veneto, forte componente della base elettorale leghista, sono andati a votare contro l’invito del loro leader, - che non può escludersi possa rappresentare uno dei motivi di resa dei conti nel prossimo fine settimana a Pontida, dove è prevista l'ennesima kermesse leghista in vista anche del passaggio parlamentare di verifica della maggiorana di governo del 22 giugno prossimo.
Certo è che i risultati referendari, giunti a pochissimi giorni di distanza dalla disfatta delle amministrative, non possono archiviarsi senza conseguenze. Lega e PdL non possono pensare di continuare a governare il Pase nel crescente distacco, per non parlare di vera e propria avversione, dei cittadini, pertanto una sterzata decisa si impone ineluttabile. Allo stesso tempo i segnali forti d’allarme che rompono i timpani della maggioranza devono condurre l’opposizione a riconsiderare la modalità con la quale sino a questo momento si è posta quale alternativa, e suggerire l’apertura di un tavolo negoziale tra le sue anime affinché venga individuato un leader, il criterio con cui sceglierlo ed un programma di governo alternativo a quello disastroso della destra attuale. I tempi sono orami stretti e tutto potrebbe precipitare nell’arco di qualche ora e giungere impreparati all’eventuale appuntamento equivarrebbe a sprecare forse l’ultima occasione.
Non vi sono scuse o alibi. Ha invitato gli Italiani ad andare al mare, come aveva fatto il suo padrino Bettino Craxi, nella speranza così di impedire che il quorum referendario potesse essere raggiunto, ma non ce l’ha fatta. Gli Italiani, quelli che non votano Pdl, ma anche parecchi di coloro che hanno a suo tempo votato per i partiti che costituiscono l’attuale coalizione di governo, hanno espresso con il voto il loro verdetto: quattro NO decisi, che non lasciano alcun margine ad interpretazioni strumentali o a manipolazioni di sorta. E insieme con lui, il tracotante Silvio Berlusconi, convinto sino alla fine di avere a che fare con un esercito di coglioni e di senza cervello, come lui stesso ha definito i dissenzienti dalla sua linea, gli hanno dato il benservito, hanno detto basta alla sue spericolate scorribande per sovvertire leggi, inquinare la fiducia nelle istituzioni, irridere gli avversari, farsi comodamente i fattacci suoi ed esimersi con ogni squallido stratagemma dal farsi giudicare per i reati che gli vengono da anni contestati.
E dire che sino a poche ore prima aveva persino provato a truccare la legge sottoposta a referendum, quella sul nucleare, nella convinzione che un make-up improvvisato, spacciato per modifica delle norme contestate, potesse impedire quel plebiscito popolare che lo condanna a lasciare senza appello lo scranno di presidente del consiglio e a ritirarsi, con le sue gambe prima che coattivamente, a vita privata.
Adesso non gli resta che restare al mare a prendere il bagno, quel mare dove aveva suggerito si recassero gli elettori, che per lui dovrebbe rappresentare un’alternativa più dignitosa di un eventuale bagno penale vero e proprio che non può escludersi alla luce della caduta di quel legittimo impedimento costruitosi ad arte proprio per rallentare il corso della giustizia. D’altra parte anche l’adombrato ricorso al processo breve, come surrogato del bocciato legittimo impedimento, appare adesso più improbabile, dato che Giorgio Napolitano è difficile possa firmare una legge di questa portata sulla scorta dell’inequivoco risultato del referendum. Votando anche per l’abrogazione del legittimo impedimento “ad premier e ministri”, il popolo italiano ha espresso un fragoroso no alle leggi ad personam. Alle leggi privilegio che hanno consentito a Silvio Berlusconi di godere della prescrizione o addirittura, come nel caso del processo All Iberian 2, di farla franca dall’accusa di falso in bilancio perché “il fatto non costituisce più reato”. Dunque, un ulteriore tentativo per farla franca finirebbe per mettere a repentaglio anche l’altissima credibilità che il Presidente della Repubblica s’è guadagnato nel quinquennio del suo mandato con atti di indubbio equilibrio ed equidistanza.
E allora non resta che Sant’Elena, un luogo remoto in cui ritirarsi per leccarsi le ferite e meditare sulla propria miseria morale, dove magari potersi finalmente concedere qualche Bunga Bunga ristoratore, al riparo da occhi indiscreti e da invidiosi bacchettoni.
Ma la caduta del caudillo Silvio non è priva di strascichi e di coinvolgimenti, poiché con lui precipitano definitivamente nella melma tanti cortigiani, a cominciare dai servi striscianti che lo hanno sostenuto e ne hanno difeso disperatamente le ragioni, ai soliti giullari che infestavano i vagoni della sua carovana, che troppo si sono esposti per poter pensare di scendere da quei carri e tentare la scalata a qualche altra carovana di passaggio.
La lista è lunghissima al punto da far ritenere che per il futuro si parlerà di terza Repubblica, poiché nella disfatta di Silvio Berlusconi sono coinvolti in tanti, anche personaggi della cosiddetta opposizione, che , se Berlusconi ha perso, non possono certo dire d’aver vinto.
Già, perché non bisogna dimenticare sotto l’euforia dei risultati referendari che non c’è compagine politica, a parte quella di Vendola e di Di Pietro, che possa cantar vittoria, avendo guardato ai referendum sino alla loro vigilia con un certo distacco o scetticismo. Non è infatti quella referendaria una vittoria di Bersani e del PD, né tantomeno di Fini e del Fli o di Casini e l’UDC. Quest’ultimo, poi, non va dimenticato come sia stato tra i suggeritori della demenziale legge sul legittimo impedimento, bocciata con il 96% dei voti popolari. C’è poi l’incredibile posizione di Bossi e della Lega, che da un lato è pienamente responsabile dello scempio istituzionale perpetrato da Silvio Berlusconi, ma dall’altro deve fare i conti con uno smaccato dissenso al suo interno, – Zaia, Maroni, Cota e soprattutto il popolo veneto, forte componente della base elettorale leghista, sono andati a votare contro l’invito del loro leader, - che non può escludersi possa rappresentare uno dei motivi di resa dei conti nel prossimo fine settimana a Pontida, dove è prevista l'ennesima kermesse leghista in vista anche del passaggio parlamentare di verifica della maggiorana di governo del 22 giugno prossimo.
Certo è che i risultati referendari, giunti a pochissimi giorni di distanza dalla disfatta delle amministrative, non possono archiviarsi senza conseguenze. Lega e PdL non possono pensare di continuare a governare il Pase nel crescente distacco, per non parlare di vera e propria avversione, dei cittadini, pertanto una sterzata decisa si impone ineluttabile. Allo stesso tempo i segnali forti d’allarme che rompono i timpani della maggioranza devono condurre l’opposizione a riconsiderare la modalità con la quale sino a questo momento si è posta quale alternativa, e suggerire l’apertura di un tavolo negoziale tra le sue anime affinché venga individuato un leader, il criterio con cui sceglierlo ed un programma di governo alternativo a quello disastroso della destra attuale. I tempi sono orami stretti e tutto potrebbe precipitare nell’arco di qualche ora e giungere impreparati all’eventuale appuntamento equivarrebbe a sprecare forse l’ultima occasione.
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