giovedì, novembre 15, 2012

Elezioni e circo della politica



Giovedì, 15 novembre 2012
Come al solito si fa affidamento sulla memoria corta degli Italiani se chi ha ridotto il Paese ad una latrina lurida e nauseabonda adesso si arroga persino il diritto di richiamare l’attenzione sui risparmi che deriverebbero dall’accorpamento delle elezioni regionali con le politiche in programma nel 2013.
Correva l’anno 2011 e il capo comico Berlusconi e il suo cast di clown occupava palazzo Chigi oltre che il parlamento e il complesso delle istituzioni della Repubblica. Nei primi mesi di quell’anno si pose il problema di accorpare i referendum abrogativi sulla privatizzazione dell’acqua, sul legittimo impedimento e sul nucleare, e le consultazioni amministrative, prevedendo un risparmio di circa 300/350 milioni di euro da tale accorpamento. Com’è noto, l’accorpamento fu bocciato in parlamento dalla maggioranza di governo dell’epoca, convinta che il mantenimento di date disgiunte per le consultazioni avrebbe determinato un flop per i quesisti referendari e che, in ogni caso, l’eventuale voto negativo che avrebbe potuto emergere sui quesiti referendari non avrebbe condizionato anche il voto per i partiti ed i candidati del centrodestra alle amministrative. L’esito di quelle consultazioni, sebbene disgiunte, è noto a tutti: il centrodestra incassò una sonora sconfitta sia nei referendum, passati con una maggioranza plebiscitaria, che nelle successive elezioni per i rinnovi dei consigli comunali, risultati che ridimensionarono vistosamente la mappa del suo potere locale.
A distanza di poco più di un anno, gli stessi personaggi, che in quell’occasione non badarono certo ad economizzare il danaro pubblico pur di tentare di trarre un vantaggio, scendono in campo ed alzano la voce per chiedere l’accorpamento delle elezioni politiche, previste per l’aprile del 2013, e le regionali di Lazio, Lombardia e Molise fissate indicativamente per il febbraio dello stesso anno.
E per far ciò che argomenti utilizzare – udite, udite!, - se non il risparmio di circa 150 milioni che ne deriverebbe per le casse dello stato..
Sembra incredibile, ma ormai la gentaglia che si arroga il diritto di rappresentarci vive in un tale delirio di sprezzante onnipotenza da imporci a proprio insindacabile piacimento tutto ed il contrario di tutto, con un continuo cambiamento di carte in tavola da lasciare sconvolti. E la protervia dei loro comportamenti è tale da non trovare ostacolo neanche in un presumibile senso minimo di responsabilità che ci si augurerebbe albergasse nelle loro menti malate. L’ondivago ex unto del Signore, Silvio Berlusconi, la mezza tacca in crisi di leadership, Angelino Alfano, e i resti di quel residuato di Circo Medrano che è orami il centrodestra arrivano persino a minacciare su questa questione la crisi di governo, il ritiro del sostegno al governo Monti, che, accusato nella circostanza d’essersi piegato ai diktat di Bersani e delle sinistre, si vorrebbe prono alla soddisfazione dei loro inconfessabili desideri.
La partita è aperta e dall’esito incerto. Non che Monti ed i suoi arrivisti professorini non meritino il benservito, ma i motivi della sfiducia nei loro confronti sono ben altri rispetto all’improbabile omaggio concesso ai voleri delle sinistre. Hanno platealmente dimostrato che per loro risanare i conti consiste nel tagliare il rancio a chi è già in evidente stato anoressico e nell’accettare con clericale devozione che chi già mangiava aragoste ed ostriche sia meritevole di rimpinzarsi anche di pregiato caviale del Volga. In quanto a sviluppo, equità sociale e progetti di nuove opportunità occupazionali, sono rimasti solo gli slogan, come nelle campagne pubblicitarie, in cui si promettono miracolosi toccasana dal consumo del prodotto ma mai se ne vedono gli effetti.
La verità e che dietro la minaccia dei ringalluzziti clown del decimato Circo Medrano c’è un altro obiettivo, una finalità assai più acuta e dalle soluzioni così difficili da togliere il sonno ai protagonisti di quel gran guignol .
Il problema vero è la legge elettorale, che preso atto della sconfitta alla prossime consultazioni orami scritta, il centrodestra sta cercando da tempo di modificare con il minor danno possibile nei propri confronti. Così da una posizione di chiusura alla sua modifica, s’è prima passati ad un’apertura a ritocchi marginale e poi, via via, al riconoscimento d’improbabili premi di maggioranza, chiamati pomposamente premi di governabilità, del tutto impossibili da conseguire per qualunque partito e qualunque coalizione. E’ evidente che un premio di maggioranza legato al raggiungimento di una percentuale di consensi oltre al 40%, come si starebbe delineando, non consentirebbe ad alcun partito di poterne usufruire e così si perpetuerebbe una condizione cronica di ingovernabilità per uscire dalla quale sarebbe necessario inventarsi alleanze improbabili tra vincitori e vinti, con lo scatenamento delle clientele e dei ricatti cui la politica nostrana ci ha abituato dai tempi dei governi a guida DC. L’ipotesi non è peregrina se si pensa che già da qualche tempo si sono formate nello scenario politico coalizioni in cui s’ammucchiano partiti le cui radici ideologiche non avrebbero mai potuto consentire non solo la coabitazione ma persino rapporti di vicinato. In poche parole, ancora una conferma che tutto va cambiato affinché cambi nulla.
In questo panorama, sbaglia chi ritiene che la politica non si renda conto di quanto questi meschini giochi da prestigiatori delle tre carte da mercatino rionale non consolidino il deprecato senso dell’antipolitica. La certezza del rifiuto della gente di questi metodi è talmente chiara che chi della politica ha fatto una redditizia professione e, peggio ancora, chi al di fuori di quella professione non saprebbe come sbarcare il lunario, cerca disperatamente d’inventarsi ogni possibile escamotage per non perdere il posto e tornarsene a casa con biglietto di sola andata, dato che obtorto collo un ricambio ci sarà senz’altro. Qualcuno ha problemi di altra natura, per esempio come salvare il proprio patrimonio di dubbia accumulazione che vede in qualche modo minacciato. Chi alla politica si è accostato solo perché ha annusato qualche pericolo per le proprie fortune dal cambiamento del vento o dalle ondate che in passato hanno spazzato via i referenti di cui s’era servito senza doversi esporre in prima persona, certamente qualcosa teme. In questi casi, non si tratta di politici di professione o, come comunemente li si definisce, di razza. Costoro, in realtà, possono avere persino reazioni più pericolose nell’eventualità di veder compromessa la loro posizione di privilegio, poiché si sono formati alla scuola delle camarille, delle bustarelle, dello shopping di tutto e di tutti e, adesso, da un cambiamento radicale delle regole del gioco, cui non erano assolutamente preparati, non sanno a che santo votarsi.
In questo bailamme, dunque, va bene tutto ed il contrario di tutto, tanto alla fine avrà il sopravvento chi ha saputo vendere la propria cialtroneria al meglio; e in ogni caso c’è chi dovrebbe fare l’opposizione e mostrare senso di concretezza che, navigando nell’incertezza e nell’approssimazione, dà senza volere una mano non indifferente allo sfascio generale. Così trionfa l’antipolitica e il qualunquismo, ed il furbissimo Grillo ed il suo dirompente M5S mietono proseliti a man bassa e portano a casa il successo dei tanti signor nessuno senza un progetto e uno straccio di programma, ma con tanti anatemi insulsi contro le presunte icone di una crisi economica, sociale e morale che ha colpito l’immaginario di chi, nella disperazione, aveva la necessità d’individuare un colpevole qualunque su cui scaricare la propria rabbia.   
Dall’altro lato, tra coloro che si assume dovrebbero avere una maggiore coscienza del significato della politica, non si fa che litigare per l’affermazione del proprio primato personale, quasi che la guida del Paese sia divenuta una sorta di pubblico concorso, in cui vince chi recita meglio un copione, e non sia piuttosto il risultato di una capacità di tracciare una via con la quale invertire una tragica tendenza e guidare fuori dal pantano di una crisi senza precedenti. Qui, in ultima analisi, sembra si stia giocando uno scontro tanto drammatico quanto incosciente, fatto di slogan, di dichiarazioni di principio e di personalismi esasperati, sul quale troneggia l’omissione di un programma di iniziative concrete sulle quali impegnarsi ventre a terra in caso di vittoria. E il cittadino a quel punto rimane basito, non comprende la ragione per la quale tra un Bersani e un Renzi, tra un Vendola e un Tabacci o una Puppato l’uno debba preferirsi all’altro, visto che cambierebbero i volti ma permarrebbe quel vuoto di idee che angoscia e che non lascia sperare nel futuro.
E allora, in questa melma putrida di contraddizioni e di scontri di bassa lega c’è da chiedersi quale sia la via d’uscita se, da qualunque parte si giri la frittata, non s’intravvede uno spiraglio di luce. La risposta ben ce la sintetizza una vignetta di Altan apparsa oggi sul quotidiano la Repubblica: tanto vale tirare la monetina per designare chi dovrà governarci, tanto per vincere ormai ci vuole solo culo e, aggiungeremmo noi, con il vantaggio di non dover buttare via soldi per consultazioni inutili.

0 Commenti:

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page