mercoledì, novembre 21, 2012

L'evasione? Te l'azzero col quiz



Mercoledì, 21 novembre 2012
Oggi per l’Italia è un altro D-day, un’altra data storica con la quale tutti i cittadini vengono promossi automaticamente a ragionieri, sebbene senza diritto d’iscriversi ad un albo professionale.
Questo miracolo, - che c’è da giurare non creerà maggiori posti di lavoro, ma che permetterà alla rapace quanto malata compagine del governo dei professori di imporre il numero chiuso nelle iscrizioni ai corsi scolastici per ragionieri e periti commerciali, con conseguenti risparmi per aule, professori e bidelli, - è il frutto non di uno stravagante S. Gennaro, ma della pervicace lotta all’evasione che si prepara ad affrontare rinnovata l’armata di Befera e dell’Agenzia delle entrate.
Qualcuno ha già bollato l’iniziativa come l’ennesima trovata di un governo a corto d’idee, ma affetto da un’inguaribile “sindrome da improvvisazione fiscale”, che lo porta ad inventare improbabili metodi più vicini alla logica della caccia alle streghe che non ad un serio meccanismo di equità e trasparenza contributiva.
Il toccasana, presentato in pompa magna sul sito del fisco nazionale nella giornata di ieri e disponibile già oggi per gli amanti di rebus e sciarade, di gratta e vinci o scarabeo, si basa su un complesso incrocio di elementi di spesa, rilevanti ai fini della misurazione della capacità reddituale dei nuclei familiari italici, che dovrebbero condurre automaticamente all’individuazione della nutrita schiera di evasori che circolano per le strade della nostra disastrata Repubblica.
Il metodo si basa sul presupposto che chi spende una certa somma complessiva nell’arco dell’anno deve necessariamente aver accumulato in quell’arco di tempo redditi non inferiori al volume della spesa effettuata, tenendo conto nel calcolo di prestiti, mutui, introiti percepiti a qualunque titolo tali da pareggiare i costi sostenuti. E fin qui non ci sarebbe molto da obiettare, visto che sul piano teorico la logica cui s’ispira il marchingegno non fa apparentemente una grinza.
L’asino scivola quando ci si addentra nel sistema e ci si rende conto che il volume delle spese indicate dallo sprovveduto contribuente non deve essere quello di cui ha conservato memoria nel corso dell’anno, che potrebbe risultare persino di gran lunga inferiore ai redditi che ha denunciato, ma deve impattare ciò che è in mano al fisco, attraverso gli incroci effettuati nella sua banca dati. Come dire, se ci si è dimenticati di includere nel calcolo la somma sborsata per cavarsi un dente o quella pagata per la messa a punto del motorino, ove queste spese siano state fatturate da chi ha rilasciato la prestazione, la loro mancata indicazione altrettanto automaticamente costituirà un elemento addizionale alla capacità di spesa dichiarata, con tutto ciò che ne consegue, con buon diritto dell’agenzia delle entrate di convocare lo smemorato di turno e chiedergli conto e ragione di come abbia fatto a pagare una prestazione che assottiglia il suo grado di congruenza reddituale.
Il signor Befera, a cui non sarebbe possibile negare di possedere un cuore enorme e una bontà infinità, ha già fatto sapere che s’interverrà solo sulle incongruenze più macroscopiche e senza alcun automatica correzione delle dichiarazioni dei redditi inoltrate per gli anni che saranno sottoposti ad esame con la nuova prelibatezza metodologica. Anzi, poiché per questo rinnovato fisco dal volto umano sarà inaugurato il metodo del contradditorio, i cittadini sospettati saranno convocati – immaginiamo abbia voluto scientemente evitare il termine tradotti – nelle sedi dell’Agenzia e lì potranno ampiamente dimostrare loro illibatezza contributiva. Sfortunatamente ha omesso di precisare Befera se il tempo che verrà dedicato a questi amorevoli intrattenimenti salottieri da parte di chi lavora saranno a carico di questa neo-Gestapo o, come di consueto, resteranno a carico dei malcapitati, né se i cordiali colloqui saranno condotti con l’ausilio di lampade o altro raffinato materiale idoneo, di stimolo alla confessione volontaria.
Di certo è che sia i produttori di carrelli da traino che la gloriosa Registri Buffetti si stanno fregando le mani, data la corsa generalizzata che s’è registrata nelle ultime 24 ore e che si prevede in abbondante crescita nelle prossime settimane, all’acquisto di idonei strumenti di traino del cartaceo probatorio e di cartelline, faldoni, elastici, pinzatrici ed altro materiale d’ufficio idoneo a consentire il trasporto e la conservazione ordinata dei documenti necessari a smacchiare dall’ombra di ogni sospetto i potenziali evasori.
Qualcuno, poi, vinto dai dubbi che tutto possa giocargli contro e confermare la sua propensione all’evasione continuata, ha deciso di non acquistare più alcuna merendina per il figlio scolaro, il cui costo, moltiplicato per i giorni di lezione di un intero anno, potrebbe far decollare la presunzione capacitiva della famiglia e metterlo in grave imbarazzo al cospetto dei cortesissimi ed integerrimi Befera boys.
Né la creatività di Befera, del ministero delle finanze e del governo tutto, durante la paziente elaborazione di queste simpatiche misure, è stata scalfita dal dubbio che prima di generalizzare l’applicazione di sistemi al limite del demenziale come quello di cui si parla, sarebbe stato il caso di intervenire su singole categorie di professionisti, commercianti, imprese artigianali, in cui è arcinoto s’annida l’evasione più sfrenata con l’occultamento di redditi milionari.
La generalizzazione alle famiglie del criterio inquisitorio è, a nostro avviso, un meccanismo capace solo di generare un costo sproporzionato di lotta al fenomeno dell’evasione, che implicherà un enorme dedizione di risorse e, in molti casi, perdita di tempo micidiale, con un’escalation del contenzioso senza precedenti e con il rischio che finirà per rivelarsi un ulteriore maglio in capo a chi è già povero e fa salti mortali pericolosissimi per poter tirare avanti. Ed in questi casi – parecchi, purtroppo, nella realtà odierna – chi riesce a fatica procurarsi un pasto per sé e la propria famiglia, magari con un lavoro in nero discontinuo da poche migliaia di euro all’anno non garantiti, non potendo dimostrare come fa a procurarsi da mangiare con mezzi trasparenti, sarà additato ad esempio di buon funzionamento di un cervellotico metodo d’inquisizione.
Qui nessuno si fa sfiorare dal dubbio che tra il non mangiare e l’arrangiarsi per carenza di opportunità di lavoro la seconda alternativa è un passo obbligato e non un optional. Tantomeno, è del tutto scontato che l’emersione di questo fenomeno, ancorché noto alla schiera dei geni benpensanti, non costituirà di certo il presupposto per “normalizzare” un rapporto di lavoro precario e per dare dignità all’esistenza di chi è costretto a piegarsi ad ogni sorta di ricatto per vivere.
Con questo non vorremmo passare per quanti, pur indirettamente, predicando bene e apparentemente razzolando male, offrono una copertura alla piaga assai diffusa dell’evasione nella nostra realtà. La giustizia fiscale, quell’equità di cui ama riempirsi la bocca il cattedratico Monti, passa inizialmente per l’esempio proveniente dalle istituzioni, quelle istituzioni che dovrebbero tutelare il cittadino e non vessarlo con ogni sorta di ribalderia impunita per appagare la propria famelicità, come accade nei fatti. S’inizi dunque con il presentare il conto alla politica, all’orda di amministratori pubblici corrotti e infedeli, ai dispensatori di leggi e guarentigie a favore delle proprie clientele, alle corporazioni dei professionisti, dei commercianti e degli imprenditori che sguazzano nella permissività delle leggi e che costituiscono con i loro comportamenti la causa del degrado, anziché cominciare sempre da ciò che banalmente non è che l’effetto del problema, se proprio si vogliono dare segnali d’inversione di tendenza.
Dimenticavamo, è la logica del muro basso!
(nella foto, il responsabile dell'Agenzia delle Entrate, Attilio Befera)

 

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