mercoledì, dicembre 05, 2012

Questioni di diritto e di verità



Mercoledì, 5 dicembre 2012
Il braccio di ferro tra la Procura di Palermo e la Presidenza della Repubblica s’è concluso. La Corte Costituzionale, cui Giorgio Napolitano aveva sollevato il conflitto di competenza in merito alle intercettazioni di alcuni colloqui telefonici avuti con Nicola Mancino, ha definitivamente stabilito che tali registrazioni hanno costituito una violazione delle prerogative del Capo dello Stato, sancite dagli articoli 87 e 90 della Costituzione e, pertanto, è imperativo procedere alla loro distruzione.
Questo il sunto del dispositivo della Corte, di cui occorrerà leggere le motivazioni nel prossimo gennaio. Ma senza volersi addentrare nella disamina della raffinata disputa giuridica che ha portato alla sentenza, ci sembra opportuno focalizzare ancora una volta l’attenzione sul contenuto di quelle intercettazioni, contenuto ignoto, perché non reso pubblico dagli inquirenti palermitani, ma non per questo presumibile privo di rilevanza, dato che aveva per oggetto una serie di colloqui tra l’indagato, e attualmente sotto processo, Nicola Mancino e Giorgio Napolitano in merito alla famigerata trattativa stato/mafia ed alle stragi mafiose degli anni ’90.
E’ legittimo presumere, al di là delle motivazioni con le quali il Quirinale ha ritenuto di sollevare il conflitto con un altro organo dello stato, che le intercettazioni eseguite dalla Procura di Palermo contenessero elementi rilevanti ai fini delle indagini e dell’impalcatura accusatoria a carico di Mancino, dovendosi ritenere che i magistrati fossero poco interessati a colloqui aventi per oggetto amenità tra vecchi compagni di baldoria o confidenze circa gli acciacchi dovuti all’età. Pertanto, l’iniziativa di Giorgio Napolitano, se appare del tutto legittima sul piano del diritto, si palesa come del tutto inopportuna ai fini della ricerca della verità sulle gravissime connivenze istituzionali che hanno generato gravissimi eventi luttuosi nel Paese. Alla luce di queste considerazioni il comportamento del Capo dello Stato è assolutamente inaccettabile, senza trascurare che la sua decisione lo ha reso in qualche misura sospetto di connivenza nei confronti dei poteri oscuri che hanno avvelenato la storia della Repubblica.
In questa prospettiva, poco ci interessano e le motivazioni di una Corte che decide essa stessa sulla base di aspetti squisitamente formali e non entra nella sostanza degli elementi oggetto della disputa. Un giudizio così rilasciato appare parziale e di parte, prende atto solo dell’involucro delle cose e non si preoccupa di valutare se il contenuto dell’involucro sia effettivamente rilevante ai fini del rilascio del giudizio medesimo. Questo comportamento della Corte, ritenuta il baluardo più elevato della democrazia, getta un’ombra pericolosa sui principi di trasparenza e di giustizia cui si presume ispirata la nostra Costituzione, quantunque ci si renda conto che in certi frangenti tali presupposti possano persino confliggere con la sterile stesura della norme. Né ci sentiamo abilitati a suggerire quale via avrebbe potuto seguirsi per salvare i principi inerenti i poteri del Presidente della Repubblica e la garanzia di riservatezza dei suoi atti e l’acquisizione del contenuto delle intercettazioni eseguite come atto processuale a carico di Mancino.
La vicenda ed il suo epilogo, peraltro da più parti dato per scontato e per tanti interpretato strumentalmente come un’ingerenza della magistratura nell’esercizio delle funzioni di Napolitano o un tentativo di sottomettere un altro potere dello stato al suo controllo, non sono una bella pagina per il nostro Paese, in cui grazie alle numerose smagliature di una pletora di norme talvolta persino contraddittorie l’emersione della verità è sovente minata da vizi procedurali, pratiche dilatorie, termini prescrittivi ridicoli, garantismi esasperati e non ultimo il potere ed il censo dell’indagato.
E’ un peccato che un uomo che aveva dimostrato in tante circostanze un’esemplare sensibilità alla tutela dei principi di equità, trasparenza e giustizia sentiti dalla maggioranza dei cittadini sia scivolato, proprio agli sgoccioli del suo mandato, su una insidiosa buccia di banana…………..dimenticavamo: questa è da tempo la Repubblica delle banane!
(nella foto, una seduta della Corte Costituzionale)

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