L'impossibile difesa del puttaniere
Sette anni e interdizione
perpetua per Berlusconi, condannato per il caso Ruby - Scendono in strada servi
e cortigiani - Giustizia iniqua quando si colpiscono i potenti - Ora
governabilità a rischio
Martedì, 25 giugno2013
Esaminiamo il caso di un uomo qualunque,
quella di un anonimo signor Paolo Rossi. Sessantenne, disoccupato e senza
pensione, mai avrebbe potuto immaginare che per un tocchetto di parmigiano,
rubato per mettere qualcosa nello stomaco e non per pura golosità, il tribunale
gli avrebbe appioppato ben quattro anni di gattabuia. Sì, perché al massimo
della pena, la corte aveva ritenuto affibbiargli anche l'aggravante di scasso
(l'effrazione del sacchetto sottovuoto contenente il prezioso cacio) e di porto
abusivo d'arma da taglio (il temperino usato per incidere il sacchetto di
plastica). E dire che nessuno l'aveva colto sul fatto. Aveva masticato con
voracità quei trenta grammi e, mentre deglutiva, un sorvegliante del
supermarket lo aveva bloccato e, dopo avergli annusato l'alito, l'aveva
bloccato sino all'arrivo della forze dell'ordine.
Insomma un processo indiziario,
basato solo sul fiuto di un maledetto sorvegliante e sulle impronte che aveva
lasciato sul sacchetto "svaligiato", che se dimostravano che
effettivamente lo aveva toccato quel sacchetto, non provavano affatto che
avesse sottratto parte del contenuto e l'avesse mangiato.
E' noto, la giustizia è strana.
Questo è un Paese in cui i volponi, quelli con i dané compiono qualsiasi
misfatto e la fanno franca, mentre i poveracci per molto meno finiscono nei
guai; sono spesso un esempio da ostentare di una giustizia che non guarda in faccia
a nessuno, che è integerrima e, soprattutto, che si dichiara sempre uguale per
tutti.
Certo, non mancano le eccezioni.
Ogni tanto qualche ricco incappa nei rigori della legge e allora si scatenano
principi del foro, luminari prezzolati e persino i club dei notabili, pronti ad
assumerne la difesa o a dichiarare che deve trattarsi di abbagli degli
inquirenti, di errori giudiziari, nei casi più gravi, di persecuzioni, sebbene
la formula trita della "fiducia nella giustizia" finisca per chiudere
la sequela d'improperi e di minacce rivolte agli inquirenti.
Se poi il destinatario
dell'indagine o del processo è un membro di una certa casta politica, apriti
cielo. Nella migliore delle ipotesi si dirà che è una vittima di una
persecuzione delle toghe rosse, messe in azione da oscure forze politiche
avversarie, che, non in grado di contrastare quel politico sul piano della
dialettica democratica, - ammesso che ne abbia cognizione, - hanno dovuto fare
ricorso alle quinte colonne comuniste infiltrate nella magistratura.
E mentre dei lamenti del signor
Russo, su cui la magistratura ha calcato la mano con pesantezza, non frega
niente e a nessuno, ecco che gli animi s'accendono ed infuriano le polemiche
quando a sedere sul banco degli imputati si ritrova tal Silvio Berlusconi,
autore di innumerevoli presunti reati e, guarda caso, leader del partito di
centrodestra che ha governato il Paese negli ultimi venti anni.
Giusto per sgombrare il campo
dalle indecenti idiozie proferite a sacchi dai suoi fan, - tanti piccoli, non
di statura ma di spessore morale, - Silvio Berlusconi è al centro di indagini
di parecchie procure italiane non perché vittima di una congiura cosmica, ma
perché ha commesso tanti di quei reati da intasare gli uffici inquirenti della
Penisola. Che poi parecchi dei processi a suo carico si siano estinti non per
assoluzione, come millantano i suoi servi, quanto per l'intervenuta
prescrizione e grazie alle tattiche processuali sopraffine messe in atto dai
suoi profumatamente pagati avvocati, è cosa nota al mondo. Là dove gli
espedienti dilatori non sono riusciti, sono arrivate le condanne e, piaccia o
meno, anche pesanti e questo è un dato di fatto che nessuno può smentire,
nonostante politicanti al soldo, imbrattacarte prezzolati, suffragette a libro
paga e un'umanità miserabile di contorno, - che nulla sarebbe senza di lui e
nulla tornerà ad essere con la sua definitiva scomparsa, - tenti
quotidianamente di sovvertire la verità e appesti l'esistenza della gente
comune con macroscopiche bugie e falsità.
L'ultima condanna che s'è
guadagnato è nel processo Ruby, la marocchina Karima El Mahroug, con la quale, secondo la
sentenza del tribunale, Silvio Berlusconi avrebbe avuto rapporti sessuali
lautamente ricompensati quando l'avvenente ragazza era ancora minorenne. Da qui
la condanna per sfruttamento della prostituzione minorile e l'aggravante di
concussione per costrizione conseguente la ormai tragicamente famosa telefonata
alla Questura di Milano per farla rilasciare spacciandola per la nipote dell'ex
premier egiziano Mubarak. Una tesi sostenuta persino in parlamento e votata da
rappresentanti del popolo senza pudore, grazie alla quale siamo diventati lo
zimbello del pianeta.
Ovviamente la sentenza di
condanna non è andata giù ai piccoli fan di Silvio Berlusconi, che non hanno
esitato a gridare alla sentenza politica e ad una condanna basata su elementi
processuali indiziari e privi di prove concrete, ignorando che tutti i processi
del mondo e in tutto il mondo sono costruiti su elementi di prova concreti ed
elementi indiziari. E nel caso di Berlusconi, checché né dica persino la figlia
Marina, gli elementi di prova sono incontrovertibili e sono le abbuffate di
soldi, auto, case e gioielli ammanniti a iosa alle puttane che hanno rallegrato
i festini di Arcore quale prezzo di prestazioni che andavano dalle sceneggiate
in costume da infermiera o da suora o da cameriera, alle toccatine nelle parti
intime, alle più che presumibili e allegre trombate alla conclusione delle
sceneggiate. Lui, il padrone di casa, le ha qualificate burlesque quelle esibizioni, mentre i magistrati hanno concluso che
si era trattato di più prosaiche puttanesque.
Alla luce di queste elementi, - che
il signor Berlusconi se vorrà, senza tentare di sottrarsi al normale corso
della giustizia come ha fatto fin'ora, potrà provare a smentire nel giudizio
d'appello, e che hanno convinto la corte a condannarlo in primo grado, - le
iniziative buffonesche del ridicolo e fazioso Giuliano Ferrara, che titola oggi
sul suo giornale "Siamo tutti
puttane. No all'ingiustizia puritana" appaiono del tutto fuori luogo, non fosse perché la verità non è certo
frutto delle carnevalate di parte e non sarà il dichiarare le proprie
inclinazioni con tanto di rossetto sulle labbra che potrà cambiare il corso che
la giustizia ha fatto.
Se proprio il signor Ferrara
e i tanti che lo scimmiottano in difesa dell'indifendibile volessero dare prova
di impegno civico e d'attenzione ad una giustizia più equa, allora si dovrebbero
mobilitare per il povero signor Rossi, che almeno ha commesso un peccato
veniale per necessità e non certo per soddisfare istinti innominabili. Il
signor Rossi non ha avuto né i soldi per pagarsi un valente avvocato come
Ghedini, non ha potuto ricorrere a legittimi impedimenti,né ha goduto della
complicità di tanti amici nelle stanze dei bottoni, che gli hanno confezionato
prescrizioni bravi, lodi assolutori e altre incredibili diavolerie, ma è
rimasto solo, con un avvocato d'ufficio, a subire una condanna che rispetto al
reato in sé, quella sì, è palesemente ingiusta e sproporzionata.
(nella foto, Karima el Mahroug, meglio nota come Ruby Rubacuori)
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