Quando l'informazione diviene propaganda
Un rapporto Asstel che parla di
improbabile diffusione della banda larga nel paese - Numeri del lotto o numeri
a casaccio? - Il digital divide è ancora il cancro della navigazione internet
per molti italiani - Il Sud, come al solito, un isola dimenticata
Venerdì, 21 giugno 2013
Incredibile!, c'era e non ce
n'eravamo accorti. Eppure abbiamo passato intere giornate a chiamare il 181
della Telecom per protestare per la lentezza della navigazione internet o per
l'assenza assoluta di segnale ADSL. E invece internet ad alta velocità era là,
a portata di tutti. Ci sarebbe da chiedersi perché la Telecom non abbia
avvisato anche i suoi dipendenti, dai tecnici che provvedono all'allacciamento
alle signorine, - non sempre pazienti e garbate, - che raccolgono i migliaia di
"vaffa..." giornalieri dai tanti utenti furibondi che non riescono ad
aprire una pagina sul web.
L'altra ipotesi è che la banda larga
ci sia sempre stata, coperta da segreto, e adesso gli spioni di Asstel ci hanno
passato l'informazione, e che informazione: "la banda larga raggiunge il 95,6% della popolazione, ma solo il 55% degli
italiani la utilizza. Analfabetismo informatico e ritardi nell'agenda digitale
gli ostacoli maggiori". Come dire, "pirla l'avevi sotto al naso e non te n'eri accorto! Fai parte di quel
40,6% d'Italiani mentecatti che potevano usufruire di un raffinato servizio di
navigazione e non ne hanno approfittato".
E' la
Repubblica che ha raccolto le confidenze di Asstel, l'associazione che
riunisce le imprese della filiera delle Tlc e che ha pubblicato un rapporto
sullo stato della diffusione della cosiddetta banda larga nel nostro paese ed è
giunta alla conclusione che "L'infrastruttura
Adsl raggiunge il 95,6% della popolazione, in linea con gli obiettivi fissati
dal governo nell'Agenda digitale. Solo che poco più della metà della
popolazione utilizza questa tecnologia: il 55%. Un dato che condanna l'Italia
all'ultima posizione tra i Paesi dell'unione europea per tasso di diffusione di
connessione veloce".
Francamente i dati di Asstel più che
lasciar perplessi lasciano di stucco, oltre a generare il sospetto che la mano
di qualche buontempone abbia spostato qualche cifra e qualche virgola
nell'elaborare i dati, visto che in parecchie aree del paese l'ADSL è
completamente sconosciuta o al massimo rappresenta l'acronimo di "attendere
disperatamente servizi di linea".
Un altra ipotesi è che l'Asstel abbia
condotto la sua rilevazione tra Piemonte, Lombardia e Veneto - l'altra Italia
della Lega - dove è probabile che i servizi che sbandiera saranno
effettivamente efficienti. Sì, perché in Calabria, Sicilia e Sardegna gli acuti
statistici di Asstel non ci saranno mai venuti e non sanno che ad Oppido
Mamertino o Avola o Buddusò la banda larga c'è solo durante la festa del
patrono e si riesce a mettere insieme due clarinetti, un trombone, una
grancassa e due piatti.
E' vero, rotto il monopolio della
Telecom, sono sorte come i funghi aziende più o meno serie che ti vendono i
fatidici "fino a 7MB" come si trattasse di merce da spaccio:
l'esperienza dimostra che dopo aver comprato questi miracolosi servizi di
connessione, molto spesso a prezzi d'abbonamento da strozzini, se vai a 2 o 3MB
è una fortuna e comunque ti sembra paradiso se confronti il dato con lo
squallore terzomondista offerto dalla grande Telecom, dove scambiano con
protervia esemplare poche centinaia di KB con i MB promessi alla stesura del
contratto.
Chi scrive ha più volte denunciato
questa miserabile farsa, con tanto di ricorsi a Garanti, giudici di pace,
camere di commercio e tutta l'ignava selva di burocrati che affollano i
meccanismi procedurali per ottenere servizi di connessione degni di quel nome.
I risultati sono stati del tutto vani, dato che sistematicamente salta fuori il
nome della Telecom, proprietaria delle centrali e della rete colabrodo che trasmette
il segnale e lo porta sino a casa, la quale, caduto il monopolio, non può più perseguirsi
per interruzione di pubblico servizio e i suoi concorrenti tutto vogliono fare
che accollarsi l'ammodernamento di tratti di rete vetuste per poi magari
perdere il cliente per il quale hanno sostenuto quei costi, che bellamente
migra verso altro fornitore.
E' il cane che si morde la coda. Un
cane a cui il vizio di trattare il cliente, l'utente del servizio, come un
pitocco qualsiasi non c'è verso di correggere. Senza parlare delle
amministrazioni locali, che per legge dovrebbero presidiare che i concessionari
di servizi pubblici mantengano gli impianti in efficienza. Sindaci e
amministrazioni comunali sono completamente insensibili al problema, eccetto in
periodo pre-elettorale, quando promettono di metterti un ripetitore sotto casa
o di farti allestire una centrale nuova di zecca nel quartiere, dimenticandosene
immancabilmente alla fine della kermesse elettorale.
Ciò che stupisce in questa relazione
di Asstel, che, comunque la si guardi, puzza di bufala già dalla lettura delle
prime righe, è che quotidiani seri ed attenti alla verifica di ciò che scrivono,
come la Repubblica, si prestino a
fare da megafono a corbellerie così marchiane ed evidenti.
Certo è che il progresso effettivo
del paese passa effettivamente attraverso la dotazione alla gente si servizi di
connessione veloci e l'azzeramento del digital divide che è ancora
massicciamente presente specialmente nel Mezzogiorno d'Italia: non sono certo
né i proclami né quattro dati buttati a casaccio per autoincensarsi che modificano
una realtà di ben altra colorazione rispetto a quella raccontata nelle favole
di Asstel.
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