Gli sfigati senza un pc
Ormai è una gara: con la scusa
dei risparmi dialogare con la pubblica amministrazione è impossibile - Folle
pensare che il ritardo tecnologico si possa superare con i diktat - La tendenza
a condannare all'emarginazione chi non possiede un computer - Gli anziani i più
colpiti dalla nuova tendenza
Venerdì, 5 luglio 2013
Che la nostra sia una Repubblica
bizzarra è cosa nota, così come è risaputo che per diventar ministro o capo
dell'esecutivo non occorre una grande competenza dei problemi che si dovranno
gestire, ma la capacità di trovare gli sponsor giusti nel partito di
provenienza. Il risultato di queste operazioni di sponsorship, - che tra il vulgo troverebbe la più
prosaica dizione di raccomandazione, - fa si che un geometra trovi collocazione
nella sanità e un ingegnere venga
insediato alle politiche sociali o che un ex magistrato occupi il lavoro e la
previdenza sociale.
Per carità, nessun pregiudizio
verso alcuna professione, né tantomeno si è così sprovveduti da pensare che un
ministro o il capo dell'esecutivo dovrebbe essere scelto tra gente che non sia
organica alla maggioranze politiche che si formano in parlamento. Ciò però non
toglie nulla al fatto che la competenza dovrebbe rappresentare un requisito
imprescindibile, al fine di garantire una buona amministrazione della cosa
pubblica e, soprattutto, di evitare provvedimenti cervellotici dalle
conseguenze molto spesso allucinanti, dovuti fondamentalmente alla completa
ignoranza di ciò cui ci si occupa.
Di esempi di sciocchezze
partorite dalla mente di qualche ministro saccente non ne mancano, in tutte le
epoche, ma negli anni recenti l'abitudine di decidere a caso, di proferire
proclami salvifici, di creare mille problemi con la presunzione d'averne
risolto uno è divenuta una pericolosa consuetudine, con un aggravio di disagi
alla vita quotidiana del cittadino decisamente notevole, di cui gli autori,
persino quando vengono informati, fingono di non accorgersi e continuano protervamente sulla
loro strada.
Qui non ci riferiamo alle
macroscopiche follie di chi in una notte cambia i meccanismi pensionistici,
sottovalutando le micidiali conseguenze sull'occupazione da un allungamento
dell'età lavorativa, su cui sono già stati scritti fiumi di parole, ma a
provvedimenti apparentemente più banali, che persino nella loro banalità hanno il potere
di sconvolgere la vita d'ogni giorno. E di questo carosello d'ordinaria
stupidità, ecco una storia esemplare.
Novant'anni, pensionato e invalido
civile con tanto di assegno d'accompagnamento, senza computer, di cui sconosce
l'utilizzo e, dunque, senza posta elettronica, senza cellulare. L'Inps, l'istituto
nazionale che si occupa di previdenza e che negli anni ha fagocitato la maggior
parte degli enti previdenziali di categoria, preso da sacro furore tecnologico
s'inventa che a partire da un certo giorno i rapporti con il cittadino potranno
avvenire solo per via telematica. Non più uno straccio di cedolino pensione, né
un CUD, né una domanda qualsiasi da presentare allo
sportello. Tutto deve avvenire via computer.
Naturalmente parecchi ultrasessantenni
di questo bizzarro paese del computer conoscono l'esistenza, ma la maggior
parte di loro non ha la più pallida idea di come funzioni. Altrettanto logica è
la conseguenza che chi non possiede un computer
non avrà di certo una casella di posta elettronica e, men che meno, una
casella di posta certificata - ultima
straordinaria invenzione dell'ennesimo ministro mente fina.
Resta il fatto che per dialogare
con l'Inps, e non perché se ne abbia voglia ma, per esempio, per il disbrigo d'incombenze come la
dichiarazione annuale dei redditi, occorre munirsi di un macchinoso codice
d'accesso, il famigerato PIN, che ti viene comunicato per metà per lettera e
per metà via mail o SMS e che ti tocca ricomporre al primo accesso al sito. Ma
chi pensa che sia finita, si sbaglia. Infatti, il PIN in questione (astrusa
combinazione alfanumerica di ben sedici cifre) cambia automaticamente ogni tre
mesi e per ottenere il nuovo occorre inserire il vecchio. E guai a smarrirlo,
perché in quel caso son dolori. Occorre collegarsi al sito, annullare quello
smarrito e richiederne uno nuovo, ma questa volta l'orgia tecnologica si
scatena in tutta la sua grandezza. Sì, perché questa volta per ottenere un
nuovo PIN occorrerà indicare codice fiscale, indirizzo mail, indirizzo di posta
certificata e numero di cellulare. In assenza di questi dati, sei spacciato!
Tornando al nostro novantenne
pensionato e invalido, privo di computer e di cellulare, c'è da chiedersi quale
mente perversa possa aver mai potuto concepire una procedura così pazzesca,
degna di un Hannibal Lecter al massimo del suo folle splendore. E' evidente che
in casi come questi, non infrequenti in quest'Italia dell'arretratezza
tecnologica, il nostro soggetto non saprà a che santo votarsi e, molto
probabilmente, da quel momento diventerà anche un renitente fiscale, non potendo
produrre neppure la certificazione dei redditi percepiti.
La vicenda, che peraltro fa il
paio con l'assurda e analoga procedura inventata dalla nostra burocrazia a
partire da quest'anno per iscrivere i figli a scuola, - che abbiamo già
denunciato sulle pagine di questo blog, - denota da un lato il disperato
tentativo della nostra politica di bruciare le tappe del ritardo tecnologico
che ci affligge, dall'altro l'arrogante supponenza che basti emanare editti
insensati per recuperare il gap. Il disagio per il cittadino provocato da
questi imbecilli colpi di mano è cosa che non interessa i nostri burocrati, che
dimostrano con tali iniziative di meritare, più che un posto di potere e di
prestigio in un ministero qualsiasi, un mandato a tempo pieno quale cavia per
lo studio delle devianze psicoanalitiche.
Tra l'altro, non ci stancheremo
mai di denunciare la vergognosa situazione nazionale della diffusione della
banda larga, che rende sovente i computer avveniristici oggetti d'arredamento a
causa dell'assenza di connessione internet.
Certo, qualcuno a proposito della
banda larga potrà obiettare che la sua diffusione richiede grande investimenti
e di questi tempi trovare i soldi è cosa assai difficile. Detto che la
questione non è certo nata ieri e che i mali del cosiddetto digital divide
risalgono al lontano 1999, quando il signor Massimo D'Alema con grande alzata
d'ingegno regalò la Telecom a Colaninno e le attività assicurative da questa
controllate ai sindacati, giusto per fare pari e patta, non è tollerabile che
in quindici anni si sia fatto poco o niente se non per alcune grandi città,
dove il traffico telematico è massiccio ed i provider telefonici si spartiscono
torte succulente. C'è ancora una vastissima parte del paese che non ha internet
o che, per parlare al cellulare, deve uscire da casa e scendere in per piazza per via delle cattiva connessione.
Allora, se la situazione è questa
ed è nota a tutti, il pluridecorato Antonio Mastrapasqua, presidente Inps e con
incarichi in tante altre istituzioni, non prenda per i fondelli gli Italiani
con le sue trovate geniali o, quantomeno, abbia un minimo di rispetto per i
tanti anziani messi in croce da metodi palesemente idioti e che suonano un insulto all'intelligenza.
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