venerdì, luglio 05, 2013

Gli sfigati senza un pc



Ormai è una gara: con la scusa dei risparmi dialogare con la pubblica amministrazione è impossibile - Folle pensare che il ritardo tecnologico si possa superare con i diktat - La tendenza a condannare all'emarginazione chi non possiede un computer - Gli anziani i più colpiti dalla nuova tendenza


Venerdì, 5 luglio 2013
Che la nostra sia una Repubblica bizzarra è cosa nota, così come è risaputo che per diventar ministro o capo dell'esecutivo non occorre una grande competenza dei problemi che si dovranno gestire, ma la capacità di trovare gli sponsor giusti nel partito di provenienza. Il risultato di queste operazioni di sponsorship,  - che tra il vulgo troverebbe la più prosaica dizione di raccomandazione, - fa si che un geometra trovi collocazione nella sanità e  un ingegnere venga insediato alle politiche sociali o che un ex magistrato occupi il lavoro e la previdenza sociale.
Per carità, nessun pregiudizio verso alcuna professione, né tantomeno si è così sprovveduti da pensare che un ministro o il capo dell'esecutivo dovrebbe essere scelto tra gente che non sia organica alla maggioranze politiche che si formano in parlamento. Ciò però non toglie nulla al fatto che la competenza dovrebbe rappresentare un requisito imprescindibile, al fine di garantire una buona amministrazione della cosa pubblica e, soprattutto, di evitare provvedimenti cervellotici dalle conseguenze molto spesso allucinanti, dovuti fondamentalmente alla completa ignoranza di ciò cui ci si occupa.
Di esempi di sciocchezze partorite dalla mente di qualche ministro saccente non ne mancano, in tutte le epoche, ma negli anni recenti l'abitudine di decidere a caso, di proferire proclami salvifici, di creare mille problemi con la presunzione d'averne risolto uno è divenuta una pericolosa consuetudine, con un aggravio di disagi alla vita quotidiana del cittadino decisamente notevole, di cui gli autori, persino quando vengono informati, fingono di non accorgersi e continuano protervamente sulla loro strada.
Qui non ci riferiamo alle macroscopiche follie di chi in una notte cambia i meccanismi pensionistici, sottovalutando le micidiali conseguenze sull'occupazione da un allungamento dell'età lavorativa, su cui sono già stati scritti fiumi di parole, ma a provvedimenti apparentemente più banali, che persino nella loro banalità hanno il potere di sconvolgere la vita d'ogni giorno. E di questo carosello d'ordinaria stupidità, ecco una storia esemplare.
Novant'anni, pensionato e invalido civile con tanto di assegno d'accompagnamento, senza computer, di cui sconosce l'utilizzo e, dunque, senza posta elettronica, senza cellulare. L'Inps, l'istituto nazionale che si occupa di previdenza e che negli anni ha fagocitato la maggior parte degli enti previdenziali di categoria, preso da sacro furore tecnologico s'inventa che a partire da un certo giorno i rapporti con il cittadino potranno avvenire solo per via telematica. Non più uno straccio di cedolino pensione, né un CUD, né una domanda qualsiasi da presentare allo sportello. Tutto deve avvenire via computer.
Naturalmente parecchi ultrasessantenni di questo bizzarro paese del computer conoscono l'esistenza, ma la maggior parte di loro non ha la più pallida idea di come funzioni. Altrettanto logica è la conseguenza che chi non possiede un computer  non avrà di certo una casella di posta elettronica e, men che meno, una casella di posta certificata  - ultima straordinaria invenzione dell'ennesimo ministro mente fina.
Resta il fatto che per dialogare con l'Inps, e non perché se ne abbia voglia ma, per esempio,  per il disbrigo d'incombenze come la dichiarazione annuale dei redditi, occorre munirsi di un macchinoso codice d'accesso, il famigerato PIN, che ti viene comunicato per metà per lettera e per metà via mail o SMS e che ti tocca ricomporre al primo accesso al sito. Ma chi pensa che sia finita, si sbaglia. Infatti, il PIN in questione (astrusa combinazione alfanumerica di ben sedici cifre) cambia automaticamente ogni tre mesi e per ottenere il nuovo occorre inserire il vecchio. E guai a smarrirlo, perché in quel caso son dolori. Occorre collegarsi al sito, annullare quello smarrito e richiederne uno nuovo, ma questa volta l'orgia tecnologica si scatena in tutta la sua grandezza. Sì, perché questa volta per ottenere un nuovo PIN occorrerà indicare codice fiscale, indirizzo mail, indirizzo di posta certificata e numero di cellulare. In assenza di questi dati, sei spacciato!
Tornando al nostro novantenne pensionato e invalido, privo di computer e di cellulare, c'è da chiedersi quale mente perversa possa aver mai potuto concepire una procedura così pazzesca, degna di un Hannibal Lecter al massimo del suo folle splendore. E' evidente che in casi come questi, non infrequenti in quest'Italia dell'arretratezza tecnologica, il nostro soggetto non saprà a che santo votarsi e, molto probabilmente, da quel momento diventerà anche un renitente fiscale, non potendo produrre neppure la certificazione dei redditi percepiti.
La vicenda, che peraltro fa il paio con l'assurda e analoga procedura inventata dalla nostra burocrazia a partire da quest'anno per iscrivere i figli a scuola, - che abbiamo già denunciato sulle pagine di questo blog, - denota da un lato il disperato tentativo della nostra politica di bruciare le tappe del ritardo tecnologico che ci affligge, dall'altro l'arrogante supponenza che basti emanare editti insensati per recuperare il gap. Il disagio per il cittadino provocato da questi imbecilli colpi di mano è cosa che non interessa i nostri burocrati, che dimostrano con tali iniziative di meritare, più che un posto di potere e di prestigio in un ministero qualsiasi, un mandato a tempo pieno quale cavia per lo studio delle devianze psicoanalitiche.
Tra l'altro, non ci stancheremo mai di denunciare la vergognosa situazione nazionale della diffusione della banda larga, che rende sovente i computer avveniristici oggetti d'arredamento a causa dell'assenza di connessione internet.
Certo, qualcuno a proposito della banda larga potrà obiettare che la sua diffusione richiede grande investimenti e di questi tempi trovare i soldi è cosa assai difficile. Detto che la questione non è certo nata ieri e che i mali del cosiddetto digital divide risalgono al lontano 1999, quando il signor Massimo D'Alema con grande alzata d'ingegno regalò la Telecom a Colaninno e le attività assicurative da questa controllate ai sindacati, giusto per fare pari e patta, non è tollerabile che in quindici anni si sia fatto poco o niente se non per alcune grandi città, dove il traffico telematico è massiccio ed i provider telefonici si spartiscono torte succulente. C'è ancora una vastissima parte del paese che non ha internet o che, per parlare al cellulare, deve uscire da casa e scendere in  per piazza per via delle cattiva connessione.
Allora, se la situazione è questa ed è nota a tutti, il pluridecorato Antonio Mastrapasqua, presidente Inps e con incarichi in tante altre istituzioni, non prenda per i fondelli gli Italiani con le sue trovate geniali o, quantomeno, abbia un minimo di rispetto per i tanti anziani messi in croce da metodi palesemente idioti e che suonano un insulto all'intelligenza. 







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