La pensione è un privilegio?
Lunedì, 18 maggio 2015
Dal sito di Franco Abruzzo (www.francoabruzzo.it), già presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia dal 1989 al 2007, pubblichiamo un recente contributo di Guglielmo Gandino, per lunghi anni manager apicale del gruppo Fiat, al dibattito in corso sull’applicazione della sentenza della Corte Costituzionale in materia di sblocco della perequazione automatica sulle pensioni.
Dal sito di Franco Abruzzo (www.francoabruzzo.it), già presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia dal 1989 al 2007, pubblichiamo un recente contributo di Guglielmo Gandino, per lunghi anni manager apicale del gruppo Fiat, al dibattito in corso sull’applicazione della sentenza della Corte Costituzionale in materia di sblocco della perequazione automatica sulle pensioni.
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I pensionati italiani, per intenderci tutti quei
nababbi da 1.000/1.500 euro netti al mese, e tutti quegli altri che hanno
versato contributi veri - quelli sì da nababbi - per 40 anni e più, sono
nauseati, incredibilmente nauseati dagli interventi più o meno inappropriati di
parlamentari, rappresentanti del governo e funzionari fino ad arrivare alla
presidenza dell’Inps di questi ultimi giorni. Bene fa a dire il Presidente del Consiglio che
parlano a titolo personale dichiarando cose che non sono ancora decise dal
governo, cionondimeno spiace che si consenta a personaggi di rilievo di
esprimere opinioni che dimostrano - in maniera inequivocabile - che non ci si
rende conto della realtà e che la certezza del diritto è ormai latitante.
In passato, soprattutto da parte della sinistra,
ho sentito ripetere fino alla noia: “Le sentenze non si discutono, si eseguono senza se e senza
ma”. Bene, questa regola giustissima non
vale solo quando si tratta di mandare in galera Silvio Berlusconi, vale anche
quando si parla di pensioni. Se è così, per quanto possa dispiacere a qualcuno,
la sentenza n. 70/2015 va rispettata. Il che significa, in parole povere, che
se la norma del blocco della perequazione oltre tre volte il minimo negli anni
2012 e 2013 è “costituzionalmente illegittima”, automaticamente - essendo
decaduta - entra in vigore la norma previgente. Punto. Tutto il resto è “fuffa”.
Il Governo può sì legiferare, ma solo e soltanto
per modificare eventualmente le regole di qui in avanti, non certo per
“manipolare” a vantaggio di qualcuno, e a svantaggio di altri, le decisioni
della Consulta.
Purtroppo però l’occasione della sentenza ha anche
risvegliato gli animi dei difensori dell’”equità fra generazioni”, per cui
sembra che soltanto i pensionati debbano pagare il fio.
Intanto diciamo che l’INPS, Istituto Nazionale per
la Previdenza Sociale (dove non si menziona il termine “assistenza”) sarebbe
percepito in maniera ben diversa se si cominciasse ad applicare la legge n.
88/1989 che già prevedeva che si separasse la gestione “previdenziale” da
quella “assistenziale”, cosa mai fatta in questi 26 anni, nonostante che sia
OCSE che Eurostat prescrivano di imputare l’assistenza alla fiscalità generale,
come avviene in tutti i Paesi dell’Unione Europea.
Se ciò venisse fatto come prescrive la legge, si
scoprirebbe che la gestione pensionistica “pura” (contributi previdenziali
versati all’INPS meno spesa pensionistica effettiva netta) non è poi così
rovinosa come viene descritta, a parte le note gestioni deficitarie tipo
INPDAP, coltivatori diretti, ex-ferrovieri e poco altro per un deficit di circa
20 miliardi. Mentre una cifra enorme di circa 100 €/miliardi è fagocitata da
prestazioni assistenziali imputabili sia alla Gestione Prestazioni Temporanee
che alla Gestione degli Interventi Assistenziali.
Sorge allora spontanea la domanda, anche questa
udita alla nausea in questi giorni: “È giusto che anche i pensionati facciano
la loro parte?”. Certo che sì, ed è proprio quello che stanno facendo da
decenni, visto che: contribuiscono
per oltre un terzo del gettito Irpef; pagano contributi
di solidarietà che nessun altro contribuente paga; pagano altri
contributi di solidarietà a favore degli ex-fondi speciali confluiti nell’INPS; godono di
aliquote fiscali che sono più del doppio della media europea; nemmeno le coppie
mono-reddito over-70 godono del privilegio del “quoziente famigliare”; hanno regole di
reversibilità fra le più penalizzanti d’Europa; hanno perso negli
ultimi 15 anni (fra mancate perequazioni ed esplosione della tassazione locale)
fra il 22% e il 25% del loro potere d’acquisto, e perderanno molto di più nei
prossimi 15 anni se l’inflazione dovesse tornare al 2-3% e i pensionati
recuperassero meno della metà di quel tasso di inflazione.
Eppure, nonostante quanto precede, si ha l’ardire
di ritornare sul “ricalcolo contributivo” delle pensioni già liquidate con il
sistema retributivo, confondendo ad arte pensioni del settore pubblico con
quelle del settore privato, e dimenticando che siffatta operazione colpirebbe
soprattutto la fascia intermedia fra 2.000 e 3.500 euro lordi al mese, visto
che le pensioni medio-alte e alte “regolari” (per intenderci non quelle
“gonfiate” o “regalate”), sono ben lungi dall’80% dell’ultima retribuzione,
assestandosi su tassi di sostituzione fra pensione e retribuzione dell’ordine
del 60%.
Inoltre, calpestando con questo famigerato
“ricalcolo” i diritti acquisiti, e asserendo che la pensione deve essere in
qualche modo riproporzionata ai contributi effettivamente versati, ci si rende
conto che, a questo punto, se non altro per decenza, tornerebbero in ballo
anche: a) milioni di baby-pensionati; b) tutte le pensioni regalate a politici
e sindacalisti a valere sulla legge Mosca del 1974 e sul decreto Treu del 1996;
c) le doppie pensioni a parlamentari e consiglieri pagate per intero dagli enti
previdenziali fino al 2000 ed ora per tre quarti, che vanno ad aggiungersi ai
“vitalizi”, e che la gente
non si accontenterebbe più di sentirsi dire che questi “vitalizi”, in nome
della “autodichia”, non sono pensioni di fatto.
Ci si rende conto che la gente vorrebbe vedere non
impegni ma FATTI in merito all’evasione fiscale e contributiva che invece non
scende; all’eliminazione degli enti inutili che invece durano imperterriti da
anni; all’eliminazione degli sprechi e delle consulenze superflue; alle
dismissioni dell’attivo fisso statale che non decollano; ai costi standard di
cui si parla da anni ma che non vengono mai implementati?
E ci si rende conto che anche governativi,
parlamentari, governatori, sindaci di grandi città, consiglieri regionali e
comunali, manager di stato (in primis il Presidente INPS) dovrebbero dare il buon
esempio dimostrando che si può vivere da “nababbi” con 1.000/1.500 euro netti
al mese, senza altro contributo di nessun tipo? Quindi senza auto di servizio, senza
biglietti gratuiti, senza spese di rappresentanza, ecc.?
E ci si rende conto che bisognerebbe spiegare al
popolo italiano per quale motivo non si trovano 11 miliardi per i pensionati
mentre il Tesoro ha trovato molti più miliardi per coprirsi sul rialzo dei
tassi sul debito pubblico con i contratti derivati? Peccato che poi i tassi
siano scesi e che adesso il costo dei contratti, consuntivando una perdita di
17 miliardi e con una perdita potenziale attualizzata di 42 miliardi, superi di
gran lunga il vantaggio finanziario derivante dalla discesa dei tassi.
Concludo con un noto proverbio: “Il troppo
stroppia”! Forse un po’ più di onestà intellettuale e di riflessione potrebbero
evitare errori che poi si rivelerebbero irreversibili con conseguenze non
immaginabili! Ci sono milioni di italiani coinvolti in questa brutta storia
delle pensioni! Ci vuole prudenza quando si decide il futuro di milioni di
famiglie!
Nella foto, Guglielmo Gandino
Nella foto, Guglielmo Gandino
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