Immigrati: i figli del male in fuga dall’inferno
La questione migratoria è ormai un’emergenza imprescindibile
dei nostri tempi – Anziché pensare a soluzioni che mitighino nel tempo il
fenomeno, l’Europa litiga per la spartizione dei disagi – Gli alfieri della
democrazia e della solidarietà alzano muri e bloccano le frontiere.
Martedì, 1 settembre
2015
I movimenti migratori dalle aree geografiche esposte a
drammi come guerre, terrorismo, povertà endemica e sottosviluppo sono divenuti uno
dei problemi centrali del nostro secolo. L’effetto di questo fenomeno, sempre
più massiccio e inarrestabile e per lungo tempo veicolato nei paesi mediterranei,
dirimpettai delle aree di concentrazione e successivo imbarco delle orde dei
disperati, ha ormai assunto dimensioni gigantesche e in qualche caso di vera e
propria diaspora, che coinvolge l’intero continente europeo.
Tuttavia, lungi dall’aver trovato un’univoca soluzione
gestionale, il fenomeno sta mettendo a nudo non solo antichi egoismi e profonde
divergenze tra i paesi membri di quell’Unione ancora incompiuta, ma sta
consolidando la sensazione che difficilmente un’Europa unica potrà mai
realizzarsi. Anzi, dopo le irrisolte questioni greche, le problematiche dell’immigrazione
di massa e l’elaborazione di una comune politica d’accoglienza adeguata a
fronteggiare i flussi, stanno accelerando i processi di disgregazione sotto la
spinta di interessi conflittuali sempre più marcati.
Così si assiste all’escalation dell’isolazionismo
britannico, che ha già preannunciato un referendum per uscire dall’Europa e, nell’attesa,
blocca le frontiere all’immigrazione anche dagli altri paesi dell’Unione; alle
sconsiderate iniziative dell’Ungheria, il cui premier Orban, di chiara tendenza
fascistoide, ordina l’elevazione di un muro di recinzione lungo i confini
magiari per impedire l’ingresso di migranti nel proprio territorio; alla
Germania che apre le porte ai profughi siriani, ma continua a negare ospitalità
ai migranti provenienti da altre aree geografiche; alla Francia, emblema ancora
oggi di un colonialismo diffuso nel mondo, che blocca le frontiere con l’Italia
persino ai migranti di passaggio sul suo territorio.
Ma al di là delle questioni d’accoglienza, il problema vero
rimane la ricerca di una soluzione che riduca se non addirittura blocchi all’origine
il fenomeno in questione, nonché la natura degli interventi da effettuare nei
paesi d’origine dei flussi migratori con lo scopo di prevenire quella che ormai
ha assunto la dimensione di un invasione senza sosta di un continente ancora
profondamente in balia di una crisi economica e sociale lungi dall’essere
risolta e che deve far fronte anche al fenomeno in questione.
Non va infine sottovalutato che il fenomeno migratorio di
massa è in qualche misura strettamente connesso con le problematiche di un
terrorismo internazionale sempre più infiltrato nel mondo occidentale. Anzi,
non è affatto avventuroso considerare il fenomeno terroristico quale elemento
indirizzato esclusivamente a sovvertire l’assetto economico, sociale e politico
dell’intero mondo sviluppato, al quale un mai sopito grezzo e sanguinario
rigurgito d’islamismo criminale ha mai smesso di guardare come al satana che
infetta la feudale visione del mondo, sostenuta dall’oligarchia religiosa che
controlla le società arabe.
Dunque, i movimenti migratori si presentano come cause
immediate di due fenomeni ai quali il mondo sviluppato è stato sino ad oggi
incapace di fornire adeguate risposte: da un lato il secolare sfruttamento di
interi continenti delle loro risorse naturali non controbilanciato da politiche
di sviluppo locale e di riallocazione delle ricchezze; dall’altro, un
altrettanto secolare politica di sostegno di leader criminali, oppressori di
ogni diritto e libertà, disposti a schiacciare nel sangue ogni opposizione pur
di conservare il potere, con licenza ai propri protettori internazionali di
spadroneggiare sulle proprie terre.
Questo quadro, fortemente condizionato dall’atteggiamento
delle grandi potenze mondiali, che si sono divise il mondo in aree di influenza
e di controllo, ha determinato una sorta di stagnazione perpetua, nella quale
sopravvivono milioni di esseri umani che oggi, grazie alla sempre più massiccia
diffusione dei sistemi mediatici d’informazione, acquisiscono coscienza delle
loro condizioni di miseria e inutilità d’esistenza e cercano fortuna in quegli
eldorado virtuali visti in tv, affrontando viaggi avventurosi, pericoli
indicibili, umiliazioni di ogni genere pur di sfuggire all’orrore delle guerre,
agli stupri, ai massacri, alla fame.
Dunque, è il pervicace rifiuto di intervenire per invertire la rotta della
politica internazionale che soggiace alla fuga da queste terre di tragedie,
fuga che scatena reazioni spesso ai limiti della civiltà nei paesi in cui tale esodo
trova fine.
Marcello Muratori, specialista di diritti umani e relazioni
internazionali, dalle pagine de il Fatto
Quotidiano avanza l’ipotesi che il processo in atto non sia che il frutto
fallimentare delle politiche di aiuto internazionale messe in atto da ONU, UE,
Banca Mondiale, ONG e missioni religiose, di un fiume di denaro che più che
generare sviluppo è finito nei palazzi presidenziali, nei carri armati, negli
aerei da combattimento, nelle dighe gigantesche che non funzionano, nei beni di
lusso dei dirigenti corrotti, nel finanziamento delle guerre tribali e nei
genocidi perpetrati a danno delle etnie più deboli. Insomma, come è avvenuto
per il mitico racconto di Orwell 1984,
una attuazione della profezia del visionario David Wheatley
nel suo semisconosciuto film The march,
che racconta la storia di una immane esodo verso l’Europa di milioni di
africani, condotti da un leader chiamato Isa El Mahdi. Per bloccare l’esodo, il rappresentante
dell’Europa propone agli africani nuovi ingenti aiuti economici per i loro Paesi. Ma essi non si
fidano e rispondono di avere il diritto di stabilirsi in Europa, perché,
dicono, “siamo poveri per la stessa ragione per cui voi
siete ricchi”: il saccheggio dell’Africa durante i lunghi secoli della
tratta e del colonialismo.
Alle offerte dell’Europa El Mahdi risponde: “Ci chiedete perché stiamo venendo. Veniamo per
farvi una domanda: perché voi avete così tanto e noi così poco? È forse perché siete persone migliori di noi?
Avete forse fatto cose speciali, che vi rendono più meritevoli di noi? Se è
così, diteci quali sono e le faremo. Ma forse non avete una risposta. Forse ci
direte: Dio ha fatto il mondo così, non possiamo aiutarvi, andate a casa e
soffrite in silenzio. Andate a casa e morite. Allora vi diremo: noi non abbiamo
casa. Soffriremo qui di fronte a voi, moriremo per le strade d’Europa. Non
abbiamo che il potere di scegliere dove morire. E tutto quello che vi chiediamo
è di guardarci morire”.
Oggi, come è palese, quell’esodo è in pieno svolgimento e
non è limitato ai soli Paesi africani, ma coinvolge l’intero bacino del
Mediterraneo e le aree geografiche più
povere della fascia planetaria che si estende dall’India al Medioriente, dove
le folli guerre mascherate con moventi religiosi hanno innescato tragici
fenomeni terroristici che minacciano costantemente il mondo occidentale.
Quali le soluzioni c’è da chiedersi a questo punto.
La risposta non è agevole, non fosse perché non esistono
soluzione di breve termine e, allo stesso tempo, le diverse soluzioni possibili
spesso cozzano contro gli interessi confliggenti delle potenze mondiali che
governano il mondo.
L’ipotesi più percorribile, in ogni caso, è quella di un
piano straordinario di investimenti pluriennali teso ad allocare nelle aree
maggiormente critiche attività produttive in grado di generare sviluppo ed una
rete di iniziative indotte, affiancando programmi di scolarizzazione di massa e
progetti di modernizzazione delle micro imprese locali, così da creare le
premesse per la creazione di un volano di ricchezza in grado di frenare i
movimenti migratori. Nessuno pensi che una sorta di Piano Marshall così
promosso costituisca l’ennesimo buco nell’acqua, né che le risorse mondiali non
siano in grado di finanziare un progetto di così ampio respiro: le spese per
armamenti nel solo 2004 hanno raggiunto la stratosferica somma di 1.000 miliardi
di dollari, secondo le stime denunciate da Al Gore, mentre per un piano come
quello descritto sarebbe sufficiente un finanziamento mondiale di 70 miliardi
di dollari.
Certo è che sino a quando si continuerà a discutere del
problema senza varare concrete misure d’intervento non si potrà che assistere
ad un esodo inarrestabile di disperati ed ad un’escalation del conflitto socio-razziale,
che per il momento serve ad arricchire solo i trafficanti di carne umana e a
dar voce a chi, spesso a torto e solo talvolta a ragione, descrive queste masse
di senza patria come i figli del male in fuga dall’inferno, mossi non dalla speranza
di una vita meno disgraziata ma dalla missione di distruggere la nostra civiltà.
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