Popolo bruto e governanti gaglioffi
Il consiglio comunale di Licata fa fuori il sindaco che
demolisce le abitazioni abusive – La politica, in vista delle elezioni
regionali, prende le distanze e l’abbandona al suo destino – Anche i 5 Stelle, omologati
ai metodi di acquisizione del consenso, si associano alle proteste dei
proprietari di case abusive – Il popolo plaude ai neo-paladini che difendono gli
illeciti commessi nel tempo – Immagine di una Sicilia ai margini della legalità
e senza speranza
L'ex sindaco Angelo Cambiano in riunione di Consiglio Comunale
Domenica, 13 agosto 2017
Chi non avesse visto il film L’ora legale con Ficarra e Picone ha da
qualche giorno l’opzione di regalarsi una gita a Licata, in provincia di
Agrigento, dove è possibile assistere dal vivo alla storia raccontata dal noto
duo comico. Tuttavia nell'edizione licatese l'aspetto comico è stato sostituito da
quello noir, in seguito alle vicende che hanno travolto il giovane sindaco
cittadino Angelo Cambiano, maniaco dell’ordine e della legalità e per questo
cacciato dal suo consiglio comunale e dato in pasto alla gogna mediatica.
Licata, cittadina dell’agrigentino
con poco meno di quarantamila abitanti, potrebbe definirsi borgo senza pace,
perseguitata com’è stata da problemi gravissimi di insufficienza di risorse idriche, -
peraltro ancora oggi non del tutto risolte, - dalla debolezza dell’economia locale, dal
degrado della rete infrastrutturale e da un abusivismo edilizio diffuso. Si
dirà che questo quadro di sostanziale abbandono in cui si trascina la città non
è diverso da quanto accade a migliaia di comuni del Mezzogiorno e particolarmente
in Sicilia, dove la cattiva amministrazione e la connivenza tra politica e
malaffare hanno creato le condizioni per un progressivo degrado generale in cui
alla fine prosperano dispensatori di favori attorniati da vaste clientele e la
malavita affarista e arraffona. Il tutto nel totale disinteresse delle
istituzioni, che per giustificare la loro distrazione dovrebbero presupporsi prese ad ben più rilevanti questioni di
amministrazione della vita pubblica e quindi impossibilitate a dedicare tempo e
attenzioni alle tante emergenze sul territorio.
In realtà così non è, poiché quelle
istituzioni non solo fanno poco o nulla lì dove hanno la loro sede, ma o
fingono di sconoscere i problemi e simulano grottesco stupore ogni qual volta
quei problemi divengono emergenze in odore d’illecito ed oggetto di attenzione
di qualche operatore dell’informazione che incautamente vi dà risalto, o di
fatto delegano alla magistratura, già oberata di lavoro, di trovarvi la
soluzione. In verità questo è solo un modo per non esporsi e assumere
responsabilità dirette. In questi contesti il fingere d’ignorare insieme con
una buona dose d’omertà sono tecniche più che collaudate per tirare a campare, e
l’oblio è una sorta di medicina portentosa ottima per risolvere ogni problema. Ma ogni tanto un imponderabile
imprevisto scombina le cose e allora il fango affiora e porvi riparo non è cosa
agevole.
E’ così che Licata è tornata alla ribalta delle cronache nazionali,
grazie alle vergognose vicende che hanno coinvolto il suo sindaco, Angelo
Cambiano, defenestrato dal suo consiglio comunale per aver osato adempiere ad
una disposizione della magistratura in materia di abusivismo edilizio selvaggio
e diffuso che da sempre affligge il territorio licatese. Per quanto il fatto
sia di inaudita gravità viste le ragioni del defenestramento, nulla sarebbe
accaduto se non fossero state imminenti le elezioni regionali, poiché di vicende
di scontri politici tra difensori di interessi illeciti e sedicenti legalisti
la storia della Sicilia è zeppa. Dunque, quella della guerra a Cambiano sarebbe passata per un’ordinaria questione
insorta nella vasta e insignificante provincia ai confini del Paese. In questo
caso l’atteggiamento delle fazioni politiche, particolarmente di parecchie di
quelle che predicano il cambiamento e il ritorno al rispetto delle regole della
civile convivenza ha fatto sì che il caso abbia coinvolto la politica
nazionale, costringendo qualcuno a gettare la maschera e qualcun altro nell’imbarazzante
situazione di dover spiegare le ragioni per le quali si sia dato appoggio alle
rappresentanze politiche locali che hanno promosso l’azione di sfiducia contro
Cambiano.
Ma le vicende di Licata e del suo
sindaco, - che tra l’altro è stato oggetto di minacce, di attentati e costretto a
vivere sotto scorta, - non sono quelle di cui intendiamo occuparci, in quanto già
note in ragione del risalto riservato loro dalla stampa e perché non sono che
l’ennesimo episodio di una realtà in cui la cultura dell’ordine, della legalità,
dell’efficienza e della buona amministrazione è materia di spocchiose
affermazioni per tanti ipocriti o di afflitta speranza per pochi onesti,
restando una mera opinione per la maggioranza, così abituata a trovare le vie
traverse per tutelare i propri leciti e illeciti interessi.
A nostro avviso la questione merita
attenzione per come s’è sviluppata e per le ricadute che prelude sulle prossime
elezioni regionali, nelle quali e per le quali conteranno molto più le promesse
e le lusinghe dei soliti squali che non l’integrità morale effettiva e la
serietà dei concorrenti. Basti sapere che il buon Cambiano non ha avuto né
l’appoggio del verboso Crocetta, presidente in carica della Regione che ha
brillato per inconcludenza e che protervamente si ripropone per un nuovo
mandato, né di quell’Angelino Alfano, agrigentino, attuale ministro degli
Esteri e già in carica agli Interni, che non ha battuto ciglio quando i rappresentanti del suo partito in consiglio a Licata hanno votato senza esitazione alcuna la
mozioni di sfiducia. E se questo non bastasse, cosa dire del rampante
pentastellato Giancarlo Cancelleri da Caltanissetta, candidato del M5S alla
presidenza della regione alle prossime elezioni? Preso atto degli umori
imbufaliti di quanti s’erano vista la casa abusiva demolita e delle disperate
suppliche di chi aveva la casa in attesa di subire la stessa sorte, con comprensiva
solidarietà ha dichiarato che non si può penalizzare chi ha dovuto ricorrere all’abusivismo
per mera necessità. Peccato che le costruzioni demolite e la maggior parte di quelle
da abbattere fossero quelle costruite in barba ad ogni autorizzazione di legge
nei 150 metri dal mare, dove vige il divieto assoluto d'edificazione. Parlare d’abusivismo per
necessità in questi casi non è ridicolo, è semplicemente grottesco. E’ sintomo
di disprezzo per il lavoro della magistratura che quelle ordinanze ha disposto
e per l’intelligenza di chiunque che abbia avuto la sventura di sentire le sorprendenti parole del candidato grillino.
Ne consegue che se questa è la
politica prossima ventura, quella che pur di portare un voto in più a casa
strumentalizza persino l’illegalità, quella che impone le regole e poi strizza
l’occhio a chi cerca scorciatoie e salvacondotti per eluderle, non solo non c’è
speranza ma diventa persino inutile andare a votare.
Sull’altro fronte, c’è la gente, i
cittadini comuni, coloro che il prossimo novembre andranno a votare per
rinnovare le serre palermitane di Palazzo d’Orleans e di Piazza del Parlamento,
coloro che avvezzi a secoli di vessazioni, angherie e disprezzo da parte del
potere, ma anche divenuti esperti di tecniche di sopravvivenza, sanno che
affidarsi alle nuove camarille e consorterie è il metodo per sperare d’uscire
dal ghetto d’una vita modesta se non miserabile e godere di qualche piccolo
favore e privilegio. A queste condizioni gli autori dei voti espressi per quei
politici noti per la propensione a fare carta straccia di ogni regola legale dovrebbero
essere perseguiti per evidente complicità nella sovversione delle leggi dello
Stato.
Sappiamo che queste considerazioni,
purtroppo fedele fotografia di un popolo bruto, non saranno condivise da tanti. Sono i tanti che non accettano per ipocrisia congenita che si sbatta loro in
faccia la verità sulla grave malattia di cui sono affetti. E così, per diverse
ragioni, ci attireremo le stesse antipatie del sindaco di Licata, ma confessiamo che la cosa anziché dispiacerci ci riempe d'orgoglio.
Questi
autocritici riluttanti pensano che imitare lo struzzo nel mettere la testa
sotto la sabbia sia la strada della loro redenzione. Qualcun altro preferisce
confidare nella giustizia divina e attende fiducioso che l’angelo vendicatore presto
o tardi si trovi a passare da queste parti e faccia strage dei tanti gaglioffi
che s’alternano nel circo della politica. Nel frattempo, qualunque sia la
categoria dei critici, degli scontenti e dei falsi offesi, si continuerà a percorrere
la mulattiera spacciata per autostrada che da Palermo conduce a Catania e
viceversa; s’imprecherà per le continue cadute dell’energia elettrica, a causa
della vetustà degli impianti; si malediranno le compagnie telefoniche per la
pessima qualità delle comunicazioni e per l’assenza di connessione internet; si
protesterà per la mancanza d’acqua e gas nelle abitazioni o per le allucinanti
lungaggini per ottenere una visita medica specialistica o per le pazzesche
inefficienze della pubblica amministrazione; si augureranno i peggiori
accidenti ai politici ladroni che ci subissano di tasse inique non per migliorare
i servizi, ma per foraggiare se stessi. E tutto questo teatrino si trascinerà per
altri cinque anni, fingendo di non sapere che i comportamenti degli uomini
delle istituzioni sono lo specchio dell’ignavia di quei cittadini che in quei
posti li hanno messi con il proprio voto.
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